La
revoca dell’amministratore può essere disposta
dall’assemblea condominiale oppure dal Tribunale su ricorso
anche di un solo condomino (artt.1129 e 1131 cod.civ.).
La
revoca dell’amministratore con delibera assembleare può
avvenire in qualsiasi momento, anche se manca una giusta causa.
Tuttavia,
se si adotta la delibera di revoca prima della scadenza annuale
dell’incarico perché si è scontenti del modo in
cui l’amministratore in carica svolge il suo compito, ma non
sussistono i motivi che la legge prevede come giusta causa di revoca,
occorre tenere presente che l’amministratore, il quale
amministrava dietro corrispettivo, potrebbe agire legalmente contro
il condominio per ottenere il risarcimento del danno.
Comunque
non è pacifico in giurisprudenza il riconoscimento della
risarcibilità del danno derivante all’amministratore per
anticipata revoca senza giusta causa, mentre certamente non spetta
alcun risarcimento danni se la revoca senza giusta causa è
decisa alla scadenza dell’incarico annuale.
Per
la validità della delibera di revoca è richiesta una
maggioranza che rappresenti almeno la metà del valore
dell’edificio e che sia costituita dalla maggioranza degli
intervenuti, sia in prima che in seconda convocazione (art.1136
cod.civ.). Se non si raggiunge la maggioranza richiesta né in
prima né in seconda convacazione, ciascun condomino può
ricorrere all’autorità giudiziaria perché
provveda a riguardo (art.1105 cod.civ.).
Invero
è improbabile che l’amministratore convochi un’assemblea
per deliberare sulla propria revoca, ma la legge prevede che
all’amministratore può essere chiesta la convocazione
dell’assemblea da almeno due condomini che rappresentino almeno
1/6 del valore dell’edificio, e che, se l’amministratore
non convoca l’assemblea, possono provvedervi direttamente i due
condomini che l’avevano richiesta (art.66 disposizioni
attuazione cod.civ.).
Per
quanto riguarda, invece, la revoca disposta dal Tribunale, il ricorso
per ottenerla è ammesso in tre ipotesi:
quando
l’amministratore non abbia tempestivamente convocato
l’assemblea per informarla di un’azione legale promossa
contro il condominio che esuli dai poteri dell’amministratore;
quando
non abbia presentato il conto della sua gestione per due anni;
quando
vi siano fondati sospetti di gravi irregolarità.
Le
prime due ipotesi sono tali da non lasciare, nella realtà,
alcun margine di discrezionalità ai magistrati. La terza,
invece, è soggetta alla discrezionalità del giudice in
quanto si tratta di individuare le "gravi irregolarità"
nell’amministrazione.
Le
irregolarità vanno individuate con riferimento ai doveri
imposti all’amministratore dalla legge e dal regolamento di
condominio, ma l’importanza delle stesse ai fini della revoca
si presta ad interpretazioni più o meno restrittive. Ad
esempio, secondo alcune sentenze, la grave irregolarità
giustifica la revoca solo quando è tale da far prevedere un
imminente pregiudizio per il condominio.
Inoltre,
si ammette la revoca quando l’amministratore abbia omesso di
agire contro i condomini morosi; quando non abbia provveduto al
pagamento di spese relative ai servizi comuni, pur avendo la
disponibilità economica necessaria.
Alcuni
giudici hanno ritenuto idonea alla revoca la mancata apertura di un
conto corrente condominiale separato rispetto a quello personale
dell’amministratore ove tale conto sia gestito in modo da non
riuscire a distinguere le operazioni relative al condominio; infatti,
non è sostenibile in senso generale che la mancata adozione di
un conto corrente separato integri gli estremi di una gestione
irregolare, non esistendo in merito alcun obbligo di legge.
Pertanto,
prima di promuovere un giudizio per la revoca dell’amministratore
fondato su "gravi irregolarità" nella gestione, è
opportuno valutare se effettivamente ci sono irregolarità così
gravi da danneggiare il condominio, lasciando da parte motivazioni
personali che, spesso, sono la vera motivazione di siffatta
iniziativa.
Erminia
Acri-Avvocato
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