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Impugnazione del licenziamento.
di Erminia Acri  ( erminia.acri@lastradaweb.it )

7 ottobre 2008



Più tempo per la contestazione, secondo la Cassazione.


Il potere di licenziare può essere esercitato dal datore di lavoro solo nel rispetto di precisi limiti e modalità, sia sotto l’aspetto dei motivi del recesso sia sotto quello della procedura da seguire.


Le specifiche motivazioni che giustificano il licenziamento possono riguardare la condotta del lavoratore (licenziamento disciplinare, per giusta causa o per giustificato motivo soggettivo) o la situazione in cui si trova l’azienda (licenziamento per giustificato motivo oggettivo).


l licenziamento, oltre ad essere fondato su specifiche motivazioni, deve essere comunicato al lavoratore in forma scritta (art. 2, comma 2°, Legge n.108/1990).


Qualora il lavoratore ritenga il
licenziamento illegittimo ha l’onere di impugnare il licenziamento entro 60 giorni a pena di decadenza. Tale termine decorre dalla comunicazione del licenziamento oppure dalla comunicazione dei motivi, qualora questa non sia contestuale alla lettera di licenziamento. Ai sensi dell’articolo 6 della Legge n.604/66, l’impugnazione deve essere fatta con atto scritto che può essere portato a conoscenza del datore di lavoro con qualsiasi mezzo idoneo, come lettere raccomandate e telegrammi. Inoltre, prima di rivolgersi al giudice, il lavoratore deve instaurare un tentativo di conciliazione presso l’Ufficio Provinciale del Lavoro.


In ordine alla tempestività dell’impugnazione, la Sezione Lavoro della Corte di Cassazione, con la recente sentenza n.22287/2008, ha affermato che "l’impugnazione del licenziamento individuale è tempestiva, ossia impedisce la decadenza di cui all’art. 6 1. n. 604 del 1966, qualora la lettera raccomandata sia, entro il termine di sessanta giorni ivi previsto, consegnata all’ufficio postale ed ancorché essa venga recapitata dopo la scadenza di quel termine". Ciò in accoglimento dell’orientamento giurisprudenziale costituzionale che, in materia di decadenza da impedire con la notificazione di un atto, ha espresso il principio generale, fondato sulla ragionevolezza e sul diritto di difesa (articoli 3 e 24 Costituzione), secondo cui il momento di perfezionamento della notifica per il soggetto a cui svantaggio si verificherebbe la decadenza deve distinguersi da quello di perfezionamento per il destinatario, precisando che, per il primo, la decadenza è impedita con la consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario oppure all’agente postale, in quanto sarebbe irragionevole fargli subire effetti sfavorevoli dovuti al ritardo in attività spettanti ad altri soggetti.




Erminia Acri-Avvocato

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