Per
l’accesso dei cittadini extracomunitari alle prestazioni
assistenziali previste dal nostro ordinamento, il D.lgs. n.286/98
(art.41) prevedeva, tra gli altri requisiti, il possesso del solo
permesso di soggiorno da parte del richiedente. Tuttavia, poi, una
nuova disposizione normativa (art. 80, comma 19, legge n.388/2000) ha
introdotto la necessità del possesso della carta di soggiorno
per l’erogazione delle provvidenze economiche previste dalla
legislazione sociale nazionale.
La
legittimità di tale ultima disposizione è stata subito
messa in dubbio, tanto che molti giudici di merito hanno ritenuto di
doverla disapplicare in considerazione del principio di cui all’art.
34.2 della Carta di Nizza, che riconosce alla sicurezza sociale anche
dei cittadini extracomunitari il valore di diritto fondamentale
esigibile presso le Corti dell’Unione in virtù dell’ampiezza
universale del principio di eguaglianza, e, quindi di dover
attribuire agli stranieri extracomunitari il diritto alle provvidenze
economiche di assistenza senza che abbiano rilevo distinzioni dettate
dal possesso di un determinato documento di regolare soggiorno, per
contrasto con il generale principio di eguaglianza e col divieto di
discriminazione per nazionalità (Corte d’Appello di Firenze,
9/06/2007).
La
stessa disposizione è stata sottoposta al vaglio della Corte
Costituzionale, che, con la sentenza n. 306/2008, ha dichiarato
costituzionalmente illegittimi l’art. 80, comma 19, Legge n. 388/2000
e l’art. 9, comma 1, D.lgs. n. 286/98, come modificato dall’art.9
Legge n. 189/2002 e poi sostituito dall’art. 1, comma 1, d.lgs. n.
3/2007, nella parte in cui escludono che l’indennità di
accompagnamento, prevista dalla Legge n.18/80 per i disabili non
autonomamente deambulanti, o che non siano in grado di compiere da
soli gli atti quotidiani della vita, possa essere attribuita agli
stranieri extracomunitari soltanto per la mancanza dei requisiti di
reddito già stabiliti per la carta di soggiorno e ora previsti
per il permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo.
Infatti, come precisato dalla Corte, il legislatore può
dettare norme, non palesemente irragionevoli, per disciplinare
l’ingresso e la permanenza di cittadini extracomunitari in Italia,
sicchè è da ritenere consentito “subordinare,
non irragionevolmente, l’erogazione di determinate prestazioni - non
inerenti a rimediare a gravi situazioni di urgenza - alla circostanza
che il titolo di legittimazione dello straniero al soggiorno nel
territorio dello Stato ne dimostri il carattere non episodico e di
non breve durata; una volta, però, che il diritto a
soggiornare alle condizioni predette non sia in discussione, non si
possono discriminare gli stranieri, stabilendo, nei loro confronti,
particolari limitazioni per il godimento dei diritti fondamentali
della persona, riconosciuti invece ai cittadini”.
Successivamente,
la Corte Costituzionale, con la sentenza n.11/2009, ha dichiarato costituzionalmente
illegittimo l’art. 80, comma 19, legge n.388/2000 e l’art. 9, comma
1, del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina
dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, nella
parte in cui escludono che la pensione di inabilità, prevista
dall’art. 12 legge n.118/1971 in favore di chi sia riconosciuto
totalmente invalido, possa essere attribuita agli stranieri
extracomunitari soltanto perché essi non risultano in possesso
dei requisiti di reddito già stabiliti per la carta di
soggiorno e ora previsti per il permesso di soggiorno Ce per
soggiornanti di lungo periodo. Altresì, con la sentenza n.187/2010, la
Corte Costituzionale ha dichiarato costituzionalmente
illegittimo l’art. 80, comma 19, legge n.388/2000 nella parte in cui
subordina al requisito della titolarità della carta di
soggiorno la concessione, agli stranieri legalmente soggiornanti nel
territorio dello Stato, dell’assegno mensile di assistenza
previsto dall’art. 13 della legge n.118/1971 a favore di chi
abbia ottenuto il riconoscimento di un’invalidità dal 74% al
99%.
Erminia
Acri-Avvocato
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