La
normativa
vigente, riguardo
alle somme indebitamente percepite dagli invalidi civili, prevede
che non
si procede
alla ripetizione delle somme indebitamente
percepite prima del 2 ottobre 2003
a titolo di provvidenze economiche nei confronti di quei soggetti
risultati, a seguito di verifica, privi del requisito reddituale
richiesto per l’erogazione della prestazione (art. 42, comma 5, del
d.l. 269/2003, convertito con modificazioni nella l. 326/2003). Le
somme indebitamente percepite per mancanza del requisito sanitario
rimangono escluse dalla sanatoria.
Per
quanto riguarda invece le somme percepite in più su
prestazioni
pensionistiche o quote di prestazioni pensionistiche o trattamenti
di famiglia, nonché rendite, anche se liquidate in capitale,
a carico degli enti pubblici di previdenza obbligatoria, si prevede
che:
per
periodi anteriori al 1° gennaio 1996, non si procede al recupero
delle somme pagate indebitamente, salva l’ipotesi del dolo del
pensionato, qualora il suo reddito personale imponibile ai fini
dell’IRPEF per l’anno 1995 sia pari o inferiore a 16 milioni di lire
mentre, in caso di reddito superiore, l’indebito è
irripetibile nei limiti di un quarto dell’importo riscosso (art. 1
della legge n. 662/1996);
per
le somme riscosse dopo il 31 dicembre 1995 e fino al 31 dicembre
2000 si applica la normativa di cui alla legge 448/2001, secondo
cui, per il periodo anteriore al 1° gennaio 2001, non si fa
luogo al recupero dell’indebito qualora il reddito personale
imponibile ai fini dell’IRPEF del pensionato per l’anno 2000 sia
pari o inferiore ad €8.263,31 e, in caso di reddito superiore,
l’indebito è irripetibile nei limiti di un quarto
dell’importo riscosso;
per
le somme indebite percepite dal 1° gennaio 2001 si applica il
disposto
dell’art.
13 della legge n.412/1991, secondo cui i pagamenti indebiti
effettuati dal 1° gennaio del 2001 a seguito di provvedimento
definitivo di cui sia stata data espressa comunicazione
all’interessato, sono sanabili ove effettuati in base a
formale provvedimento che risulti viziato da errore imputabile
all’Istituto, mentre l’omessa o incompleta segnalazione da
parte del pensionato di fatti incidenti sul diritto o sulla misura
della pensione goduta, che non siano già conosciuti dall’ente
competente, consente la ripetibilità delle somme
indebitamente percepite. L’Istituto procede annualmente alla
verifica delle situazioni reddituali dei pensionati non conosciute
che incidono sulla misura o sul diritto delle prestazioni ed al
recupero delle somme entro l’anno successivo alla verifica.
Sulla
diversa disciplina tra indebito pensionistico e indebito su
prestazioni assistenziali, la Corte Costituzionale, con ordinanza
n.448/2000 e con ordinanza n.264/2004, si è espressa nel
senso che non sussiste un’esigenza costituzionale che imponga
per l’indebito previdenziale e per quello assistenziale
un’identica disciplina, escludendo l’incostituzionalità
della normativa esaminata(in particolare dell’art. 37, comma 8,
della legge 23 dicembre 1998, n. 448 in riferimento agli articoli 3
e 38, primo comma, della Costituzione, e dell’art. 1, comma
260, della legge 23 dicembre 1996, n. 662- Misure di
razionalizzazione della finanza pubblica-, e dell’art. 52,
comma 2, della legge 9 marzo 1989, n. 88 in riferimento agli
articoli 3 e 38, primo comma, della Costituzione) in considerazione
dell’“immediatezza” con cui l’Istituto previdenziale
deve provvedere alla ripetizione delle somme indebitamente
corrisposte, essendo tenuto, lo stesso, alla sospensione immediata
della prestazione ed alla revoca entro i successivi 90 giorni, a
decorrere dalla data della visita di verifica. Infatti, l’art. 37,
comma 8, legge 448/1998, stabilisce che: “In
caso di accertata insussistenza dei requisiti sanitari, il ministero
del tesoro, del bilancio e della programmazione economica dispone
l’immediata sospensione dell’erogazione del beneficio in
godimento e provvede, entro i novanta giorni successivi, alla revoca
delle provvidenze economiche a decorrere dalla data della visita di
verifica”.
La
sospensione immediata e la revoca nel breve lasso di tempo di
novanta giorni dalla sospensione fa escludere, come affermato dalla
Corte Costituzionale, la disparità di trattamento con la
generale disciplina dell’indebito previdenziale, e rispetta
l’art.38, 1°comma, della Costituzione.
Erminia
Acri-Avvocato
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