L’attuale
ordinamento giuridico è caratterizzato da un modello di
responsabilità
civile basato non soltanto sul criterio di imputazione fondato su
colpa/dolo, ma pure su altri criteri che
consentano “di
riparare il danno trasferendolo ad un responsabile anche senza un
giudizio negativo sulla sua condotta o sulla sua colpa”(P. Zatti).
In
quest’ottica s’inquadra la responsabilità per cose
in custodia prevista dall’articolo 2051 del codice civile,
secondo cui il custode è responsabile del danno provocato
dalle cose poste sotto la sua custodia a meno che non provi il caso
fortuito. Tale norma
è applicabile anche al condominio, quale custode delle parti
comuni dell’edificio, per i danni generati da queste ultime.
Pertanto,
nel caso in cui una persona subisca dei
danni derivanti da caduta sulle scale di un edificio condominiale,
il condominio è tenuto a risarcirli, a meno che “il
danno sia eziologicamente riconducibile non alla cosa, ma al fortuito
senza che rilevi che questo sia costituito da un comportamento umano,
nel fatto cioè dello stesso danneggiato o di un terzo”,
come
affermato dalla
Corte di Cassazione civile con la sentenza n. 16607/2008, con
cui è stato rigettato il
ricorso di una donna caduta mentre saliva le scale di un condominio,
a causa della cera applicata sulle stesse e dell’acqua piovana
trasportata dal passaggio degli inquilini.
Secondo
la Corte, nel caso specifico, l’evento pregiudizievole era
stato causato esclusivamente da un caso fortuito costituito da un
fatto ascrivibile alla stessa danneggiata che non aveva utilizzato la
normale diligenza e l’adeguata attenzione nell’attraversare
luoghi che, in condizioni di normale visibilità, apparivano
percepibilmente scivolosi.
Erminia
Acri-Avvocato
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