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Poteri dell’amministratore condominiale.
di Erminia Acri  ( erminia.acri@lastradaweb.it )

21 luglio 2009



L'amministratore non può limitare il diritto d'uso delle cose comuni.



La legge riconosce all’amministratore di condominio una serie di poteri che lo stesso può esercitare senza preventiva autorizzazione dell’assemblea (articolo 1130 codice civile), in particolare:

    - eseguire le deliberazioni dell’assemblea dei condomini e curare l’osservanza del regolamento di condominio;

    - disciplinare l’uso delle cose comuni e la prestazione dei servizi nell’interesse comune;

    - riscuotere i contributi ed erogare le spese occorrenti per la manutenzione ordinaria delle parti comuni dell’edificio e per l’esercizio dei servizi comuni, e gestire il relativo fondo;

    - compiere gli atti conservativi dei diritti inerenti alle parti comuni dell’edificio;

    - rendere, annualmente, il conto della sua gestione;

    - ricorrere alle vie legali per ottenere un decreto di ingiunzione immediatamente esecutivo per la riscossione dei contributi in base allo stato di ripartizione approvato dall’assemblea;

    - convocare l’assemblea sia in via ordinaria, sia in via straordinaria quando sia ritenuto necessario dallo stesso amministratore o quando ne sia fatta richiesta di almeno due condomini che rappresentino un sesto del valore dell’edificio;

    - agire e resistere in giudizio, nei limiti stabiliti dalla legge.

In ordine ai limiti di tali attribuzioni è intervenuta la Corte di Cassazione con la recente sentenza 11 giugno 2009 n. 13626, affermando che l’amministratore, nonostante abbia il compito, senza necessità di specifica delibera assembleare, di disciplinare l’uso delle cose comuni, non può limitare il diritto d’uso dei condomini in relazione alle cose comuni rendendo più gravoso il raggiungimento delle proprietà esclusive.


Nel caso esaminato la proprietaria di un locale terraneo esteso all’interno oltre la proiezione verticale dell’edificio, con accesso dalla chiostrina condominiale attraverso l’androne del portone, lamentava il rifiuto dell’amministratore di consegnarle le chiavi del portone e della chiostrina, con la motivazione che esse dovessero rimanere nelle mani del portiere sotto la cui sorveglianza rientravano le cose comuni. Ebbene, la Corte ha concluso che la proprietaria del locale, quale condomina, ha diritto ad avere le chiavi del portone e quelle della chiostrina, non potendo essere limitato l’accesso alla proprietà esclusiva dal solo amministratore, il cui potere di disciplinare l’uso delle cose comuni “è finalizzato ad assicurare il pari uso di tutti i condomini e non può certo estendersi fino a negare ad uno di essi ciò che è consentito a tutti gli altri, qual è, nella specie il passaggio”.



Erminia Acri-Avvocato

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