La
normativa precedente alla riforma introdotta con la legge n.54/2006
prevedeva che, in caso di separazione personale dei coniugi,
l’assegnazione della casa familiare, se vi erano figli minori o
maggiorenni non autosufficienti, spettasse di preferenza e ove
possibile al coniuge affidatario dei figli medesimi, mentre, in
assenza di figli, si era posto il problema di stabilire se essa
potesse essere utilizzata come strumento per
per tutelare le esigenze del coniuge economicamente debole, ma la
Cassazione aveva più volte affermato – e continua ad
essere ferma sullo stesso orientamento anche in pronunce recenti -
che l’assegnazione della casa familiare non può essere
disposta a titolo di componente degli assegni di mantenimento allo
scopo di sopperire alle esigenze economiche del coniuge privo di
adeguati redditi propri.
La
legge n.54/2006, ha introdotto la disposizione secondo cui “il
godimento della casa familiare è attribuito tenendo
prioritariamente conto dell’interesse dei figli.
Dell’assegnazione il giudice tiene conto nella regolamentazione
dei rapporti economici tra i genitori, considerando l’eventuale
titolo di proprietà. Il diritto al godimento della casa
familiare
viene meno nel caso che l’assegnatario non abiti o cessi di
abitare stabilmente nella casa familiare o conviva more uxorio o
contragga nuovo matrimonio”.
Pertanto,
rispetto alla precedente normativa, stante la nuova regola
dell’affidamento condiviso, è venuto meno il
principio in base al quale la casa
coniugale dovesse spettare di preferenza al genitore affidatario
dei figli, anche se la nuova disposizione è formulata in modo
tale da far ritenere che il giudice, nell’assegnazione della casa
familiare debba preferire il coniuge presso il quale i figli sono
collocati prevalentemente. L’assegnazione della casa è un
provvedimento che il giudice può assumere solo per tutelare
l’interesse dei figli minori a permanere nell‘ambiente
domestico in cui sono cresciuti.
Inoltre,
il
giudice, nell’assegnare la casa a l’uno o all’altro
genitore, tiene in considerazione la regolazione dei rapporti
economici fra genitori, considerato l’eventuale titolo di
proprietà. Quindi è da ritenere che la
casa familiare debba essere attribuita al genitore economicamente più
debole, anche se non proprietario o comproprietario dell’immobile,
per consentire comunque ai figli di mantenere il tenore di vita
goduto durante la convivenza con entrambi i genitori.
Erminia
Acri-Avvocato
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