La
separazione
personale dei coniugi
è quell’istituto, disciplinato da norme contenute nel codice
civile, nel codice di procedura civile e da norme speciali, che non
pone fine al matrimonio, né determina il venir meno
della condizione di coniuge, ma sospende alcuni effetti propri
del matrimonio.
In
particolare, a seguito della separazione, si scioglie la comunione
legale dei beni, risultano sospesi gli obblighi di fedeltà, di
coabitazione e di collaborazione. Permangono, invece, il dovere di
mantenere il coniuge economicamente più debole, ed il dovere
di mantenere, educare ed istruire i figli. Permane il diritto di
successione ereditaria, salvo che nei confronti del coniuge
superstite cui sia stata addebitata la separazione. In tal caso,
infatti, spetta solo un assegno alimentare vitalizio a condizione che
già si godesse, a carico del coniuge deceduto, di un assegno
alimentare, perchè in stato di bisogno.
Secondo
la norma dell’art. 151 codice civile, la separazione può
essere chiesta da uno o da entrambi i coniugi quando, anche
indipendentemente dalla loro volontà, si verificano “fatti
tali da rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza o da
recare grave pregiudizio alla educazione della prole.”
L’intollerabilità
della prosecuzione della convivenza deve
essere valutata sia in base al valore oggettivo dei fatti che
supportano la richiesta di separazione, sia tenendo conto della
condizione psicologica del coniuge che se ne lamenta al fine di
ottenere la pronuncia di separazione. Lo ha chiarito la
Corte di Cassazione con le sentenze n. 3356/2007 e n.21099/2007,
evidenziando che l’"intollerabilità" costituisce un
fatto psicologico squisitamente individuale, riferibile alla
formazione culturale, alla sensibilità e al contesto interno
alla vita dei coniugi; sicchè, pur dovendo, ai sensi del
citato art.151 codice civile, la separazione dei coniugi trovare
giustificazione in situazioni di intollerabilità della
convivenza oggettivamente apprezzabili e giuridicamente
controllabili, non è necessario che sussista una situazione
di conflitto riconducibile alla
volontà di entrambi i coniugi, ben
potendo la frattura dipendere dalla condizione di disaffezione
e di distacco spirituale di una sola delle parti. Nel
pronunciare la separazione occorre verificare, in base ai
fatti obbiettivi emersi, ivi compreso il comportamento processuale
delle parti, l’esistenza, anche in un solo coniuge, di una condizione
di disaffezione al matrimonio tale da rendere incompatibile la
convivenza, pure a prescindere da elementi di addebitabilità
a carico dell’altro.
In
sostanza, quindi, può essere chiesta la separazione, anche da
uno soltanto dei coniugi, quando la prosecuzione della convivenza sia
diventata intollerabile per il venir meno dell’affectio
maritalis, ossia dell’amore per l’altro coniuge.
Bibliografia:
-
Manuale di diritto di famiglia, di M. Sesta, Cedam, 6°
ed., Padova, 2014
-
Commentario del codice di procedura civile. Art.
721-736 bis. Procedimenti in materia di famiglia e
stato delle persone, di Vullo Enzo, Zanichelli, 2013
Erminia
Acri-Avvocato
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