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Quanto puņ durare una coppia?
di Giorgio Marchese  ( direttore@lastradaweb.it )

1 luglio 2016



Una visione "Alchemica" dell'Amore...


Partendo dal principio che, nella lingua italiana, il termina coppia identifica due individui che condividono interessi e obiettivi, se vogliamo riferirci a due persone che si legano, anche, sul piano sentimentale, per ipotizzare quanto potrà durare la “frequentazione”, abbiamo la necessità di analizzare un po’ di elementi...

Ad esempio, dal momento che, con il termine "impegno", intendiamo il lavoro da fare per costruire qualcosa di concreto, possiamo affermare che è necessario impegnarsi per creare le condizioni atte ad incontrare in maniera continuativa ed "esclusiva" un partner con il piacevole desiderio (che, secondo leggi di Natura è, in realtà, un bisogno) di costruire "qualcosa di più" di una semplice frequentazione anche se intima.

Perché accada una cosa del genere, non guasta aver fatto un certo numero di esperienze meno "impegnative" (anche se gratificanti) e basate sul rispetto reciproco, sulla correttezza e sulla maturità personale.

In questo modo si arriverà a capire qual è il limite di un rapporto di stretta e intima amicizia "senza nulla a pretendere", rispetto alla possibilità di una donna (o un uomo) che si dedichino a noi e ci accolgano con piacere, anche quando non "ci facciamo annunciare".

Molteplici sono le sfaccettature delle relazioni e delle interazioni, perchè tantissimi sono i potenziali concorrenti e indefinite le produzioni emotive (peraltro, non ripetibili). Però, in linea di massima, due possono essere le possibili varianti di una coppia (escludendo, ovviamente gli incontri “occasionali”).

In una coppia che potremmo definire "pret a porter", non sono importanti i fattori specifici sui quali si fondano le regole (non scritte) prodromiche della costruzione di un Amore e la frequentazione che, in questo caso, difficilmente sarà continuativa e, ancor più difficilmente, prevederà il concetto di solidarietà reciproca. Questi elementi potranno riguardare, di volta in volta, un dialogo più o meno costruttivo, dei sentimenti di amicizia, una passione più o meno intensa, che duri nel tempo. D’altronde, non essendoci obblighi, ci si incontra solo alle migliori condizioni di entrambi e solo quando, entrambi, ne hanno voglia.

In una coppia che tende alla costruzione di un rapporto di maggiore stabilità, invece, prevalgono aspetti più profondi che, a certe condizioni (maturità e validità di entrambi i partner), sono fattori incubatori di un "piacere globale", in una "casa comune", con progetti di vita insieme e a lungo termine. Dal momento che si punta a conoscersi a fondo (uscendo dall’egocentrismo personale e aprendosi alle esigenze dell’altro), un simile rapporto può essere paragonato a un abito su misura, costruito pian piano... in maniera unica e irripetibile.

"Due esseri umani percorrono un tratto di strada insieme, per il piacere di condividere un progetto, una giornata di mare, una passeggiata... o, anche, un momento di tristezza. Un braccio cui legarsi quando si prova del dolore, trasforma le due solitudini in un fluido caldo che scorre all’interno degli angoli dell’anima. Può essere la tua memoria, la giornata che vuoi ricordare o anche il momento più difficile da dimenticare". (F. A.)

Quali sono i motivi che dovrebbero indurre una persona, al di là della scelta di avere un compagno che può essere frequentato anche vivendo in residenze separate, a scegliere di convivere per costruire un rapporto duraturo?

Fra gli altri, la disponibilità all’aiuto reciproco e le sollecitazioni affettive (e "di crescita interiore" che ne possono conseguire) che, solo la frequentazione assidua e ben motivata, può portare; inoltre, il condividere degli spazi, rappresenta uno stimolo a ridurre l’egocentrismo a favore dell’egoismo positivo (la tutela di sé, nel rispetto dell’altro).

Spesso, però, dimentichiamo un elemento importante: è necessario, prima di ogni altra cosa, realizzare le condizioni per provare piacere a stare con se stessi; poi, in seconda battuta, quando si frequenta il partner, si cerca di star meglio. Un compagno, quindi, deve essere visto come uno stimolo che migliora una situazione già favorevole, non una condizione necessaria indispensabile per star bene.

Esiste la necessità di un’omogeneità di visione delle cose e degli interessi?

Questo è un problema apparente perché, di fatto, non è indispensabile pensarla allo stesso modo, su tutto. La compenetrazione dei pensieri, l’omogeneizzazione delle aspirazioni e dei sentimenti si crea nel tempo (se il rapporto funziona, ovviamente) e man mano che i problemi personali di integrazione sociale e realizzazione lavorativa, tendono a risolversi.

Nei primi tempi, c’è un’enorme diversità... e questo è naturale e positivo, perché consente di rivedere le proprie posizioni e certi modi di vedere le cose. Pian piano, ognuno dei due cambierà qualcosa del proprio modo di essere e di rapportarsi con l’altro, "avvicinandosi" al partner.

Questo rende diversi e migliori.

Per capire un po’ meglio, come stanno le cose, proviamo a chiedere aiuto a quello che ci dice, la Fisica, a proposito di coppia, a partire dalla definizione: “Sistema di due vettori paralleli di ugual modulo ma di verso opposto, applicati ad un corpo (cioè che girano intorno ad un fulcro).

In buona sostanza, a livello simbolico, una coppia di forze, rappresenta due esseri umani che agiscono, spingendo una immaginaria leva (o “ braccio” che, in base alla vicinanza emotiva e di condivisione, può essere corto o lungo) che ruota su un’asse centrale, determinando il movimento circolare che produce i dinamismi di una vita a due.

La rotazione determina una condizione essenziale che si trasforma, a volte, in una sorta di maledizione...

Infatti, l’azione congiunta di due individui che, per la Fisica, debbono avere la stessa importanza, determina l’attivarsi di un percorso che, in base alla distanza fra i due, avrà una circonferenza variabile. Maggiore è il raggio della circonferenza (la distanza fra i due) minore sarà lo sforzo da sopportare. Maggiore, invece, sarà la fatica, nel caso il raggio dovesse essere minore.

Questo spiega perchè, sempre (ma non più tanto) metaforicamente, più ci avviciniamo come interessi, obiettivi e, di conseguenza, intimità, maggiori saranno gli attriti conflittuali...

Al contrario, più aumentiamo le distanze, minori saranno i problemi di interazione, anche se, poi, rischiamo di perderci. Un po’ alla volta.

La maledizione di girare in tondo...

Con un simile discorso (peraltro ben spiegato dalla Fisica, che analizza ciò che accade, nell’Universo, dal più “piccolo” al più “Grande” e che è replicato, in noi, che siamo composti degli stessi costituenti di base, cioè, circa meno di 10 particelle fondamentali, dell’intero Sistema che ci comprende) appare chiaro che, per quanti sforzi si facciano, non riusciremo mai a toccarci, con l’altro...

Ed effettivamente, per quanto cerchiamo di entrare in sintonia con la persona che amiamo, non saremo mai in grado di trasmettere i nostri sentimenti per come li generiamo, nella nostra mente e nel nostro cuore.

Quello che, al massimo, ci riuscirà, sarà il provare a far capire, con gesti e parole, ciò che proviamo. L’aderenza alla nostra realtà emotiva, sarà direttamente proporzionale al grado di empatia dell’altro. Cioè, tanto più, chi ci ama, sarà sensibile e concentrato su di noi, tanto maggiore sarà il suo sommovimento emotivo, con un risultato simile a quello di tanti diapason che vibrano insieme, ad una frequenza simile alla nostra. Non “la” nostra ma, nella migliore delle ipotesi, “simile” alla nostra.

Ma non si potrebbe procedere in linea retta, anziché girare in tondo?

Albert Einstein, nella sua Teoria della Relatività “Generale”, spiega che, i corpi, non attirano altri corpi (come sosteneva Newton) ma sono in grado (in base alla propria grandezza) di piegare lo spazio all’interno del quale si muovono altri corpi.

In pratica, ponendo come esempio il Sistema Solare, non è che la Terra giri intorno al Sole perchè, quest’ultimo, la attrae con forze invisibili (la gravitazione, ad esempio)... è che il Sole riesce a piegare tutto lo Spazio intorno a sé, costringendo il nostro e gli altri pianeti (a cui sembrerà di correre su una strada lineare...) a girare come dentro la ruota di una roulette dove, o cammini ad una certa velocità (sviluppando un’energia centrifuga in grado di contrastare l’attrazione), o vieni risucchiato, appunto, dallo spazio che si flette verso il centro.

A sua volta, comunque, lo stesso Sole (e l’intero suo Sistema), viene attratto (come se fosse all’interno di un gigantesco mollusco flessibile) dallo Spazio incurvato da masse (galassie, etc.) di dimensioni maggiori delle sue.

Per tornare a noi...

Ciascuno dei componenti della coppia, pur avendo la percezione di vasti orizzonti di fronte a sé, in realtà viene attratto dallo spazio che, l’altro (quando è autorevole, ovviamente), riesce a incurvare. Siccome il rapporto dovrebbe essere (e ce lo chiede la Fisica!) equivalente, ecco che, entrambi, si attraggono e girano l’uno nella “curvatura” dell’altro.

Poi...

Man mano che, ciascuno dei due, determina un input a crescere, interiormente, verrà ad aumentersi la distanza del raggio (d’azione), rinforzando un reciproco bisogno di autonomia che, pur mantenendo (se non, addirittura, rinforzando l’unione interpersonale), “prepara” al momento della “condivisione universale” post mortem quando, cioè, si rientrerà a far parte del “Tutto”, sul piano dell’Energia (particelle elementari, atomi, molecole, etc.).

In pratica

Frequentarsi in sintonia ma nel verso opposto (come spiegato nella definizione di “coppia di forze”) produce una sorta di pre annichilazione, generando quell’incontro fra particelle e antiparticelle, che porterà all’equilibrio (“assoluto”?) che avremo, definitamente, una volta dismessa la dimensione umana. Almeno per come la conosciamo.

E se, nel mentre, non si matura interiormente?

Allora, paradossalmente all’inizio, la rotazione sincronizzata aumenterà per quella sorta di incastro nevrotico di cui parla la Psicologia; successivemante si tenderà a schizzare fuori orbita. Per entrare in altre orbite, volare con un’ala sola in cerca della “giusta” metà... o perdersi nell’Universo “sconosciuto”.

In conclusione

Per rispondere alla domanda iniziale, possiamo dire che, quando si lascia scorrere il tutto, senza impegnarsi attivamente, le dinamiche interpersonali tendono a raffreddare interesse e motivazioni positive. Nel caso che, invece, si decida di vivere un rapporto "alla grande", si potrà contare sempre (o quasi) su un sorriso, uno sguardo, un abbraccio, un’intesa, una complicità... che impediscono di invecchiare "dentro" e contribuiscono a mitigare le intemperie del tempo che passa.

G. M. - Medico Psicoterapeuta, Counselor

La risposta all’interessante domanda, è stata estrapolata dall’articolo A come Amore...

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