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Un’idea di Patria.
di Giorgio Marchese  ( direttore@lastradaweb.it )

11 agosto 2018






Caro Sergio...


Sir, excuse me. I’m spoiling your job...” (“Signore, mi scusi, sto rovinando il suo lavoro”). Caro Sergio, ho cominciato ad apprezzarti leggendo quello che, d’istinto, hai detto all’ultimo degli inservienti, chino sui brillanti pavimenti del dipartimento del Tesoro Americano, a Washington, una sera di fine marzo 2009, dopo la riunione cruciale per l’acquisizione di Chrysler da parte di Fiat.

Mi spiace esserci arrivato così tardi.

Pur riconoscendoti Uomo Forte e capace di aver salvato la più grande industria nazionale, non ho mai avuto grande simpatia per te. Sarà perchè il tuo linguaggio ricalcava un modello “pane al pane e vino al vino” più Canadese che Italiano (grave ad esempio, a mio giudizio, screditare oltre misura il prodotto che rappresentavi: “A chi ha comprato l’Alfa Romeo 159, dovremmo restituire i soldi” - “La Lancia non ha futuro; ho provato con tutte le mie forze ma, proprio, non le vuole nessuno!” - “La Fiat, alla lunga, potrà vendere solo le 500 e, forse, la Panda...”), sarà perchè ti ho visto stracciare il Contratto Collettivo di Lavoro e costringere (soprattutto a Pomigliano d’Arco) gli operai a turni massacranti, sarà perchè ti ho valutato troppo attendista nell’impiegare anni (a cavallo della crisi post 2009) prima di mettere in cantiere un nuovo modello di automobile.

Mi sei sembrato fastidiosamente molto diverso, insomma, dal sanguigno Luca Cordero di Montezemolo che hai, addirittura, defenestrato da Capo della Ferrari, senza (apparente) riconoscenza per il fatto che, da Presidente della FIAT (nei tragici momenti del 2004) all’indomani della morte di Gianni e Umberto Agnelli (scomparso anche il rampollo “Giovannino”) ti ha voluto (con il benestare di Gianluigi Gabetti e Franzo Grande Stevens) come comandante in campo (Amministratore Delegato) di ciò che restava di un grande Impero.

Per la correttezza che debbo alla mia persona e vista la professione che svolgo, non ho potuto esimermi dal capire i motivi di questa sorta di mio “controtransfert” nei tuoi confronti, pur riconoscendo ad entrambi (te e me) la comune appartenenza ad un mondo di prevalente Solitudine e all’importanza che abbiamo dato al modello di studio “matto e disperatissimo” come unica via per riuscire a centrare obiettivi importanti.

Mi piacerebbe molto che fossi qui...

Potremmo confrontarci sul reciproco concetto di Patria, che tu conosci bene in quanto figlio di un maresciallo maggiore dei carabinieri, nonché segretario (dal 1985 al 1982) dell’Associazione dei Carabinieri a Woodridge (in Canada) che porta il nome di tuo padre Concezio (emigrato, con voi, per offrirvi un futuro migliore) e con una madre orfana per via di quella vergogna chiamata “Foibe”.

Si, perchè, quando sento chi ti acclama come salvatore di un “bene” Nazionale (la Fiat, appunto), io vorrei rispondere che, in realtà, hai preso un piccolo reduce tricolore morente (la Fabbrica Italiana Automobili Torino) e lo hai proiettato in un Universo globale che ha sede legale in Olanda, domicilio fiscale in Gran Bretagna, è controllata dal Gruppo Exor (cassafote degli Agnelli), si chiama FCA (Fiat – Chrysler Automobili), ha due filiali (una in Italia e una negli Stati Uniti), ha “sganciato” (per questioni di “cassa”) la Ferrari e non prevede grandi prospettive né per le automobili marchiate Fiat né per quelle “targate” Chrysler (a favore, invece, di Marchi Globali come Jeep, Ram, Maserati e Alfa Romeo).

Insomma, un’idea di Patria molto diversa da quella che, a scuola, mi hanno spiegato essere derivante, etimologicamente, dal concetto di “Terra dei Padri”...

Eppure, sono convinto che, entrambi, concluderemmo che un “Luogo Sovrano”, viene connotato da un ambito territoriale, tradizionale e culturale, cui si riferiscono le esperienze affettive, morali, politiche di ciascuno in quanto appartenente a un Popolo.

E la mente va ai tanti martiri dell’Unità Nazionale, ai moti risorgimentali, alla Repubblica Napoletana, ad Armando Diaz, alla divisione Acqui massacrata dai nazisti a Cefalonia all’indomani dell’armistizio del 1943...

Non volermene Sergio

Ma ti ho paragonato, a lungo, a un "bean counters" (“contatore di fagioli” che si limita a far tornare i conti, senza passione alcuna per il proprio lavoro) piuttosto che ad un "car guys" (che ama il prodotto che crea). Sono arrivato, addirittura a sovrapporre la tua immagine a quella del Re (a mio giudizio, “vigliacco”) Vittorio Emanuele Terzo, gracile nel fisico, debole nel carattere con due macchie indelebili nella sua carriera (l’aver sempre assecondato il volere di Mussolini e l’aver lasciato il Paese allo sbando dopo l’8 settembre 1943). Per quel che ti riguarda, sei apparso un Tycoon “drogato di Capitale” e incline a fonderti (senza morale ma con un’idea affine al meretricio) col migliore offerente.

E, forse, mi sbagliavo...

Sì, perchè, da buon Filosofo (ma, anche da avvocato ed Economista) avevi fatto tuo il pensiero di Euripide, in base al quale “così come tutto l’aere è attraversabile per l’Aquila, tutta la Terra è Patria per l’uomo nobile. Personalmente sono stato un buon analista degli eventi storico – politico - sociali che hanno “fatto” l’Italia e ho partecipato ai moti rivoluzionari studenteschi degli anni ’70 ma temo di essermi “distratto” un po’ da quando, negli anni ’90, mi sono approfondito nei meandri dell’inconscio individuale inteso come costola di quel grande Inconscio collettivo che, su basi di Leggi di Natura, ci ha portato ad essere l’evoluzione di quello che è accaduto dal Big Bang ad oggi.

Dunque, facciamo un po’ di conti...

La Fiat nel 1984 con la UNO (che, personalmente, ho guidato, senza problemi, per oltre 445.000 km) si ritrovava un prodotto tra i più venduti dell’auto europea. Al punto che, grazie a lei, Torino poteva competere con Wolfsburg, sede dalla Volkswagen, per il primato continentale. Già da tempo la Olivetti del Grande Adriano aveva l’M24, il pc più venduto al mondoe, ciliegina sulla torta, i grandi sarti Italiani (da Giorgio Armani a Valentino, passando per Gianni Versace), aprivano le loro boutique nelle città internazionali più prestigiose e, il made in Italy incideva sui consumi e sull’idea di bellezza...

Caro Sergio...

Forse, “quel” 1984 segna il punto di arrivo di una industrializzazione partita quasi 100 anni prima, evolutasi come modello di “successo democratico” negli anni ’50 (in cui fioriscono le “fabrichette”del nord est capaci di rendere forti imprenditori, degli artigiani volenterosi), sopravvissuta al piombo degli anni ’70 (epoca del modello “Fordista” della sottomissione dell’uomo alla fabbrica) ma che inizia a Scricchiolare senza che, i più, se ne rendano conto.

Da “addetto ai lavori”, avrai ascoltato (con non poca apprensione) la celebre l’affermazione di Gianni Agnelli agli azionisti (e siamo ai primi anni ’90): “La festa è finita!”

Credo che nell’immaginario collettivo dell’Italia di quei tempi, la figura dei Savoia del dopo 1860/1870 sia stata incarnata dagli Agnelli; con molte similitudini (in chiaro scuro) perchè, se da una parte (con gli stabilimenti di Mirafiori) si è offerta opportunità di lavoro alla gente del Sud (così come, nel secolo precedente, gli si era stata data una Unità Nazionale con Garibaldi), da un’altra parte, si è impoverito ancora di più un comparto geografico già punito e ridimensionato (nella sua ricchezza culturale, economica e industriale del Regno delle due Sicilie) dal rigore ottuso dei “Piemontesi” Risorgimentali.

L’intera Finanza italiana, sotto la “protezione” e la “direzione” di Enrico Cuccio e della sua Mediobanca ha vivacchiato con la complicità della Democrazia Cristiana e (in parte) del Partito Comunista dell’epoca.

Ma perchè è cambiato Tutto? E soprattutto, da cosa nasce il Mondo Globalizzato?

Per quanto strano possa sembrare, tutto è cominciato dopo che il 9 novembre del 1989 i berlinesi accorsero armati di piccone per demolire una volta per tutte l’odiato muro, il cui crollo fu universalmente interpretato come un segno del fatto che la divisione in due blocchi dell’Europa stava definitivamente finendo.

Si, perchè, fino ad allora l’Europa (ma, di fatto, l’intero globo terracqueo, sul piano Politico) era divisa in due blocchi contrapposti con, al centro, l’ITALIA a fare da cerniera fra America e Unione Sovietica e a rappresentare una propaggine nel Mediterraneo (con “basi” politico economiche in Tunisia e Libia) con buoni rapporti verso Israele e legami ancora migliori con i Palestinesi di Yasser Arafat.

Una potenza, resa tale dai soldi (e dalla convenienza ricavata) delle due superpotenze

E così, la nostra Politica della Prima Repubblica ha tratto vantaggi enormi passando dalla stanzialita della Democrazia Cristiana e dal “molossismo” comunista verso la supremazia di Milano con il ridimensionamento di Torino e dei vecchi “salotti buoni”, con i Socialisti di Bettino Craxi prima (i quali, più degli altri, hanno confuso i bilanci del partito con le rendite personali) e con Silvio Berlusconi (che ha fuso definitivamente politica, economia, aziende e Televisione commerciale di Basso profilo) all’alba della Seconda Repubblica.

Nel mentre, il MONDO liberatosi dai ferrei confini della gelida “Cortina di ferro” del blocco Sovietico cambiava a ritmi vertiginosi consegnando sempre più la Politica (intesa come la Scienza e la Tecnica, che ha per oggetto la costituzione, l’organizzazione, l’amministrazione dello Stato e la direzione della vita pubblica) al potere economico.

Un uomo che ha figli, dona ostaggi alla fortuna (Paul Getty Senior)

Caro Sergio, una mente raffinata come la tua, non potrà convenire con me che, il modo di pensare di chi vuole soldi non come mezzo (per ottenere dell’altro...) ma, semmai, come finalità compulsiva atta a produrre altro danaro a scapito del bene collettivo, ha trattato la finanza in maniera diversa da quello che intendeva, di base, l’economia (ossia, l’organizzazione dell’utilizzo di risorse al fine di soddisfare, al meglio, i bisogni individuali e collettivi).

Quando si diventa ricchi, si scoprono opportunità e si aprono le porte dell’abisso che inghiotte ogni cosa (Paul Getty Senior)

A queste condizioni, un po’ alla volta, sfruttando la possibilità di un Mercato Globalizzato su cui non tramonta mai il sole, la Dittatura perfetta (con sembianze di democrazia) ha creato un sistema dove, grazie ai consumi e al divertimento (sulla scorta del “Panem et circenses” di antica memoria) gli schiavi amano la loro prigione senza (apparenti) mura al punto tale da non pensare assolutamente di fuggire, in quanto completamente dipendenti da essa...

E, nel 2004 (quando il futuro era già dell’Information Technology e delle start up agguerrite) sei arrivato tu al capezzale di una struttura non più rispettata, semismantellata, senza un modello di automobile in grado di competere con la concorrenza (che, nel frattempo aveva visto l’invasione della case asiatiche sempre più attente ai gusti occidentali, a prezzi molto concorrenziali) e capace di perdere milioni di Euro, ogni giorno.

Dicono che sia addirittura riuscito a sostituire, (quasi) ogni componente della tribù improduttiva degli Agnelli (tranne l’operoso e volenteroso John Elkan che hai voluto alla Presidenza della nuova FCA).

Alla luce di ciò, mi sembra che tu sia andato oltre l’opera di chi ha sostituito il Generale Cadorna dopo la sconfitta di Caporetto, mostrandoti capace di inglobare la terza casa automobilistica americana (la Chrysler) per realizzare un soggetto unico a dimensioni planetarie perchè, nel frattempo, Patria è divenuto quel posto ubiquitario in cui (per dirla alla Stendhal) incontriamo tante persone che ci somigliano.

Forse, è anche per questo che hai incarnato il tuo essere “personaggio” attraverso un anonimo maglioncino scuro (anche se di ottima fattura e con un po’ di narcisimo).

Se è vero che “i destini individuali e la quotidianità delle famiglie sono piccoli alberi nella foresta della Storia (Paolo Bricco - “Marchionne: lo straniero” – Rizzoli 2018), dicono di te che (pur avendolo nascosto all’interno di una Privacy blindatissima) i tuo sacri Lari siano stati il Rigore della figura del Carabiniere, il calore e la Forza della Famiglia e l’Importanza dello Studio: quindi, non sbaglierei di molto se dicessi che hai portato, nel tuo cuore, l’idea di quella Patria lasciata a tredici anni e ritrovata dapprima negli Italo Canadesi e, poi, ovunque ci fosse un interlocutore col quale parlare in maniera “dura ma giusta”.

E accanto alle sofferenze patite da chi non ha retto i tuoi ritmi (e che ti hanno reso particolarmente inviso) trovo un ragazzo che, durante un dibattito pubblico con Ferruccio de Bortoli (allora direttore de “Il Sole 24 Ore”) dice: “Se non fossi diventato un Manager, mi sarebbe piaciuto studiare Fisica, giusto per capire le traiettorie e movimenti della pioggia; perchè, fin da bambino, mi ha affascinato la pioggia che cade”.

E, alla fine, anche per te è giunto il momento di “andare”.

Ad un amico che mi ha scritto: “Tutto può finire in un attimo. Ma non hanno aspettato neanche il decesso. Ha perso i diritti civili e se ne sono sbarazzati”, io ho risposto: “Penso che abbia rappresentato l’emblema del nuovo modo di essere Sistema e, cioè, un organismo fagocitante con l’unico obbiettivo di autoalimentarsi (al riparo da evoluzioni utili), capace di sostituire ogni pezzo. Senza rimpianto o emozione. Con l’intento del profitto. In questo, i suoi discepoli lo hanno superato, sostituendolo senza rispetto alcuno”.

Caro Sergio, come qualunque grande realizzatore, ci sono state diverse decisioni per le quali sei stato aspramente criticato e che ti hanno chiuso in un mondo di austera, profonda anche se produttiva Solitudine...

La tua vita non è stata affatto facile, fin da quando hai lasciato i luoghi che amavi e hai perso, tragicamente, la tua sorella minore; ora, io vorrei solo ricordarti che ho letto da qualche parte (e ne sono convinto) che “Quando un Uomo bussa alla dimora della solitudine, ad aprirgli la porta è sempre Dio”.

Ciao Sergio. E buon viaggio


Giorgio Marchese – Direttore La Strad@


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