MondoCounseling
Cos’è
il dolore sociale? C’è differenza con la sofferenza o la
disperazione?
Il
termine sofferenza deriva dal latino e si lega con l’immagine
di colui che soffre, sopportando una pena e, soprattutto, resistendo
ad essa. Con dolore, si vuole identificare una sensazione
spiacevole, che affligge. La disperazione, invece connota uno stato
psicologico in cui si è determinato l’allontanamento di
qualsiasi speranza.
Il
dolore sociale
Questo
tipo di sofferenza colpisce non solo il malato in sé ma
l’intero "caregiver", ossia tutti coloro che
gli stanno intorno e che dovrebbero sostenerlo nel "percorso".
Ebbene, si tratta di una condizione oggi molto comune e, spesso,
purtroppo, sottovalutata. Il "sollievo", infatti, non va
percepito come un semplice beneficio fisico (quando lo capiremo, noi
medici?), ma deve comprendere anche una parte psicologica e sociale.
Particolarmente
importante è trasmettere l’idea che il dolore vada
ffrontato e curato dentro e fuori gli ambienti clinici (ospedali,
etc.). Intervenire sul "dolore sociale", infatti, vuol dire
anche migliorare l’aspetto clinico.
Inoltre,
spesse volte si guarda al medico, allo psicologo, allo
psicoterapeuta, al Counselor, come a cavalieri medievali corazzati di
un’armatura impenetrabile. Potrebbe anche essere vero ma,
proviamo a domandarci come mai, questi cavalieri medievali avessero
un elmo che rendeva impossibile osservare il loro sguardo.
Probabilmente per nascondere anche i momenti di paura, i momenti di
preoccupazione, i momenti di dolore... per non farli vedere
all’avversario.
E,
noi (da sofferenti), non pensiamo, spesso, che tutto il personale
sanitario sia impenetrabile?
Ma
non è vero che non venga coinvolto dalla sofferenza altrui,
perché, da professionista del settore, mi sento di dire che
"sono" e "siamo" esseri umani che, ascoltando,
osservando e vivendo accanto a chi soffre, si risvegliano dentro
tutti i momenti che erano stati depositati nella memoria dove si
trovano tutti i ricordi che ci hanno fatto soffrire.
Il
medico dovrebbe essere preparato (soprattutto, poi, lo psicoterapeuta
perché, durante il percorso di specializzazione, quest’ultimo
ha l’obbligo di svolgere un certo numero di colloqui di analisi
personale che dovrebbero "ammorbidirgli" la personalità)
però, di fronte al dolore degli altri, di fronte ad una
persona che ti esprime il proprio senso di impotenza, si risveglia in
te la compassione, che non è pena, ma che è quello
stato d’animo che ti fa partecipare a ciò che l’altro
prova, con la stessa passione.
A
quel punto, dovresti, come persona che opera in questo settore
sanitario, mettere da parte la presunzione, cioè la voglia di
curare o guarire ad ogni costo. Potresti provare, semmai a
stimolare nell’altro la voglia, la disponibilità a
lottare per uscire da tutto ciò.
Il
senso di stare accanto a chi soffre è quello di combattere
insieme, fino all’ultimo per scoprire, insieme, il senso e il
gusto di ciò che resta del "giorno". E quella,
paradossalmente, diventa vita "vera".
Quindi,
il sollievo dal dolore non è un mostrarsi vili di fronte alla
sofferenza: questo lo ha capito anche lo Stato italiano. Infatti c’è
una legge che garantisce il massimo dell’assistenza per le
persone che soffrono, sia psicologicamente che fisicamente,
concedendo la possibilità di assumere dei farmaci analgesici
che fino a non molto tempo fa era difficile reperire e poter offrire
a questi individui.
Noi
possiamo stare accanto alla persona, ma il nostro compito non si
esaurisce lì. Il nostro compito deve andare oltre, deve
consistere nell’aiutare la persona, non a convincerla, ma
aiutare la persona a cercare in ogni anfratto della propria memoria i
motivi per continuare. Noi dobbiamo andare, come si fa con i
campanacci o con i fischietti quando ci si reca sul posto di una
slavina, di un naufragio, di un atterraggio di emergenza di un aereo
che si è disintegrato (per cui bisogna cercare i superstiti) e
si cerca di richiamare l’attenzione affinché qualcuno
possa dire "Sono
qui, sono qui! Venitemi a salvare!" Ecco, il
calore umano svolge quella funzione. Svolge la funzione di richiamare
l’attenzione delle parti migliori di quella persona, affinché
quella persona possa dire...
"Sono
tornata. Quindi, grazie alla tua presenza sono disponibile a far sì
che, insieme, possiamo combattere".
Giorgio
Marchese - Medico Psicoterapeuta, Counselor
|