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La
ricerca internazionale sta ridisegnando i confini di ciò che è
utile per tenere in forma il nostro cervello, nonostante il passare
del tempo e i processi di invecchiamento. Pare che non ci si dovrebbe
dedicare soltanto al "Sudoku", ai giochini elettronici e
alle parole crociate. Passeggiate, musica e un bel pasto con un
bicchiere di vino rosso, completerebbe, in maniera equilibrata, uno
stile di vita attivo. Infatti, se i cosiddetti "mind games",
alla lunga, migliorano il rendimento cerebrale, il prendersi cura di
sé, attraverso queste modalità attiva il cervello e
agiscono direttamente sulla materia grigia.
Un
vero e proprio toccasana, come sempre più spesso viene
dimostrato, sembra essere la musica. Ricercatori della Ruhr
University di Bochum, Germania, hanno dimostrato che il cervello
di chi studia pianoforte o suona la tromba è più
plastico, a qualsiasi età. Ne gioverebbero le capacità
di linguaggio e la memoria. Ottimo per il nostro cervello anche
l’esercizio fisico: dalla University of Illinois giunge
la conferma che una passeggiata al giorno ha effetti positivi sulle
capacità esecutive come sul pensiero astratto.
Infine,
la tavola. Se fino a qualche anno fa i riflettori erano puntati sugli
Omega3, oggi sono i flavonoidi, presenti nei mirtilli come nel vino
rosso, a tenere banco. Un gruppo di ricercatori guidato da Jeremy
Spencer dell’Unviersità di Reading, Gran Bretagna, in
alcuni esperimenti su topi di laboratorio ha dimostrato che questi
composti, se assunti regolarmente con il cibo, migliorano la memoria
e proteggono contro le degenerazioni neurali. Ottimo anche il
magnesio, che uno studio del Mit di Boston ha dimostrato favorire la
produzione di nuovi neuroni nell’ippocampo.
Ovviamente,
la pensione non aiuta la memoria
Prima
si va in pensione, prima la memoria perde colpi. E’ la tesi
avanzata da uno studio internazionale, condotto prima negli Stati
Uniti, poi in Inghilterra e in altri undici Paesi, pubblicato
sul Journal of economic perspectives. "Ne
deriva che, di fatto, il lavoro costituisce una componente di primo
piano per far sì che la gente continui a riflettere nel modo
migliore", commenta Laura L. Carstensen, responsabile del centro
per la longevità dell’Università di Stanford.
I
ricercatori hanno notato che, in media, i pensionati non rispondono
bene ai test cognitivi: in particolare, agli ultracinquantenni
sottoposti al test di memoria, veniva richiesto di ricordasi 10 nomi,
immediatamente e a distanza di 10 minuti da quando li avevano
ascoltati. Il punteggio massimo era 20. Gli Usa hanno avuto la media
del punteggio più alta (11/20), l’Italia (7/20) e la
Spagna (poco più di 6) il più basso.
Gli
autori dello studio, Robert Willis (professore di economia
all’Università del Michigan) e Susan Rohwedder
(direttore del centro Rand per lo studio dell’invecchiamento a
Santa Monica), sostengono che i risultati dipendano dalle differenze
nell’età del pensionamento. Nei Paesi dove il punteggio
è più alto, si va in pensione più tardi rispetto
a quelli con punteggio più basso, dove, grazie a politiche
contributive e incentivi, si abbandona il posto di lavoro in età
più giovane.
Non
tutti gli esperti del settore però concordano con questo
studio: "L’approccio è interessante. Ma le
correlazioni non dimostrano un rapporto di causa - effetto",
sostiene Hugh Hendrie, professore di piscologia alla facoltà
di medicina dell’Università dell’Indiana.
Leggere
e studiare rallenta l’invecchiamento
Un
team dell’Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico
Fondazione Santa Lucia di Roma, ha analizzato, con la risonanza
magnetica, 150 pazienti tra i 18 e i 65 anni, dimostrando che si può
rallentare l’invecchiamento del cervello con un po’ di
"ginnastica mentale". Studiare, scrivere, leggere e
applicarsi a qualsiasi interesse intellettuale che stimoli passione e
curiosità , ha un’influenza decisiva
sull’integrità del cervello, sia dal punto di vista
strutturale che funzionale. D’altronde, già nel 2009, si
era scoperto che, a livello dell’ippocampo, ogni giorno,
nascono migliaia di nuovi neuroni che restano in vita tanto più
a lungo quanto più si continua a studiare divertendosi.
Questo
meccanismo è facilmente spiegabile nelle motivazioni.
L’ippocampo, infatti, è responsabile della
memorizzazione del materiale appreso ma, al tempo stesso, giuoca un
ruolo importante nella modulazione nella genesi delle emozioni.
Quindi, ecco perché più ci si diverte, meglio si impara
e più a lungo durerà il cervello.
La ricerca,
pubblicata già da tempo dalla rivista Human Brain Mapping,
evidenzia che un’istruzione scolastica più lunga e una
maggior abitudine alla concentrazione mentale, è in diretta
correlazione con la compattezza strutturale dell’ippocampo,
l’area che presiede alla funzione della memoria a lungo termine
e che è tra le prime a deteriorarsi quando s’instaura
l’Alzheimer. Sono avvantaggiati quei pensionati che hanno
sempre svolto un lavoro stimolante, per i meno fortunati non è
mai troppo tardi per recuperare: basta tenersi curiosi e attenti
anche dopo la vita lavorativa. Sono circa un milione in Italia i
pazienti affetti da demenza senile, 600 mila con Alzheimer; il costo
medio annuo che la famiglia del malato deve affrontare è di 60
mila euro.
Il
geriatra Luca Cravello, ricercatore della Fondazione Santa Lucia,
fornisce dieci consigli utili per contrastare il decadimento
cognitivo:
Leggere un
quotidiano tutti i giorni e almeno un libro al mese;
Sforzarsi di
ricordare i nomi ricorrendo ad associazioni mentali;
Navigare sui
motori di ricerca online;
Imparare una
lingua straniera;
Imparare a
memoria una canzone e suonare uno strumento;
Conversare
spesso, specialmente con i giovani;
Coltivare un
hobby con passione e fare esercizi di enigmistica;
Frequentare
circoli culturali e l’università della terza età;
Fotografare,
dipingere o frequentare musei;
Tenere
un’agenda quotidiana e assegnare un posto ad ogni oggetto.
Utili
spunti di riflessione
"Sono
certo che parte della longevità sia legata alla consapevolezza
che non bisogna smettere di essere curiosi e dedicarsi alle passioni
intellettuali". È quanto scrive l’oncologo
Umberto Veronesi nel suo ultimo libro (del 2012), Longevità.
Veronesi
concorda sul fatto che la vita si sia allungata molto nell’ultimo
secolo (Nel 1921 gli ultracentenari in Italia erano 49, nel 2004
erano 7700), ma non sono abbastanza chiare le motivazioni effettive.
"Applicare
alla salute della mente, le regole motivazionali"
Sostanzialmente,
un invito a non perdere gli interessi culturali man mano che l’età
avanza: questo, costituirebbe la chiave di accesso ad un’anzianità
serena e duratura.
Gli
stimoli, e il modo di reagire ad essi, sono fondamentali
L’amore
verso le persone, gli animali e le cose, favoriscono reazioni
positive a qualsiasi frustrazione. "Per questo,
ciascuno di noi, può stabilire paradossalmente, quando
morire... perché, nel momento stesso in cui si rinuncia ad
invecchiare consapevolmente, si rinuncia inevitabilmente a se
stessi". L’obiettivo, quindi, è quello di
valorizzare il contatto (e il dialogo) con se stessi, a qualsiasi
età, soprattutto quella in cui si è maggiormente
vulnerabili.
In
conclusione...
"Credo
di essere innamorato della curiosità in se stessa. Non mi
accontento mai, la mia mente non è mai ferma. Amo il fatto di
essere nato curioso e sono convinto che a tutti sia stato dato il
medesimo dono, che poi è il senso dell’essere longevi.
Più anni abbiamo a disposizione più possiamo imparare e
conoscere" (Umberto Veronesi)
A
questo punto, un suggerimento: provate a bussare alle porte del
Counseling... oltre quell’uscio, troverete quello che serve,
per capire in che modo, vivere quell’attimo eterno che nasce
quando, dalla sofferenza, sorge il senso vero, autentico, della
nostra presenza sulla Terra!
G.
M. - Medico Psicoterapeuta, Counselor (14 Agosto 2014)
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