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Stress, epigenetica e disordini neuropsichiatrici.
di Giorgio Marchese  ( direttore@lastradaweb.it ) e di Fernanda Annesi  ( fernanda_65@yahoo.it )

29 ottobre 2015



La proposta del Counseling.


MondoCounseling

Giorgio Marchese - Medico Psicoterapeuta, Counselor - Presidente Neverland (Scarl - No Profit - ONLUS) -31 gennaio 2013

Da tempo, la scienza ci spiega che, eventi stressogeni che avvengono durante l’infanzia e l’adolescenza influenzano, in età adulta la maturazione cerebrale e il comportamento. Ne consegue che un eccesso di stress si traduce, anche, nella comparsa di disordini neuropsichiatrici.

In uno specifico lavoro (Minae Niwa, Hanna Jaaro-Peled, Stephanie Tankou, et al. Adolescent Stress-Induced Epigenetic Control of Dopaminergic Neurons via Glucocorticoids. Science 18 January 2013: Vol. 339 no. 6117 pp. 335-339) viene descritto un meccanismo mediante cui l’esposizione ai glucocorticoidi (il cui principale ormone è il cortisolo, l’ormone dello stress) nell’adolescenza si associa ad un controllo epigenetico (un meccanismo in base al quale si modifica la lettura dei geni del DNA con conseguente alterazione nella produzione di proteine, rispetto agli schemi previsti).

In un modello sperimentale di topo di età corrispondente all’adolescenza umana, che presentava una predisposizione genetica al rischio di manifestare disordini neuropsichiatrici, è stato osservato che lo stress influenza le proiezioni mesocorticali (nelle zone coinvolte nella produzione delle emozioni) dei neuroni dopaminergici attraverso l’ipermetilazione del DNA del gene tirosina idrossilasi. In pratica si attua un meccanismo in base a cui lo srotolamento del DNA (per essere letto in RNA e avviare la stimolazione della produzione di specifiche proteine).

Questi cambiamenti molecolari risultavano associati a deficit neurochimici e di comportamento e scomparivano se ai topi venivano somministrati antagonisti dei recettori dei glucocorticoidi, in grado di ingannare l’organismo per fargli credere di non essere sotto stress.

Come possiamo definire lo Stress?

Un’accelerazione metabolica psicofisica, con reazione emozionale intensa, che superi lo stato di fisiologica "tensione".

Quando si manifesta lo Stress?

Ogni volta che ci si debba adeguare a variazioni considerevoli del mondo esterno (ambientali, sociali, lavorative, familiari, etc.) o del mondo interno (fluttuazioni del tono dell’umore, oscillazione del bioritmo funzionale di organi ed apparati).

A questo punto, una serie di precisazioni, che non guasta ribadire.

Adeguarsi, significa assumere la norma di vita o il comportamento più idoneo, rispetto alle circostanze.

Ci si può adeguare attraverso la messa in atto di sistemi di adattamento, oppure subendo il mutare degli eventi (esterni e/o interni)

Con il termine "adattamento" si indica la capacità di accomodarsi alla meglio, creando dei nuovi equilibri, rispetto alle condizioni che si presentano.

Attraverso il "subire" ci si adegua al mutare degli eventi, con rassegnazione, cercando di reprimere la "legittima" ribellione interna.

Quanti tipi di Stress esistono?

Sostanzialmente due, uno in eccesso e l’altro in difetto, rispettivamente definiti iperstress ed ipostress.

Come è possibile essere stressati in difetto?

Ci dobbiamo rifare alla definizione di stress, data all’inizio. Si parla, infatti, di accelerazione metabolica psicofisica: l’accelerazione, in fisica, indica non un aumento di velocità ma solo una sua variazione, che può avvenire in eccesso od in difetto.

A seguito di ipostress, si genera la noia, pericolosissima perché foriera di assenze motivazionali, responsabili di problematiche impegnative fra cui:

quadri depressivi "endogeni";

ricerca di emozioni "forti" attraverso esperienze pericolose.

L’ipertstress, è sempre negativo?

L’iperstress viene vissuto in due modi, a seconda che produca attivazioni positive cui noi riusciamo ad adattarci, oppure stimolazioni che, alla lunga, ci danneggiano. Il primo viene definito eustress (stress positivo), il secondo distress (stress negativo).

Possiamo concludere che, fino a quando riusciamo ad adattarci alle variazioni della vita, produciamo eustress; dal momento in cui cominceremo a subirle, produrremo distress.

Quante volte, nella vita, siamo costretti ad affrontare problemi logoranti, senza avere il tempo di rigenerare adeguatamente la nostra energia?

Molti grandi uomini, una volta raggiunta la consapevolizzazione degli assurdi sociali, hanno perso mordente nel continuare e, in virtù dello stretto rapporto che esiste fra quello che pensiamo e ciò che determiniamo in noi (grazie alle diffusioni delle emozioni, attraverso il sistema limbico), hanno deciso di terminare anzitempo la loro esistenza terrena, attraverso la produzione di patologie inguaribili.

Per quanto riguarda noi "comuni mortali", ogni tanto, quando entriamo in crisi per aver pensato quello di cui stiamo parlando, creiamo un vuoto di relazioni. Il più delle volte si cerca una strada per continuare a mascherarsi da persone sicure, fino ad arrivare a sistemi come alcol e droghe che servono a stordire i sensi di inferiorità (salvo poi viverli "amplificati" alla fine dell’effetto di questi tossici).

In verità, l’individuo contemporaneo tende a bloccare il dialogo con se stesso, per non sentire il fastidio nei propri confronti, derivante da scarse realizzazioni.

Qual è la strada da percorrere?

Non resta che continuare a puntare su se stessi, imparando a valorizzare sempre meglio le proprie potenzialità inespresse, così da affrontare le proprie debolezze e riuscire, finalmente, a stimarsi e proteggersi.

Con le esperienze che portiamo avanti (studio, lavoro, rapporti interpersonali, etc.), "evolviamo" la nostra persona e l’energia a nostra disposizione... e poi, un giorno, la restituiremo! Potrebbe essere questa, la base da cui trae spunto l’evoluzione globale dell’ambiente, per cui ogni generazione si ritrova più "avanti" della precedente. Ruoterebbe intorno a ciò, in fondo, il motivo per cui siamo chiamati a vivere: evolvere e condividere.

Counseling Empowerment

Ossia la capacità di gestire le proprie capacità per agire, sia sul piano strettamente personale, che di conseguenza, nella Società, come essere umani protagonisti e non spettatori della propria vita.

Questa è la risposta.

 

Fernanda Annesi - Biologa CNR, Counselor

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