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Curare i malati terminali...
di Giorgio Marchese  ( direttore@lastradaweb.it )

12 ottobre 2011



C'è chi dice no.


Counseling News

Un gruppo di 37 studiosi di tutto il mondo, guidati dal professor Richard Sullivan del King’s College di Londra, ha pubblicato su Lancet Oncology i risultati di una ricerca di dodici mesi che sta agitando la comunità scientifica internazionale.

Ogni anno, circa 12 milioni di persone ricevono una diagnosi di cancro. Sulla base del trend in crescita, la cifra stimata delle persone che si ammaleranno, potrebbe salire a 27 milioni entro il 2030. I costi dei trattamenti arrivano in questo momento a 893 miliardi di dollari e, solo in Gran Bretagna la spesa per le terapie oncologiche, è passata dai due miliardi di sterline del 2002 ai cinque di oggi.

Così recita il documento pubblicato su Lancet

"I dati dimostrano che una sostanziale percentuale delle spese per cure anticancro avviene nelle ultime settimane e mesi di vita dei pazienti. E che in larga percentuale queste cure non solo sono inutili, ma anche contrarie agli obiettivi e alle preferenze di molti malati e delle loro famiglie. Purtroppo, stiamo correndo lungo una traiettoria che non ci possiamo più permettere. Non basta tenere a freno i costi. Dobbiamo anche ridurli. Altrimenti saremo costretti a coprire solo parzialmente le cure e, a quel punto, le disuguaglianze tra ricchi e poveri diventeranno sempre più nette".

Dal 1970 al 2011 nel Regno Unito i farmaci antitumore sono saliti da 35 a 100. Solo negli ultimi sei mesi ne sono stati approvati otto. Medicinali che hanno un costo medio di 2500 sterline a settimana.

Riflessioni

Cosa c’entra una notizia come questa, col mondo del Counseling? Proviamo a metterci nei panni di chi ha scoperto di avere un tumore. "Caro signore, lei ha un tumore al pancreas. E anche in uno stadio avanzato. Non sappiamo se e quanto potremo curarlo!" - "Io, fino a quel momento, non sapevo neppure cosa fosse il pancreas!" (Steve Jobs)

Come ci sentiremmo?

E se, in aggiunta, ci rendessimo conto che, all’improvviso, fossimo diventati anche un peso, per la Società? Dovremmo subire una doppia afflizione (accettare la malattia e subire la discriminazione) in un momento di considerevole vulnerabità!

Come credete che reagiremmo?

Per evitare la tentazione di "lasciarsi andare", è necessario modificare l’approccio con la persona, prima che con la malattia. Rispetto dello condizione di inferiorità soggettiva; comprensione dello stato d’animo confuso; accettazione della paura altrui; condivisione dei momenti difficili per elaborare, insieme, una strategia operativa che, pur tenendo conto dei protocolli terapeutici (farmacologici o chirurgici), individui elementi oggettivi in grado di determinare la motivazione per continuare a combattere. Arricchendo la componente della propria dignità, in quanto persona e non malattia. Interessante, vero?

Tutto questo è Counseling!

 

Fonti

  • www.edott.it

 

G. M. - Medico Psicoterapeuta / Counselor - Presidente Neverland (Scarl - No Profit - ONLUS)

 

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