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Dentro gli occhi.
di Fernanda Annesi  ( fernanda_65@yahoo.it )

28 agosto 2018






Come su uno specchio troppo piccolo.


Pensieri degli anni difficili - 124

 

 

Può essere banale come argomento. Se ne è detto tanto e in tanti ne hanno scritto. Ma quest’oggi, qui, anche se il sole non è ancora sceso e lo sento alle mie spalle, mi viene da rifletterci e parlarne.

Mi siedo di sfuggita e col sorriso sul mio viso, mi adagio, osservando sempre più dentro, cercando di capire e percepire.

Le palpebre socchiuse, appesantite dai dolori della vita. Non posso non notarle e con quella spontaneità che ormai accompagna ogni mio gesto o azione e, senza riuscire a fermare le parole, le accarezzo con lo sguardo. Provando un moto di tenerezza.

Le ultime giornate, vissute nell’aria ormai più fresca della sera che si inoltra piano piano nella notte. Quattro passi inseguendo un cielo di stelle un po’ meno intense, offuscate dall’autunno che incalza, senza però pretendere. Lentamente.

Percorrere una curva, aver già superato l’angolo e, anche se la percezione è quella di tornare indietro, in realtà non è così. Si sta andando oltre!

La spiaggia a fine estate!

Restiamo, in attesa, fin da quando il sole è alto, aspettando il momento in cui il silenzio ricoprirà ogni cosa. Assaporando. Rifletto a voce alta trasmettendo, con un po’ di tristezza, tutto ciò che sento quando il sole raggiungerà la linea dell’infinito e si immergerà dentro l’acqua, che quest’oggi sembra un lago. Solo leggermente movimentato dal volo dei gabbiani e animato dall’intensità del nostro sguardo, che ci fa attenti spettatori di un istante di profonda vitalità regalato dalla Natura.

Riesco finalmente a decifrare e interpretare quel senso di tristezza che rimane dopo. Quando i colori degli ambienti perdono lo splendore dei raggi e il tutto sembra addormentarsi sotto una nube un po’ offuscata, che porta via quello che ha vissuto nelle ore di luce.

Comunico a voce alta qualcosa di me, che ancora non ho ben capito fa bene alla mia persona oppure rappresenta una debolezza.

Potrei nutrire il mio spirito della visione dei tramonti di mare, chiusi in un angolo di terra, aspettando il raggio verde, nella speranza di vederlo anche solo per una volta. Ma..., non resisto, voglio andare via prima che il sole tocchi l’acqua.

Quando non è più il pieno dell’estate, dopo rimane un po’ di tristezza per le tonalità che risultano spente e non addormentate. Ancora ho però un po’ di tempo.

L’aria fresca e frizzante invita ad un bagno un po’ proibito, in sola compagnia dei gabbiani che assumono sul corpo il colore dell’argento.

Guardo la linea dell’orizzonte e mi vedo nel profondo dei miei occhi commossi e inumiditi. In questi momenti, quando l’armonia è fusa completamente fra la mia anima e la Natura, potrei raccontare tutto quello che vive nella parte più nascosta di Fernanda. Quello che sfugge alla mente in questo istante e si lascia trasportare dalla spontaneità. Senza ostacoli né inibizioni. La verità.

Mi sveglio, sfibrata da una serata di rabbia non cercata o usata come pretesto, ma reale. Forse accesa da due parole dette lì con noncuranza, per far cadere l’attenzione su quello che vedono tutte le persone che mi stanno attorno, tranne me.

Con noncuranza?

Mi arrampico su di uno specchio troppo piccolo, che non riesce a contenere il peso della mia angoscia, troppo stretto per rinchiudermi tutta in una immagine. E allora delicatamente lo lascio scivolare verso il basso, lo guardo sul pavimento della mia vita e ne raccolgo i frammenti. Con amarezza mi accorgo che la rabbia è ancora dentro. È fin dentro gli occhi che non vogliono vedere, sono carichi di risentimento, non mi appartengono e me ne dispiace.

La speranza si accende nel tardo pomeriggio del giorno che viene dopo. Uno spicchio di cielo azzurrato mi solleva dal mio letto di pensieri e, anche se sento la stanchezza dei giorni passati, la mia carica mi sostiene convincendomi ad uscire.

Con le mani nelle tasche attraverso un breve tratto un po’ tortuoso che mi porta sulla pista del decollo. Da lontano mi piace proiettare lo sguardo e concentrarlo all’interno della galleria coronata dai rami degli alberi che, pur essendo giovani, si incrociano abbracciandosi d’affetto. Sono immobile e ferma e vedo l’infinito. Solo note senza le parole, incomincia il mio viaggio, nuovo nel percorso, sono curiosa e ansiosa più che mai di sentire quello che torna indietro. È come portare le sensazioni che alimentano la parte più vitale di me stessa in un’altra posizione, quasi a metterle alla prova e vedere se quello che brilla e fa brillare è luce naturale o solo riflessa.

Corro....senza vedere.

Fernanda 23 settembre 2009

One-U2
da Achtung Baby (1991)

Uno

Ti senti meglio
o non sei migliorata
diventerà più facile per te
ora che hai qualcuno da biasimare

Tu dici
un amore
una vita
quando è solo un bisogno
nella notte
é un amore
che dobbiamo condividere
che ti lascia
se tu non te ne preoccupi

Ti ho deluso?
o ti è rimasto l’amaro in bocca?
ti comporti come se non fossi mai stata amata
e vuoi che io ne faccia a meno
bene, è troppo tardi
questa notte
per tirare in ballo il passato
per portarlo alla luce
noi siamo uno
ma non siamo gli stessi
dobbiamo sostenerci a vicenda

Sei venuta a chiedere perdono?
sei venuta a riportare in vita ciò che è morto?
sei venuta qui per comportarti come Gesù?
verso i lebbrosi che pensi di avere nella tua testa?

Chiedo troppo?
più di quanto sia dovuto?
tu mi hai dato niente
ed ora è tutto ciò che ho
noi siamo uno
ma non siamo gli stessi
ci feriamo a vicenda
e poi lo rifacciamo ancora

Tu dici
l’amore è un tempio
l’amore è la più nobile delle leggi
mi hai chiesto di avvicinarmi
ma poi mi hai fatto strisciare
ed io non posso continuare a sopportare
il modo in cui ti comporti
se l’unico modo che conosci è ferire

Un amore
un solo sangue
una vita
devi fare ciò che devi
una vita
insieme
sorelle
fratelli...

 

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