Alla
luce della mia esperienza professionale, ho avuto modo di riscontrare
come i libri scolastici siano in genere (non sempre) di un tedio
mortale, in quanto aridi, se non addirittura vuoti, spesso banali,
convenzionali o stereotipati, per cui non agevolano affatto l’opera
dell’insegnante, ma al massimo servono quali noiosi eserciziari e
testi di verifica. Ne consegue che la passione per i libri e la
cultura non si potrà mai accendere in seguito ad uno studio
acritico, cioè meccanico e mnemonico, condotto sui testi
adottati a scuola, che rischiano di sortire l’effetto esattamente
contrario, ossia il disamore e la disaffezione verso lo studio, i
libri e la scuola.
La
ripetitività e la prevedibilità sono le più
acerrime ed antitetiche avversarie della passione e
dell’immaginazione creativa.
Le
prime provocano la morte spirituale, la cessazione del "viaggio
intellettuale" che un buon libro riesce a stimolare. Viaggio
inteso e vissuto come incessante avventura dello spirito e
dell’immaginazione.
Le
seconde suscitano quegli input utili e necessari all’opera della
ricerca e della scoperta del sapere, da vivere come un piacere
ludico, un divertimento. Voce che, non a caso, discende dall’etimo
latino "di-vertere", che sta per variare, deviare, cambiare
e diversificare. Vale a dire l’esatto contrario della ripetitività,
della prevedibilità e della monotonia, che generano noia ed
uccidono il desiderio della conoscenza, spegnendo la fiamma che
spinge ad impossessarsi del sapere e della cultura.
È
questo il fine primario della scuola: accompagnare i ragazzi nel
viaggio "avventuroso" che li conduce alla vera mèta,
ossia il piacere della scoperta e del sapere, non certo il voto
scritto sulla pagella. Gli alunni (ed i loro genitori) dovrebbero
comprendere che lo studio e l’istruzione scolastica servono alla loro
maturazione culturale ed al loro avvenire, e non a conseguire buoni
voti, come invece accade nella stragrande maggioranza dei casi e
nella migliore delle ipotesi, ben sapendo che numerosi allievi non
amano affatto lo studio.
In
tal senso, il compito precipuo dell’insegnante meritevole, è
proprio quello di saper motivare ed incentivare gli allievi allo
studio, non tanto fine a se stesso, bensì per imparare a
godere il piacere di apprendere, per nutrire la passione verso la
cultura, intesa e vissuta come una "avventura interminabile",
una ricerca incessante ed una scoperta interiore, non certo per
ottenere dei voti positivi e la promozione. Il maestro meritevole,
capace e brillante, dunque da premiare e valorizzare, è colui
che sa "contagiare" i propri allievi attraverso il "virus"
dell’amore per i libri, lo studio e la conoscenza, la vita ed il
mondo.
Lucio
Garofalo
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