È
ormai imminente l’avvio del nuovo anno scolastico. La sede in cui
dovrò prestare servizio è quella dell’anno scorso:
dista pochi chilometri dal luogo in cui attualmente abito ed è
un ambiente, tutto sommato, vivibile e pacifico. Almeno per il
momento, gli effetti velenosi della "Buona Scuola" non sono
stati inoculati. Ecco il punto che mi preme sollevare: la spinosa e
famigerata questione della "Buona Scuola", com’è
stata ribattezzata la "riforma" renziana della scuola.
L’anno appena trascorso è stato di transizione, ma ora si
aprirà sul serio una fase difficile e regressiva (temo) nella
storia della scuola italiana. Si prospetta una stagione tormentata
dagli effetti destabilizzanti e distorsivi prodotti dall’applicazione
della legge 107/2015. Gli scenari ipotetici delineati da molti
analisti, lasciano supporre che l’istituzione del superpreside (la
"nuova" figura dirigenziale è inequivocabilmente
dotata di poteri, oneri e responsabilità a dir poco
spropositati) e della "chiamata diretta" finirebbero per
innescare "fatalmente" un incremento delle vertenze e dei
ricorsi nelle realtà caotiche di numerose scuole. Potrebbe
inasprirsi il clima di tensioni e polemiche tra i docenti stessi e
gli altri soggetti che vivono quotidianamente le crescenti, esplosive
contraddizioni insite nel mondo della scuola, accentuando
sensibilmente alcune dinamiche conflittuali. A ciò si aggiunga
l’introduzione dei "bonus", cioè di meccanismi
premiali per la "valorizzazione del merito".
Tradotto
in soldoni, si andrebbe a premiare in maniera privilegiata chiunque
asseconderà la linea politica seguita dal dirigente
scolastico, non certo chi lavora e fa il proprio dovere in classe. Si
tratta di un’operazione perversa che risponde ad una precisa finalità
di cooptazione, ovvero di integrazione delle voci critiche scomode e
fastidiose.
In
sostanza, è un astuto espediente funzionale a un disegno di
normalizzazione/neutralizzazione strisciante del dissenso. Come
oramai avviene un po’ dovunque nella nostra società. Per cui
si profila all’orizzonte il rischio subdolo, ma concreto, di
un’impennata del numero dei reclami e delle controversie di tipo
legale.
Non
è assurda, né distante dal vero, l’ipotesi che tutto
ciò finirebbe per suscitare un clima relazionale rancoroso e
ridurre le scuole in contesti quasi invivibili, alienanti,
attraversati da crisi frequenti e contrasti laceranti. Insomma,
ambienti intossicati da rapporti di sudditanza e di sopraffazione, o
"teatri di battaglia" mai visti prima. In ogni caso, colgo
l’occasione per augurarvi un sereno incipit d’anno scolastico.
E
che la "buona sorte" ci assista.
Lucio
Garofalo
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