La
voce del “Grillo”
Ieri
pomeriggio (il 20 agosto N.d.R.), durante il dibattito al Senato,
Matteo Renzi ha sbugiardato Matteo Salvini citando alcuni versetti
tratti dal Vangelo.
"Secondo
Matteo", ovviamente! Ora, a parte le battute ed uscendo fuori da
ogni metafora, i due burattini di nome Matteo (Renzi & Salvini),
protagonisti del teatrino politico nazionale, non mi pare che
esprimano la stessa cosa dal punto di vista di un’analisi marxiana,
ovvero sotto il profilo della classe sociale di riferimento. Entrambi
sono senza dubbio due risvolti della stessa medaglia.
Il
primo, Renzi, è l’espressione del Capitale monopolista delle
multinazionali, del grande Capitale cosmopolita, anonimo e globalista
dell’alta finanza internazionale: guarda caso, il Partito
Democratico, dopo il disastroso crollo del Ponte Morandi di Genova,
si arroccò in una posizione di difesa strenua delle
concessioni delle autostrade italiane al gruppo multinazionale
Benetton, e si schierò contro la minaccia di revoca
paventata dal governo giallo-verde.
Il
secondo, Salvini, è il referente della media e piccola
borghesia nazionale, rappresenta gli interessi materiali e le
franchigie residuali della piccola e media imprenditoria del Nord
Italia.
Per
cui, entrambi i Matteo non mi pare che incarnino esattamente la
medesima cosa. Sotto il profilo strategico-politico, suppongo che lo
stesso Lenin avrebbe valutato diversamente i due esponenti politici
in funzione proprio della strategia di lotta delle classi
lavoratrici.
Da
parte mia, ritengo che, in questa fase storica, gli scopi e gli
interessi concreti di gran parte delle masse popolari e lavoratrici
del nostro Paese, coincidano con una battaglia ed una rivendicazione
a netto favore del ripristino di quella sovranità popolare,
democratica e costituzionale che va ristabilita sul terreno
nazionale.
Senza
mai smarrire, né sminuire quella prospettiva rivoluzionaria di
respiro internazionale ed internazionalista. Quindi, nell’ottica
dell’internazionalismo proletario e comunista, e non del "globalismo"
capitalista, mercantile e neoliberista, di cui il Matteo toscano e
"democratico" (vale a dire quello "buonista") è
tra i referenti politici di maggior rilievo.
Per
quanto mi riguarda, sono entrambi assai detestabili. Eppure, il
Matteo da Rignano sull’Arno si è rivelato di gran lunga
l’esemplare peggiore fra i due. E non per gli aspetti più
folcloristici (diciamo così), minimalistici ed esteriori,
bensì per altri motivi, assai più solidi e concreti.
Entrambi li abbiamo visti all’opera in azioni di governo: Renzi ha
dimostrato di essere il peggiore dei due proprio con i fatti, i
provvedimenti e con le misure adottate sul terreno delle politiche
sociali ed economiche, rivelatesi antipopolari ed ostili ai
lavoratori: il Jobs Act, lo Sblocca Italia, la Buona Scuola e via
discorrendo, tutte quelle "schiforme" che hanno smantellato
ed azzerato in pochi anni i diritti e le tutele sociali residuali
delle classi lavoratrici del nostro Paese.
Lucio
Garofalo
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