Le
cosiddette unioni di fatto, ossia quelle convivenze stabili tra due
persone non legate tra loro da vincolo matrimoniale, trovano, nel
nostro ordinamento giuridico, una tutela parziale e limitata quali
formazioni sociali in cui i singoli individui esprimono la loro
personalità, secondo l’art. 2 della Costituzione.
E’
opportuno precisare che la mancanza del matrimonio non incide sulla
tutela dei diritti dei figli nati dai genitori non coniugati, essendo
essi, per espressa disposizione legislativa, equiparati ai figli nati
da genitori sposati, mentre l’esigenza di una regolamentazione
completa si avverte per la tutela dei diritti dei due partner, anche
in conseguenza dell’influenza delle legislazioni di altri Paesi
che hanno riconosciuto le unioni di fatto.
Pertanto,
considerato che l’attuale legislazione attribuisce alla famiglia di
fatto effetti giuridici solo in relazione ad alcuni ambiti
circoscritti (ad. es. in materia di locazione, è previsto il
diritto di succedere nel contratto di locazione anche alle persone
conviventi con il conduttore; nell’ambito del processo penale è
prevista la facoltà di astensione dal deporre contro
l’imputato anche per il convivente more uxorio; la legge
finanziaria 2006, in ordine all’alienazione degli alloggi
popolari prevede che, ove vi sia rinunzia da parte dell’assegnatario,
subentri nel diritto all’acquisto anche il convivente more
uxorio purché la convivenza duri da almeno cinque anni; in base alla Legge n.142/90 è concessa ai Comuni la possibilità di istituire un
registro per le unioni civili), è diventato frequente il ricorso al “contratto di convivenza” per regolare i rapporti tra i conviventi, sopratutto quelli economici e patrimoniali.
Si
tratta di un contratto atipico che può essere formalizzato
mediante una scrittura privata -con firme autenticate da un notaio- o
con atto redatto da notaio, e può disciplinare aspetti quali:
la suddivisione delle spese quotidiane, l’abitazione comune,
l’inventario e l’amministrazione dei beni personali, la
regolamentazione dei rapporti patrimoniali in previsione di una
ipotetica cessazione del rapporto, la delega per potersi occupare del
partner in caso di malattia.
Per
quanto riguarda i diritti
successori,
in mancanza di norme che attribuiscano diritti in tal senso al
convivente superstite, ognuno dei conviventi può nominare
erede l’altro mediante la redazione di uno specifico testamento,
nelle forme prescritte dal codice civile.
Bibliografia:
-
Diritto di famiglia-Repertorio sistematico di giurisprudenza, di Viganò Giulia, Rimini Carlo , CEDAM - Anno 2009
-
Commentario del codice di procedura civile. Art.
721-736 bis. Procedimenti in materia di famiglia e
stato delle persone, di Vullo Enzo, Zanichelli, 2013
Erminia
Acri-Avvocato
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