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La medicalizzazione del lutto.
di Giorgio Marchese  ( direttore@lastradaweb.it )

20 febbraio 2014


Ogni "perdita", una pasticca?


La voce del Grillo parlante...

Una frustrazione, letteralmente, secondo la lingua italiana, è quello stato psichico di avvilimento e senso di impotenza, che consegue all’incapacità di fronteggiare determinate situazioni.

In sostanza, si tratta di uno stato di disagio che consegue al mancato soddisfacimento di un bisogno o di un desiderio. Ciò che determina tale stato di sofferenza o di fastidio si produce quando un ostacolo si frappone al raggiungimento di uno scopo.

L’ostacolo può essere interno o esterno a noi (problematiche caratteriali, agenti esterni a noi, etc.), attivo o passivo (in dipendenza da quanto incide la nostra volontà, sulla rimozione dell’ostacolo medesimo.)

La perdita di un affetto, a questo punto, può essere inquadrato come un tipo di frustrazione Passiva Esterna

La sofferenza (o frustrazione) per la perdita di una persona cara, può fare ammalare?

E se così fosse, quali sarebbero i criteri in grado di distinguere tra il dolore del lutto e una depressione cosidedetta "clinica"? Gli operatori del settore (psichiatri, psicoterapeuti e psicologi) discutono da anni intorno a questi interrogativi che, non a caso, sono stati uno dei temi più caldi e contestati nel lungo percorso di preparazione del DSM 5, la quinta e più recente edizione del Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali della American Psychiatric Association, il più prestigioso e utilizzato testo di riferimento del mondo in materia di salute mentale.

La nuova edizione, prevede, infatti la possibilità di diagnosticare uno stato di depressione, e quindi di somministrare i relativi farmaci (insieme ad un eventuale percorso di psicoterapia), anche subito dopo la perdita di una persona cara, mentre le versioni precedenti richiedevano che fosse trascorso un periodo di almeno due mesi dal lutto, senza modifiche umorali sostanziali. L’obiettivo era quello di ridurre il rischio di un’inopportuna assunzione di psicofarmaci dovuta a una medicalizzazione del lutto, che normalmente viene elaborato nel giro di qualche mese.

Uno studio condotto da un gruppo di epidemiologi della St George’s University of London (illustrato sulla rivista ON LINE "PLOS ONE") ha portato alla conclusione che, in Gran Bretagna, l’assunzione di antidepressivi e ansiolitici "post lutto" si è manifestato ben oltre le normali raccomandazioni del DSM IV. Si è hanno studiato 21.122 cittadini britannici ultrasessantenni che avevano perso il partner e non avevano utilizzato psicofarmaci nell’anno precedente all’evento, confrontandoli con un gruppo di controllo omogeneo per età e sesso. Dall’analisi dei dati raccolti è risultato che, rispetto al gruppo di controllo, il 9,5 per cento in più delle persone in lutto ricorreva a psicofarmaci nel periodo immediatamente successivo alla perdita, una percentuale che saliva al 17,9 a un anno di distanza.

Al di là della valutazioni circa la congruità dell’approccio farmacologico, vorremmo porre l’attenzione sul concetto frustrazione, che rappresenta (come espresso prima) uno stato d’animo di avvilimento e senso di impotenza e può essere affrontata e risolta, modificando il sistema di risposta nei confronti delle difficoltà che il mondo esterno procura.

Tuttavia, la difficoltà principale che si incontra nell’affrontare una frustrazione, consiste nel rifiuto ad accettare il fastidio prodotto dalla frustrazione medesima, che può essere affrontare attraverso un percorso di psicoterapia o, quando possibile, anche mediante l’approccio del Counseling.

Ciò che si vive dopo aver perso una persona cara, viene definito "periodo dell’elaborazione del "lutto" che, per essere metabolizzato (in un periodo variabile che, mediamente, dura sei mesi) necessita dell’attraversamento di 4 fasi, consequenziali In cui si determina una redistribuzione dell’energia mentale (in sofferenza per il "vuoto emotivo" creatosi) attraverso la realizzazione di altri rapporti umani e l’impegno in qualcosa di motivazionalmente valido avendo, come obiettivo, la tutela della propria identità che "deve" prevalere, in base a precise Leggi di Natura:

  • Stordimento (in cui si fa fatica a capire cosa sia accaduto)
  • Consapevolizzazione (durante il quale si prende atto della dolorosa realtà)
  • Rifiuto (che porta a reagire negativamente a quanto successo)
  • Accettazione (che apre la via al superamento)

Fonti

www.edott.it

Giorgio Marchese, Direttore La Strad@

 

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