"Spesso
è da forte, più che il morire, il vivere"
(Vittorio Alfieri).
La
bellissima immagine proposta come illustrazione dell’articolo (tratta
dal film “Il
monello”,
prodotto, diretto e intepretato da Charlie
Chaplin
nel 1921) basterebbe da sola, a spiegare, se socchiudessimo gli occhi
e contattassimo la nostra interiorità più profonda
(quella dove albergano i ricordi di quando, bambini abbiamo tentato
di vincere la paura dell’abbandono con la maschera di un lupo
cattivo, una volta divenuti adulti ma rimasti immaturi...), il
concetto di angoscia:
nel
momento in cui capiamo di doverci assoggettare anche a quello che
non ci piace ma che, in fondo, non potrebbbe essere diverso (e si
chiama ANGOSCIA
DI CASTRAZIONE);
ogni
volta che sentiamo il peso di ritrovarci da soli e non siamo
preparati ( e prende il nome di ANGOSCIA
ABBANDONICA);
allorquando
avvertiamo la paura di non potercela fare e ci sentiamo “persi”
oltre ogni limite (e gli esperti la chiamano ANGOSCIA
DI FRAMMENTAZIONE).
"Il
mio pianto è un grido dell’anima che spezza le vene e
altera i sensi... un pianto dignitoso che soffoca i pensieri. Non
riesci più a capire chi sei... Vivi ore in un oblio di niente,
sconfortato dal tutto che è al di là di una porta
aperta e inattraversabile... Un sibilo ti spezza le orecchie: è
un suono leggero per chi ascolta da fuori ma, dentro, è come
un urlo che rimbomba nel cuore. Questo è il pianto di chi è
solo, con la testa sotto il cuscino, senza incrociare con gli occhi
la finestra... strane idee mi girano da troppe ore per la testa ".
Non
è il prologo malinconico di un "esteta"
crepuscolare. Questa
è realtà,
signori. Dalla pagina del diario di uno studente vittima di soprusi
che i più chiamano "bullismo".
BULLO
Questo
termine deriva dall’olandese Boel
(che
significa “fratello”)
e,
successivamente, trasformatosi in “Bully”
(“tesoro”)
che,
in origine, connotava le buone qualità di un individuo.
Da
ciò ricaviamo che, all’origine non aveva un’accezione negativa
e che, da originario sinonimo di "bravo ragazzo", ha
finito con l’identificare il "molestatore di deboli".
Infatti,
secondo i dizionari della lingua italiana, il bullismo consiste in
“attività
svolta da chi, benchè giovane o giovanissimo, con estrema e
disumana cattiveria si diverte a bersagliare solo vittime percepite
come incapaci di difendersi adeguatamente, camuffando la propria
essenziale vigliaccheria, in apparente forza e prepotenza”.
Sostanzialmente,
quello che accade, è descritto in ciò che la
psicoanalista Melanie
Klein
(ma non solo lei) chiamava “Identificazione
proiettiva”
e “spostamento”.
In pratica, dei meccanismi di difesa dell’Io
(l’interiorità,
la propria identità)
che, in maniera del tutto inconsapevole (e che, quindi, sfuggono al
controllo cosciente), fanno vedere nell’altro aspetti della propria
personalità e spostano sulla “vittima”, elementi
ritenuti inaccettabili del proprio modo di essere.
In
questo caso, il bullo ritrova nell’altro aspetti di sé che
odia profondamente e, quindi, con il sopruso e l’annichilimento
altrui, è come se annullasse (e/o punisse) questi elementi
caratteriali che non accetta. Di
tutto questo, ne è inconsapevole
Seduti
uno di fronte all’altro. In fondo sanno di essere dei
"prigionieri" ma guardano dritto, con aria di sfida: le
pupille incrociano i guantoni senza mostrare il più piccolo
cedimento. Una
goccia.
È un attimo, un solo momento. Tanto
basta per accorgersi, a
chi sa e vuole osservare, che
lo specchio d’acqua in cui riflettono il proprio passato, fa
fatica a sbiadire l’immagine di una casa ancora in costruzione.
"Perché
non hai paura?"
"Perché
il coraggio lo mostri quando la tua casa senza ferro e cemento
affronta la tempesta perfetta. Quella in cui capisci che, dopo, nulla
sarà più come prima".
In
gruppo, il bullo cammina che sembra un uomo ma, a guardarlo bene...
niente di più "che un grissino che si spezza al primo
imbocco" (V. Andraous).
È
importante considerare che il cervello raggiunge la sua completa
maturazione solo intorno ai vent’anni.
QUESTIONE
D’ETÀ.
Lo
psicoanalista Andrè
Green
(allievo di Jaques
Lacan)
nel 1991 ha spiegato che una condizione carenziale di cure
genitoriali (soprattutto materne), non consente di interiorizzare la
capacità di modulare le proprie emozioni (in particolar modo
quelle aggressive) che, a quel punto disregolate, si possono
esprimere (a seconda del modello di apprendimento e del contesto
storico/ geografico) in specifici comportamenti antisociali o
acting-out
(abuso
di alcol e droghe; disturbi comportamentali, etc.) e/o acting-in
(psicosomatosi
anche gravi). Non
riuscendo ad elaborare mentalmente le proprie emozioni, si può
“urlare” attraverso il disturbo psicosomatico e/o i
dis-comportamenti
DAL
PUNTO DI VISTA PSICONEUROLOGICO
L’irresponsabilità
nel gestire i propri comportamenti dipende anche da una carente
maturazione della corteccia cerebrale. Infatti, ogniqualvolta
"l’adolescente", reagisce in maniera aggressiva
perché non sa prendere le decisioni più giuste, una
porzione della zona responsabile dei processi decisionali, lavora
molto più intensamente rispetto alla stessa regione degli
adulti che si trovano ad affrontare circostanze simili. Il cervello
degli adolescenti, inoltre, fa meno uso di altre aree del cervello
che potrebbero essere d’aiuto. In condizioni di forte stress,
dunque, potrebbero reagire in maniera meno efficace rispetto agli
adulti. I processi cerebrali che governano il controllo cognitivo del
comportamento delle persone sotto ai vent’anni, secondo queste
acquisizioni scientifiche, non sono ancora maturi. E, se aggiungiamo
qualche fattore di condizionamento di iposviluppo (tipo la necessità
di dover mostrare un esercizio di potere) a complicare la situazione,
ecco che, a certe condizioni, ci si può trasformarsi in una
bomba a orologeria.
"Due
cose mi hanno sempre sorpreso: l’intelligenza degli animali e
la bestialità degli uomini" (Tristan Bernard)
DIFFICOLTÀ
DI AUTOCONTROLLO.
La
Psicoanalista Melanie
Klein attraverso
la simbologia della “Triade”
scissione
– introiezione – proiezione ha
spiegato che ogni bambino,
fin dalla nascita, vive una sorta di conflittualità tra la
voglia di vivere e quella di tornae da dove è venuto (pulsione
di vita e pulsione di morte). L’angoscia provocata dalla pulsione di
morte viene separata dalla pulsione di vita (scissione)
e proiettata su elementi esterni (proiezione
sull’oggetto),
mentre la pulsione di vita invece viene riferita a sé
(introiezione).
Questa dinamica sta alla base dell’Io buono e dell’Io cattivo e porta
a quella che Klein chiama "posizione schizoparanoide".
Sul
piano delle neuroscienze,
come
evidenziano recenti studi, le differenze nella corteccia prefrontale,
l’area del cervello responsabile del comportamento volontario,
potrebbero costituire una delle più importanti distinzioni tra
adolescenti e adulti. Beatriz
Luna,
direttrice del laboratorio di sviluppo neurocognitivo dell’Università
di Pittsburgh,
ha accertato queste differenze osservando il cervello di giovani e
meno giovani con la risonanza magnetica funzionale, durante alcuni
test sul sistema motorio. La professoressa Luna
ha
scoperto che i teen-ager utilizzano maggiori risorse ricavate dalla
corteccia prefrontale rispetto agli adulti. In effetti la porzione di
corteccia prefrontale utilizzata è simile a quella usata dal
cervello di un adulto nell’esecuzione di un compito molto più
complesso. Dov’è
il problema? Un
affidamento eccessivo su questa regione, sottolinea la ricercatrice,
può indurre all’errore, soprattutto quando le difficoltà
aumentano.
"Essere
adulti, non significa, necessariamente, essere felici ma anche saper
rinunciare quando occorre rinunciare, saper soffrire quando tocca di
soffrire... e, soprattutto, continuare a lavorare e a darsi da fare,
sempre e comunque" (Anonimo).
MA
COS’È IL BULLISMO O "MOBBING IN ETÀ
EVOLUTIVA"?
Come
spiegato già prima, con questo termine di (relativa) nuova
generazione si vuole indicare un fenomeno sociale, in continua
ascesa, che fa riferimento ad episodi di violenza
a scuola (ma
non solo) generalmente nel periodo adolescenziale e
preadolescenziale, caratterizzati da atti vandalici e aggressioni, ma
anche da abuso di alcool e altre sostanze stupefacenti, con riflessi
evidenti all’interno della famiglia e, più in generale
del comparto di appartenenza (ambiente in cui si vive).
LE
RAGIONI DELL’IMPULSIVITÀ.
In
sostanza, gli adulti ricorrono ad altre parti del cervello per
distribuire in modo migliore il carico di lavoro. Quindi se succede
qualcosa di imprevisto in una situazione stressante, un adolescente
potrebbe esaurire le proprie risorse della corteccia prefrontale. Un
adulto che riesca a mantenere adeguatamente il proprio sangue freddo,
invece, ha un’autonomia e un’efficienza di gran lunga
maggiore. Questo è uno dei motivi che spiega perché gli
adolescenti mostrano un comportamento impulsivo.
"A
volte, l’uomo è il peggior nemico di sé stesso"
(Cicerone).
MATURAZIONE
PROGRESSIVA...
La
mancanza di integrazione tra le strutture cerebrali è stata
rilevata anche da Susan
Tapert,
docente di psichiatria all’Università della California a
San Diego, che ha condotto ricerche sulla memoria di lavoro spazio
temporale nella prima e nella tarda adolescenza. La Tapert pensa
che gli adolescenti più maturi mettano al lavoro un numero
minore di neuroni e impieghino strategie diverse per eseguire lo
stesso compito. Comunque, soltanto alla fine dell’adolescenza,
la memoria di lavoro spazio temporale è distribuita
efficacemente tra le diverse regioni del cervello. Jay N. Giedd ,
psichiatra infantile del National Institut of Mental Health, ha
dimostrato che una particolare porzione di corteccia cerebrale
(quella prefrontale dorsolaterale) importante nel controllo degli
impulsi, è soggetta ad un’eliminazione di collegamenti
superflui tra neuroni. La conseguenza di questo fenomeno è una
più efficace trasmissione degli impulsi nervosi.
"L’infanzia
è, spesso, una condizione stressante cui si può
rimediare solo crescendo" (Gabriel Mandel).
SFOLTIRE
PER "CRESCERE" ? FONDAMENTI ANATOMOFISIOLOGICI
DELL’AGGRESSIVITÀ.
Questo
"sfoltimento", secondo i ricercatori, costituisce la base
di un meccanismo fondamentale della maturazione del cervello in
quanto aumenta l‘efficacia elaborativa in termini di velocità
e qualità. Poiché agli adolescenti risulta più
difficile eseguire compiti che richiedono un controllo volontario,
potrebbero essere più propensi a prendere decisioni sbagliate.
Alcuni
neuroscienziati ritengono che, durante questo processo, si potrebbero
determinare delle anomalie di funzionamenti relative alla corteccia
prefrontale che si rifletterebbero sul comportamento di alcuni
individui , rendendo loro più difficile il controllo degli
impulsi .Alcuni scienziati ipotizzano che la corteccia orbitofrontale
, un’area coinvolta nei processi decisionali , inibisca il
sistema limbico , in particolare l’ipotalamo e l’amigdala
, da cui hanno origine la paura e l’aggressività. Se un
problema blocca la comunicazione tra queste due aree del cervello ,
una persona potrebbe diventare incapace di moderare le proprie
reazioni emotive. Anche le alterazioni dell’ippocampo possono
danneggiare l’elaborazione delle informazioni emotive; in
alcuni casi, un cattivo funzionamento dell’amigdala potrebbe
dare origine a comportamenti violenti. Questa ipotesi spiegherebbe la
mancanza di paura e l’assenza di rimorso che caratterizza i
criminali in grado di pianificare i loro delitti e di commetterli a
sangue freddo .
LO
SVILUPPO DEL CERVELLO
Per
riprodurre la sequenza dello sviluppo anatomico del cervello umano, i
ricercatori del National
Institut of Mental Health si
sono resi conto (mediante esami effettuati con risonanza magnetica)
del fatto che le regioni che maturano per ultime (non prima dell’età
adulta) sono quelle collegate a funzioni complesse come pianificare,
riflettere e controllare gli impulsi.
"Costruisco
questa casa Senza tetto e pavimento. Costruisco questa casa senza
tetto e fondamento. E ci faccio quattro porte Per i punti cardinali,
che ci possa entrare il cane Quando sente i temporali, Quando cambia
la stagione. Costruisco questa casa Con il legno e col cartone.
Costruisco questa casa. Senza inizio e senza fine; Come il sole a
mezzogiorno, quando incendia le colline Costruisco questa casa,
Questa casa sul confine E ci pianto quattro spine e quattro rose, che
raccontano la vita, che raccontano l’amore Quattro spine e
quattro rose Da portare dentro al cuore..." (Francesco de
Gregori)
CULTURA
O NATURA ?
Però,
secondo Robert
Epstein,
psicologo, professore all’Università della California e
fondatore del Cambridge
Center for Behavioral Studies,
incolpare
di ogni cosa negativa il cervello non rende onore al vero, perché
è l’ambiente, in buon sostanza (grazie al meccanismo
epigenetico), che ne modifica l’evoluzione biologica.
Questo si spiega con la valutazione relativa al percorso di crescita
che ogni essere umano si trova ad affrontare: autostima corretta,
sicurezza interiore e prevalenza di elaborati scevri da inquinamenti
aggressivi diventano un assioma consequenziale composto da elementi
imprescindibili.
"Con
la violenza puoi uccidere colui che odi, ma non uccidi l’odio:
la violenza aumenta l’odio e nient’altro" (Martin
Luther King)
LE
RAGIONI DELLA VIOLENZA
Perché
un essere umano uccide un suo simile per poche decine di Euro? Perché
un adolescente si gioca il futuro attuando comportamenti "bestiali"?
Il comportamento violento non si può ricondurre ad una singola
causa, ma è il risultato di una combinazione di numerosi
fattori di rischio, tra cui, una predisposizione familiare (alias
l’ambiente in cui ci si trova a crescere) un’infanzia
traumatica e altre esperienze negative: questi elementi interagiscono
e si rinforzano reciprocamente.
VIOLENZA
È "MASCHIO"?
In
base a dati puramente statistici, appartenere al sesso maschile, è
il più importante fattore di rischio per commettere crimini
violenti. Ciò non significa che le donne siano meno
aggressive, come si è ritenuto fino agli anni novanta. Il
fatto è che le donne prediligono un’aggressività
più indiretta e nascosta, mentre gli uomini tendono a una
violenza fisica immediata e aperta.
E
qui entrano in gioco i ruoli sessuali appresi. In genere si
trasmettono messaggi che condizionano la manifestazione della propria
aggressività. Ad esempio: "Le
ragazze non fanno a botte !"; "Un ragazzo deve sapersi
difendere!"
A
questo, sommiamo che le strategie aggressive indirette richiedono un
livello di intelligenza sociale relativamente alto, che nelle ragazze
si sviluppa prima e più in fretta. I rappresentanti del sesso
maschile, a partire dall’infanzia e per un certo periodo di
tempo, evidenziano, in genere scarsa tolleranza alle frustrazioni,
carenze nell’apprendimento delle regole sociali, problemi di
attenzione, ridotta capacità di empatia, basso quoziente di
intelligenza, e, sopra ogni altra cosa, un’estrema
impulsività. Il
fatto, però, è considerevolmente legato al "software
ambientale" instillato, a prescindere dal sesso!
"È
sempre il più furbo che, alla fine della corsa, pagherà
per tutti invecchiando "dentro", come il pezzo di carcere
che lo ha sepolto..." (Vincenzo Andraous).
UNA
MISCELA ESPLOSIVA ?
I
fattori biologici, dalla predisposizione genetica alle alterazioni
strutturali del cervello, sembrano quindi aumentare il rischio di
comportamenti violenti in alcuni uomini. Tuttavia,
con l’eccezione di lesioni molto gravi e molto precoci, non
sono sufficienti a scatenare la violenza. E’
quando si combina con fattori di rischio psicosociali che la
predisposizione biologica può diventare una miscela esplosiva,
come è stato dimostrato da varie ricerche. Fra questi rischi
psicologici figurano carenze gravi della relazione madre - figlio
nella prima infanzia, esperienze di maltrattamento e abuso da
piccoli, abbandono o presenza saltuaria dei genitori, con conflitti
continui nella famiglia, disgregazione del nucleo familiare,
criminalità dei genitori, povertà e disoccupazione. La
comunicazione intima ed emotiva tra madre e neonato comincia poco
dopo la nascita, e i loro comportamentismi rinforzano reciprocamente
in senso sia positivo sia negativo. Una relazione problematica può
portare con il tempo a gravi disturbi dello sviluppo, fra cui un
minore controllo degli impulsi e una ridotta capacità di
risoluzione di conflitti, dando l’avvio a un circolo
vizioso. Una
personalità ricca di elementi positivi (in termini di valori )
può, comunque, aiutare l’adolescente a superare le
influenze negative dell’ambiente sociale.
"Chi
è nell’errore compensa con la violenza ciò che
gli manca in verità e forza" (Johann Wolfgang von
Goethe).
COME
CONTROLLARE GLI IMPULSI? IL
SEGRETO DELLA NOSTRA MENTE.
La
Natura ci ha "plasmato" a propria
immagine e somiglianza. Questo
vuol dire che siamo, innanzitutto e fondamentalmente, energia
(meccanica, cinetica, termica, potenziale, nucleare,
elettromagnetica. gravitazionale, etc.). Questa parola, che deriva
dal "tardo" latino energîa
e, a
sua volta, dal greco energheia
(usata
da Aristotele nel senso di azione efficace), etimologicamente
composta dagli elementi en
ergon,
identifica la capacità di agire in maniera intensa. In
pratica, "visualizza" flussi di microparticelle elementari
(elettroni, quark, etc.) che, viaggiando ad altissima velocità
"compiono" un lavoro spostando una forza.
Ognuno,
quindi si ritrova a gestire un serbatoio potenzialmente immenso di
"carburante" che dà, al sistema nervoso, la
possibilità di generare impulsi che porteranno a
manifestazioni comportamentali che possono orientarsi in maniera
costruttiva o distruttiva. La "scintilla" bioelettrica che
si propaga lungo neuroni e nevroglia risulta, però, da
attivazioni atomiche endonucleari. In pratica, all’interno del
DNA delle cellule nervose, esiste un’organizzazione
teoricamente perfetta basata su archetipi preistorici (molecole ed
atomi) in grado di generare informazioni (nel nucleo degli atomi) in
funzione di stimolazioni provenienti dal mondo esterno (trasportate
dagli elettroni) che verranno inviate (sempre mediante gli elettroni)
a strutture atomiche viciniori per le comparazioni e le valutazioni
necessarie che andranno a generare pulsioni subliminali che,
propagandosi nel DNA, creeranno il fondamento della depolarizzazione
(inversione di segnale elettrico): a quel punto, gli impulsi
viaggeranno in determinate zone cerebrali consentendo quel miracolo
che si chiama inconscio
(quando
si ferma nelle zone "profonde") e che viene alla luce, a
determinate condizioni (per il coinvolgimento sincronizzato di
corteccia, formazione reticolare mesencefalica, talamo e ippocampo)
producendo quello che gli esperti chiamano "la
coscienza di esistere".
"Da
bambini incidiamo un disco che da adulti continuiamo a sentire. Ma
sapevamo incidere dischi, da bambini?" (Gabriel Mandel).
Siccome
noi siamo il risultato delle dinamiche energetiche conseguenti alle
esperienze che creano il database della nostra memoria (grazie alla
quale è possibile assemblare idee e concetti), uno sviluppo
equilibrato della personalità (inteso come passaggio da
"momenti transitori" a "fasi mature") garantisce
approdi verso lidi di autorealizzazione (grazie ad autostima
e
autoaffermazione)
pur partendo da zone d’ombra come quelle minimaliste delle fasi
transitorie (identificazione,
competizione con gli altri e ambizione scorretta, gregarietà,
autoritarismo, ricerca di protezione e sicurezza in funzione di
altri, etc.).
Nel
1999, un gruppo di ricerca guidato dallo psicologo e
neuroscienziato Ernest
S. Barratt,
ha intervistato alcuni criminali detenuti nello Stato del Texas ,
scoprendo che molti erano continuamente coinvolti in risse, anche se
ne capivano gli svantaggi e si ripromettevano di controllarsi la
volta successiva, in linea di massima non avevano fiducia nelle
proprie capacità di controllare i loro impulsi. Alcune
ricerche sembrano indicare che una gran parte di questi individui sia
vittima di alterazioni fisiologiche sia nel sistema libico che nella
corteccia prefrontale (due aree del cervello coinvolte all’origine
e nel controllo delle emozioni).
Come
dire, il pane buono si produce miscelando con perizia e sapienza,
ingredienti semplici quali, ad esempio, farina, sale, acqua e lievito
naturale.
"Ci
hanno imposto dei valori... ma non ci hanno autorizzato a verificare
se sono validi o meno" (Gabriel Mandel).
ROMANZO
CRIMINALE...
"Avrei
potuto giocare meglio le mie carte, senza dubbio, e ci sono cose di
cui mi vergogno, ma quando mi guardo allo specchio, sono fiero di
quello che sono. I tratti del mio carattere che hanno permesso di
farmi valere". Quando
scriveva queste parole Edward Bunker era ormai uno scrittore di
successo , ma fino a40 anni la sua vita era stata un viavai tra
riformatori , istituti psichiatrici e galere . Alle spalle aveva una
discreta carriera di criminale : furto , spaccio di stupefacenti ,
estorsione , traffico d’armi e contraffazione, con ripetuti
episodi di violenza. Poi, la svolta. Prima i romanzi (Come
una bestia feroce, Little Boy Blue, Cane mangia cane),
poi l’autobiografia Educazione
di una canaglia e
il cinema, recitando in una ventina di film tra cui Le
iene, cult
movie di Quentin Tarantino. Natura aggressiva, famiglia sfasciata e
disagio sociale ne avevano fatto il prototipo del criminale, ma
Bunker è la dimostrazione che nessuno è predestinato a
una vita violenta.
“Il
presente è carico del passato ma non necessariamente gravido
dell’avvenire” (Gottfried Wilhelm von Leibniz)
MA
PERCHÉ NASCE IL "BULLISMO"?
Ma
cosa spinge alcuni giovani ad instaurare nei confronti di loro
coetanei o di ragazzi minori di età comportamenti violenti e
marcatamente persecutori? Di certo la voglia di prevaricazione,
vissuta come esigenza per controllare la paura dell’altro,
considerato un avversario da sconfiggere, anzi se possibile, da
abbattere e la necessità di competere e di sfidare l’altro
in un gioco al massacro, con l’eliminazione del più
"debole". Subentra, pertanto, l’istinto primordiale
di sopraffazione per il timore dell’altro che si placa
attraverso il dominio e l’annientamento quanto meno
psicologico.
Conclusione:
il trionfo delle fasi transitorie di immaturità intese, però,
come zavorra e non come rodaggio necessario.
Si
rende, quindi, necessario invertire la rotta con nuovi messaggi
miranti a sottolineare l’importanza di costruire un buon
rapporto con sé stessi, rafforzando l’autostima e
favorendo il raffronto e non il dominio sull’altro, considerato
non più un nemico ma come un occasione di scambio e di
arricchimento reciproco.
Un
progetto, pertanto, per la lotta e la prevenzione della violenza tra
i giovani nelle sue diverse forme e manifestazione non può che
passare per l’educazione alla legalità, intesa come
allenamento continuo e costante, volto all’osservanza di norme
e regole di comportamento che, in generale, devono caratterizzare la
vita di relazione e possono essere ben inserite nel contesto
scolastico, dove si rende necessario, al di fuori di qualsiasi forma
di autoritarismo, il rispetto dei ruoli.
Da
qui l’importanza della Scuola nella creazione di una cultura
della legalità che non si impara sui libri, ma si coltiva
attraverso l’esempio, nelle coscienze. Educare
alla legalità, in definitiva, consiste nell’aiutare a
mettere in atto le buone inclinazioni dell’animo e la potenza
della mente, attraverso regole che disciplinano il comportamento in
funzione della pubblica utilità.
Il
cubo di Kubrik, in questo caso, si risolve, aggiungendo
nell’abbecedario che ci accompagna fin dalla scuola materna, ai
termini Onore
(Sentimento
che ci porta ad aver cura del nostro buon nome ed è segno di
rettitudine),
Rispetto
(Riguardo
verso qualcuno ritenuto degno di ciò) e
Orgoglio
(Fierezza
che si basa sui valori dell’onore), il
significato della parola Dignità,
intesa come nobiltà d’animo, che induce a rifuggire da
ogni bassezza per riuscire a darsi un valore.
"-
Non possono arrestarmi alla mia età, e poi non mi prenderanno
mai, sono troppo furbo io.
-
Eppure è sempre il più furbo che alla fine della corsa
pagherà per tutti; guarda me: sebbene per qualche giorno sia
qui con te, sono invecchiato dentro come il pezzo di carcere che mi
ha sepolto.
-
Vince, mi piace fare casino e stare in giro fino a tardi: che male
c’è a prendere un cappellino o un giubbotto a chi ha più
soldi di me?
Mi
guarda e cerca di soppesare le mie reazioni, vuole la mia
approvazione, il mio rispetto: non me lo chiede, quasi me lo
impone. Incredibile,
ho innanzi un piccolo duro che non intende fare sconti, neppure a me.
Marco, il disadattato, ha trovato nel rischio e nella provocazione la
risposta più immediata alla propria sofferenza. Marco
che teme il domani.
-
Voglio essere tuo amico, Vince. Mi piace quando mi racconti le tue
cadute e sono contento che ora sei cambiato, ma io non posso
cambiare, perché sono fatto così, e poi cosa ho
combinato di tanto grave?
Penso
a sua madre oltre oceano, a suo padre troppo impegnato nel lavoro per
ritrovarlo la sera in casa, e inciampo in quel suo linguaggio secco e
sgangherato da sembrare ordinato.
-
Quanti anni hai Vince? Vuoi venire a casa mia ? Dai, andiamo a fare
un giro in centro.
In
silenzio, lo osservo mentre gesticola e narra le sue avventure, mi
ostino a percepire il suo vero intento. Si accorge della mia trappola
e tenta più volte di aggirare l’ostacolo, d’improvviso
avvicina le sue mani alle mie, ci tocchiamo più volte le
nocche: é il rito che si consuma nel linguaggio del corpo,
dell’immagine che effonde potenti ruggiti... O
sono vagiti? Il
giorno del mio rientro in Istituto, al termine del permesso, lui era
lì ad aspettarmi:
-
Quando ritorni Vince?
-
Presto.
I
guerrieri in erba della mia generazione stavano insieme, in gruppo,
formavano una banda di minorenni, perché avevano come nemico
da combattere, il mondo degli adulti, dei cosiddetti grandi, che
vedevamo intruppati e in fila per tre (come plotoni di esecuzione)
nelle loro belle e comode certezze, oggi invece ci si mette insieme,
in gruppo, in babygang, per competere e scontrarsi con il gruppo dei
pari, per una griffe, per un telefonino. Così il destino
disegna la propria trama, ci si incontra sempre più ai bordi
delle vie maestre, fino a dimenticarle, inizia una visione
unidimensionale, interpretando la vita come un rettilineo privo di
curve, di uscite di emergenza, dove l’inciampo è lì
dietro l’angolo, e nel tentativo di esorcizzare le troppe
assenze, le lacerazioni, le solitudini, irrompono i rischi estremi,
la droga, il reato, e gridare:
-
Ehi regista, sono stanco, fammi uscire dalla storia! " (Vincenzo
Andraous - Il
falco dagli occhi lucidi)
Una
goccia. è un attimo, un solo momento. Ma basta per accorgersi
che, a certe condizioni, il peggio è, oramai, alle spalle. C’è
sole, sul tetto del palazzo in costruzione.
"Se
esprimi un desiderio è perché vedi cadere una stella,
se vedi cadere una stella e perché stai guardando il cielo e
se guardi il cielo è perché credi ancora in
qualcosa...e ti rifiuti di morire!"
Dr.
Giorgio Marchese –
Vicedirettore e Docente di Psicologia fisiologica, PNEI ed
epigenetica e psicologia della personalità c/o la Scuola
di Specializzazione in Psicoterapia ad Indirizzo Dinamico (SFPID) -
ROMA
Questo
articolo è stato pubblicato, per la prima volta, il primo
maggio 2007. A distanza di tempo si è ritenuto utile
riproporlo co considerevoli arricchimenti, anche per meglio capire un
fenomeno in preoccupante ascesa. Come allora, si ringraziano Maria
Cipparrone e Vincenzo Androus, per i preziosi spunti di
riflessione...
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