Cosenza,
24 dicembre 1967, ore 19.00, Autostrada A3 (ora A2, del
Mediterraneo), area di sosta “Bellavista” (nei pressi
della galleria “Acqua di Calci”). Piove col vento e,
l'acqua, crea un pulviscolo lattiginoso che rende l'ambiente come in
preda ad una tormenta. C'è un bimbo che si aggrappa alla
mamma, in una piccola Fiat Millecento “D” del 1964. E c'è
un omino in Montgomery blu che si sbraccia, a rischio della vita, a
bordo strada, nel tentativo di fermare qualcuno disponibile a portare
in salvo la propria famiglia, la sera della vigilia di Natale.
Perchè, la propria auto, è rimasta senza benzina dal
momento che si è dovuto scegliere fra riempire il serbatoio o
rischiare, nel mettersi in marcia e comprare, al posto della benzina,
generi di conforto da dispensare (come Re Magi giunti in anticipo) ad
anziani soli e abbandonati dai proprio familiari, fra Rogliano e
Grimaldi. Cari
Lettori, quell'uomo era mio Padre
e, forse per il ricordo ancestrale di allora, sono particolarmente
affezionato ad un mio soprabito che ricorda il suo e sono Presidente
di una Onlus che si occupa di “terza e quarta età”
in evidente difficoltà. Qualcuno ha detto che, negli
occhi dei bambini, non c’è amarezza...
Ancora oggi, dopo 51 anni da quella sera, ripensando a quell'uomo
riannodo, in un solo istante, tutti i fili di quella memoria in cui
conservo gli Amori più importanti...
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Emile
Cioran,
sosteneva che la vita può essere intesa come una disperata
fuga dalla nascita. Quando veniamo al mondo affrontiamo dapprima, la
sofferenza del passaggio traumatico da una situazione conosciuta
all’ignoto e, successivamente, il disagio del renderci conto che
dovremo morire.
Io
ho imparato che, Donare, mi aiuta ad affrontare la solitudine senza
l’angoscia dell’emarginazione. Credo che, questo, aiuti a crescere
quel tanto che basta ad accettare che, mentre scorre il tempo a
disposizione, come un baco da seta, ciascuno “tesse” la
propria personale “goccia di splendore” per cui è
valsa la venuta al mondo.
Gli
Scienziati, ci spiegano che siamo componenti dell’Universo. Il fatto
è che, però, lo stesso Universo struttura elementi in
maniera scalare. Così (si ipotizza) potrebbe esserci una serie
di “camere” a grandezza incrementale a formare un
Multiverso. Comunque sia, lo stesso Universo lo troviamo in scala
infinitesimale, in noi. Lì dove, i quark, danzano fra le
interazioni forte e debole a creare la prima frequenza di vita
conosciuta.
Quindi
abbiamo, in potenza miliardi di anni e possiamo contare sul tesoro di
gran lunga più importante: l’energia. Da usare nelle unità
di tempo.
E,
a proposito di Tempo,
come ha scritto Roberto Vecchioni nel suo “La
vita che si ama”: I bambini, i pazzi, i geni, i poeti, non
conoscono il tempo orizzontale: non ne hanno bisogno. Sanno, che
quando vedi una cosa, la vedi per l’ultima volta. Non temono l’attimo
né l’idea che qualcosa non abbia né fine né
inizio. Il loro, è un tempo verticale: non c’è passato
e non esiste futuro. Di ciò, non ne hanno paura. Non
devono andare indietro con la memoria o fabbricare presagi. In
pratica, per loro, niente passa e niente si perde. Le cose per altri
perdute o sperate, sono tutte lì, vive, presenti. Questo, vuol
dire avere davvero Tutto in un solo istante e bisogna saperlo
governare. Pena, il naufragarci dentro.
Cari
Lettori, vivere
significa tante cose. Vuol dire, ad esempio, individuare un elemento
importante e prezioso, su una piattaforma di confusione. A ben
riflettere, la vita potrebbe essere foriera di grandi delusioni, dal
momento che, come sostenevano i Grandi del Passato, “quello
che unisce gli uomini, sono l’interesse e la paura”.
Proprio
un paio di giorni fa, al mattino presto, costeggiando un bel Viale
Parco tentavo di riordinare (nella “camera” dei miei
elaborati) alcuni spiacevoli eventi che, poi, sono il risultato delle
brutture che albergano nell’animo umano quando, ad un semaforo
osservo l’ennesima condizione “estorsiva” di chi potrebbe
pensare di guadagnare la vita in maniera meno tediosa e perniciosa.
Mentre decido di alzare i vetri del mio abitacolo iperinsonorizzato
(con lo stato d’animo di chi si ritira da un Mondo in cui la
cattiveria ti crea lo stesso dolore di “pezzi di vetro
conficcatti nella testa”) lo sguardo si posa su un padre e una
bambina (che avrà avuto meno di 4 anni) che scambiano
effusioni emotive fatte di sguardi e sorrisi...
Quindi
è
vero, anche, che gli accadimenti nei quali ci imbattiamo, di per sé
(o di per loro) sono del tutto indifferenti ai nostri stati d’animo:
tutto dipende, semmai, da come abbiamo imparato ad osservare le cose
e dalle aspettative che riponiamo in esse.
D’altronde,
il giorno in cui il Mondo sarà perfetto, noi tutti saremo
privati di una grande “compagna”, grazie alla quale le
angosce mutano in sospiri e poesie: la
Speranza.
Cari
Lettori, quello
che amo di ciò che ho vissuto, supera (in quantità e
qualità) le cose che vorrei non fossero mai accadute. Compreso
il dolore, le cadute le passioni mal riposte e le delusioni. Al
punto in cui sono arrivato, credo di dover essere riconoscente al
Tempo che mi ha concesso di essere attraversato e, ovviamente, a
quello che mi verrà data la possibilità di vivere
ancora. E per questo, a volte, del primo ne ho nostalgia e, pensando
al secondo, provo quella malinconia che nasce quando ti aspetti
qualcosa che poi, invece, molto probabilmente non accadrà mai.
Ma nonostante quanto appena dichiarato, resto curioso di come andrà.
Fino alla fine. Bello sarebbe, però, ritrovare le persone per
me “speciali”, per poter discutere, con loro, delle cose
che non abbiamo fatto in tempo a raccontarci o che non abbiamo avuto
il coraggio di confessarci.
Con la
certezza di un unico diritto: quello del valore.
Come quel Montgomery Blu che, ancora, porto nel cuore e, indosso, nelle
fredde sere d’inverno.
Buona
vita a tutti
Giorgio
Marchese, Direttore
La Strad@
Un
suggerimento: provate a rileggere, con calma, questo lavoro
ascoltando questo sottofondo musicale (che mi ha suggerito Gianni
Filice)