Siamo bravi nell’esercizio delle pubbliche virtù, mantenendo privati i molti "vizi". Costruiamo, di conseguenza, una miriade di motivazioni velleitarie per disegnare confusione nella nostra mente e in quelle altrui. Riusciamo, in tal modo, a spostare l’attenzione, per determinare, nelle coscienze, una sorta di sensibilità conformata verso un pubblico sussulto e un’indignazione a scoppio ritardato, di fronte a nefandezze che abbiamo, in un modo o nell’altro, contribuito a realizzare. Direttamente o indirettamente.
Gli uomini immorali ti irritano, quelli buoni ti annoiano (Oscar Wilde)
Fateci caso, quando l’indignazione tocca il fondo più inclinato della disperazione, diviene paradossalmente, terreno fertile per ogni ulteriore indifferenza. Infatti, non sapendo come gestire uno stato d’animo combattuto fra il tentativo di reagire all’ingiustizia e il dover ammettere la propria impotenza, si finisce col defilare nel buio, molto della propria coscienza. Con la scusa che la vita ci insegna che i sogni si infrangono, puntualmente, ad ogni risveglio.
Eppure, un bimbo cresce aggrappato al seno della propria madre, sicuro del suo calore e un adolescente va incontro alla propria maturità attraverso un valore che non è scambiabile con nessuna altra merce e si chiama rispetto.
Con questo termine, la lingua italiana intende un sentimento di riguardo e considerazione nei confronti di persona ritenuta degna. Sul vocabolario etimologico della lingua italiana, ci rendiamo conto che deriva dal latino e significa, "aver considerazione di se stessi (prima) e degli altri (subito dopo)". Questo rientra in un concetto di egoismo positivo perché, molte volte, noi impariamo ad osservare delle regole che regimentano il rapporto con gli altri ma, altrettanto spesso, ci dimentichiamo di noi. Al tempo stesso, il termine dignità, connota nobiltà d’animo, che induce a rifuggire da ogni bassezza per riuscire a darsi un valore.
Dobbiamo, quindi, considerare il rispetto per se stessi, per gli altri e per la vita in generale, che non rilascia patenti da clandestino per meglio riuscire a barare... rispetto che non si impara con una formuletta chimica edulcorata da un disegno tracciato alla lavagna.
Il rispetto si apprende attraverso l’esempio che non fa passi indietro, non si nasconde, che proviene dall’insegnamento delle persone autorevoli che non temono la fatica, l’impegno della solidarietà (quella costruttiva dell’accogliere e accompagnare) nel sudare insieme per un obiettivo comune, un bene comune, una Società in comune, rispettosa delle cose e delle persone.
Cari lettori, è inutile nasconderlo (perché l’evidenza è sprigionata da ogni media contemporaneo): moralità, onorabilità, incorruttibilità sono nobili ideali abbandonati alle intemperie neurotrasmettitoriali, senza vergogna o troppi disturbi di coscienza. Legge di Dio (per chi ci crede) o di Natura che, poi, è la stessa cosa, vorrebbe che da ogni azione si generasse uno stile di vita corretto e condiviso, da perseguire nel "qui e ora" pensando al futuro ma facendo tesoro del passato.
Moralità, onorabilità, incorruttibilità, sembrano altezze irraggiungibili. Eppure è in questa linea mediana, in questa terra di ognuno o forse di nessuno, che è possibile ritrovare un senso da confidare ai nostri figli, soprattutto per tenere, noi adulti, con la barra a dritta, evitando di incorrere in quel "tronco funesto che è l’indifferenza", quel modo di non essere che induce a non chiamare le cose con il loro nome, non volendo conoscerle per quello che sono.
E allora, come si migliora la Società?
Sembra ovvio ma, a distanza di millenni da quando si è arrivati a capirlo, ancora non si è trovata una risposta più adeguata... e cioè: "costruendo ciò che manca, cominciando dal singolo".
Ognuno di noi necessita di conoscere il motivo per cui utilizza se stesso e il proprio tempo vitale. Questo significa avere una buona comunicazione con se stessi, anzitutto (cioè un corretto sviluppo della propria identità), altrimenti si vive sempre "col coltello nella schiena", in allarme continuo, in crisi perenne.
Già Elio Vittorini nel suo libro "Uomini e no", sosteneva che la conoscenza dei requisiti per lo sviluppo e la maturazione della Società, rappresenta un patrimonio che non è dell’uno soltanto ma dell’uno e di tutti; "un tale inestimabile valore deve costituire un momento di unità fra tutti, un’occasione di stare insieme, vivere insieme (ognuno nel rispetto dell’altrui spazio vitale), insieme lavorare e credere nell’avvenire".
Nello sviluppo e nella valorizzazione delle risorse umane, si può determinare un essere umano migliore, per una società migliore sulla base di una migliore morale.
Si narra che Gesù disse a Lazzaro: "Alzati e cammina!"
L’insegnamento che si può trarre da questa parabola, è che Lazzaro rappresenta l’umanità intera. Tutti noi dobbiamo camminare, per andare avanti, progredire, perché ogni essere umano ha il diritto (che al tempo stesso diventa un dovere), di realizzare tutto quello che può esprimere, non quello che gli altri credono che si debba fare.
"Un pianeta migliore è un sogno che inizia a realizzarsi quando ognuno di noi decide di migliorare se stesso" (Gandhi)
Vincenzo Androus - Counselor, Tutor Comunità "Casa del Giovane" Pavia
Giorgio Marchese - Direttore "La Strad@"
Si ringrazia Emanuela Governi per il contributo offerto
Questo editoriale è stato scritto, in collaborazione con l’amico Vincenzo Androus, il 5 gennaio 2013. Ci siamo permessi di riproporlo, con qualche "aggiornamento". In verità, avremmo potuto lasciarlo identico. Infatti, in sincerità... cos’è cambiato da allora ad oggi?
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