Le
televisioni, le radio, i giornali, srotolano filippiche nazional
popolari sulla drammaticità degli eventi che vedono come
protagonisti destinati al macero, donne, vecchi e bambini.
Accadimenti che ci vengono raccontati come fossero eventi critici
partoriti da una società che non può farne a meno,
perché sangue integrante della propria tradizione.
Eppure
anche in questo caso, anche in questo frangente in cui l’animo
umano sprofonda nella più indegna delle reazioni, viene da
pensare che non è vero che siamo uguali, che siamo alla pari,
che uomo e donna sono talmente complementari da fondersi.
Assolutamente no. Infatti quando si verificano tragedie così
devastanti, è sempre l’uomo a improvvisarsi eliminatore,
è sempre la follia maschile a schiantarsi su donne e bambini,
è sempre l’animo umano al maschile a fare vittime
innocenti della violenza più bieca e definitiva.
La
donna nell’impazzimento della propria gelosia non sopprime la
propria creatura, e se ciò accade sono rare e disgraziate
volte. L’uomo nella sua contorta e potente gelosia, che
null’altro è che l’ossessione della possessività,
disgrega e annienta tutto ciò che ha il valore più
grande, la propria famiglia. La donna non giunge mai a uccidere il
proprio uomo, la propria figlia, nell’esplosione rabbiosa del
proprio fallimento o della propria fiducia tradita, potrebbe arrivare
al punto di non ritorno di “tagliartelo” mentre dormi,
quello si, ma compiere una strage come fosse la risultanza di
un’abitudine, assolutamente no.
Se
la differenza tra i due sessi è così palesemente
contorta e disperante, forse c’è necessità di
fare chiarezza e mettere da parte le solite parole d’ordine,
con cui licenziare l’evento con qualche lacrima o silenzio di
circostanza. Forse è più urgente ridefinire il valore e
il significato delle parole, la sostanza che sta alla base della
realtà che viviamo, che stiamo vivendo, che stiamo
radicalizzando nei confronti della donna. Alla radice di ogni parola
spesa male, o peggio, non spesa per niente, per proteggere uno status
quo a dir poco criminale. Si tratta per molti versi di in-cultura,
per altri ancora di sottocultura, la resistenza di un asse di
coordinamento sociale fraudolento che invece sarebbe ora spostare
verso posizioni meno ingiuste e violente nei riguardi della donna, di
tutte le donne.
Quando
c’è di mezzo il tentativo neppure tanto celato di
rendere inconsistente ciò che è giusto dallo sbagliato,
il bene dal male, a seconda del gioco infame delle parti che
s’accaparrano attenuanti e giustificazioni, la cultura che sta
a radice di ogni possibile verità, è sottaciuta,
peggio, relegata nei salotti buoni, dove parlare equivale a fare
terreno fertile alle scontate prossime tragedie, soprattutto a fare
passare come inevitabili le violenze sui bambini e sulle donne.
Vincenzo
Androus - Counselor,
Tutor Comunità "Casa del Giovane" Pavia
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