“Amo
la quiete, la gran quiete marina, ma il mio destino è vivere
balenando in burrasca” (Vincenzo Cardarelli).
I marinai di lungo corso, sostengono che una nave è sicura
solo in porto... ma è nata per solcare le acque infide del
mare.
Così,
in fondo, noi procediamo
Condannati
alla realtà che niente dura per sempre e che maggiore è
l’amore che doniamo e proporzionale è la sofferenza a cui ci
esponiamo...
Cari
Lettori, durante
la mia sofferta (nel senso più “esistenzialista”
del termine) adolescenza, ho conosciuto un filosofo (pare, un
matematico in autoesilio) che abitava nella zona più
disastrata della mia città e che incontravo, non di rado,
all’uscita di scuola, nelle traverse “dimenticate” del
glorioso Corso “Bernardino Telesio”. Accanto agli inviti
a trovare una facile (per lui) risposta alla “quadratura del
cerchio” mi rivolgeva, ogni tanto alcune domande. Fra le quali,
particolarmente curiose, le seguenti: “Come
stabilisci il tempo della Felicità?” e
“Quando
finisce la sete vera?”
A
distanza di (molti) anni ho capito che, per noi umani, il
tempo della felicità
è quello passato o futuro mentre, per il presente... è
difficile capire come utilizzare le fiches su quel tavolo da gioco
che determina il nostro destino.
E
per la sete?
Torno
indietro fino a quel tempo “bambino” e mi rivedo a bere,
con gusto, alla canna delle fontanelle pubbliche. Il sapore
dell’acqua oggi è “diverso”... ben lontano da
quello provato nel piacere di placare l’arsura che concentrava la
saliva dopo le corse sfrenate con la bici, con quel tracannare senza
prendere fiato, e bagnandosi il viso fino alle orecchie...
Crescere,
insomma.
Già...
ma come?
Per
quel che ho capito finora, anche grazie alla professione che svolgo,
sembra
che
molti interpretino la propria vita come un personaggio di celluloide
(virtuale, insomma e non reale) che, in quanto tale, non è mai
il responsabile morale della storia che rappresenta.
Condotta
così, però, la trama somiglia assai a quella raccontata
da Baudelaire
ne
“i
fiori del male” in
cui descrive la fine degli albatros
vecchi e stanchi, catturati dai marinai e derisi per la loro
fragilità.
Ricordo
con nitidezza gli ultimi frammenti della lunga pellicola che riguarda
la vita con mio padre, ormai malato e prossimo alla fine. Dai suoi
occhi traspariva un linguaggio privo di ogni certezza ed espresso
solo in forma ansiosamente interrogativa.
Non
puoi restare, ancora un po’, con me?
E,
io, provavo quel cupo dolore di chi scopre che, fra sé e il
campo nemico, non c’è più nessuno che ti protegga
prendendo i colpi al tuo posto...
E
allora, è meglio essere come i gabbiani che non si
allontanano dalle ”nebbie” e dai venti conosciuti o
provare la libertà degli albatros, accettandone le
conseguenze?
La
riflessione che scaturisce è che non possiamo risolvere
problemi che noi stessi (come componenti di una Società
deviata e deviante) determiniamo. Nessuna Legge rende l’essere umano
migliore. Fintanto che non ci rendiamo conto di ciò (e non
cambiamo qualcosa), dovremo vivere e "subire" (sulla nostra
pelle e nella nostra coscienza) simili situazioni, così come
il veleno nei cibi, nell’aria e nell’acqua; come i disastri climatici
e idrogeologici; come l’indifferenza collettiva. Come la notte, che
alberga nei nostri cuori.
E
allora?
La
scienza ci spiega che l’area del cervello che riconosce gli oggetti
familiari si trova nella “corteccia peririnale”,
praticamente nella zona dell’ippocampo, dove passano tutte le
informazioni che apprendiamo e “gustiamo”, sul piano
emotivo.
Questo,
cosa può significare?
Semplicemente,
che abbiamo bisogno di dare un significato “amico” ad
ogni nuova esperienza, senza confinarci nelle abitudini (anche se
comode e sicure) e tornando
sui nostri passi per annodare, meglio, i tanti fili delle esperienze
che, insieme, creano la memoria storica e personale la quale,
altrimenti, andrebbe perduta. E,
con essa, anche gli incroci delle emozioni e gli stessi confini
(invisibili ma incancellabili) della propria coscienza nucleare.
Viviamo
da Albatros, quindi... ma senza dimenticare l’accorta saggezza dei
Gabbiani.

Giorgio
Marchese – Direttore
La Strad@ (Cetraro Marina - 26 Agosto 2017)
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