Quando
arriva Natale, tu guardi il Bimbo: lì c’è la
risposta ai cumuli di alienazione che schiacciano le urgenze
dell’anima.
A
Natale sono certo valga la pena non rassegnarsi allo scempio, senza
inutili rappresentazioni teatrali, ma operando con un atteggiamento e
una condotta senza ambiguità.
In
questo tempo di mamme disorientate senza più identità,
di padri rimossi dalla propria coscienza, di adolescenti
sbrigativamente etichettati a mafiosi, di politica e antipolitica a
soccombere, di informazione e comunicazione malate, di speranze
tumefatte, diventa affanno vivere per credere, per non rimanere
“diversi”, trasformati in frammenti di sopravvivenza.
E’
tempo di Avvento; allora, fare un passo indietro, significa
“ad-venire” a una consapevolezza interiore che è
la conseguenza di una presa di coscienza, costruendo nuova cultura di
libertà, di responsabilità, di scelta, una vera azione
morale, che spinga alla fiducia, ad un superamento delle pratiche
criminali che rendono inaccettabile la collettività della
follia più lucida, dei furbi e dei prepotenti.
Natale
di testa, di cuore, di pancia, il Bimbo nasce e ci interroga:
quale
persona voglio essere io?
Spogliato
dai facili perdoni, dalle comode scorciatoie, dal rifugio
dell’occorrenza, indipendentemente dalla fede che ognuno
professa.
Natale
ha il compito di limitare questo malessere ospitato negli spazi
angusti delle sue esistenze, ha il dovere di contrapporsi alle miopie
insensibili delle ragioni stesse della vita.
Natale
non sciopera ne’ acquista megafoni per orecchie ottuse e
concluse, non è un galeone solitario, non dona facili
marenghi, ci educa e accompagna in questo senso: è importante
in sé finchè insegna alla persona a saper ri-conoscere
il buono e il giusto, per agire bene, con equilibrio, con giustizia.
Quella
tanto auspicata richiesta di legalità non è una
semplice comunicazione di servizio, essa esprime proprio questo
bisogno di ben camminare, per noi stessi e per gli altri, per il bene
quale gesto quotidiano che accomuna.
Natale
non è cartellonistica usa e getta, dunque, offra pure il
fianco alla critica, ma opponga la sua credibilità e capacità
di rinnovamento interloquendo con le giovani generazioni, inducendo
negli adulti un ripensamento culturale, in modo che ciascuno non
pretenda per sé sempre di più, non curandosi di
sottrarre agli altri, di calpestarne le legittime esigenze.
Natale
non è malato di alzheimer, non cade all’indietro, perché
privato della sua storia-memoria, non occorre inventare nuovi valori,
ci sono già autentici e condivisibili, il buon Cekov ci ha
avvertito: “la vita è passata e non me ne sono
accorto”.
Forse
è il caso per l’uomo che guarda assorto quel Bambino, di
fermarsi un momento ad ascoltare, con umiltà in punta di
piedi: sono stanco di essere un uomo incapace di sognare, sono stanco
di rimpiangere, di maledire, sono stanco di essere il barbaro che
tenta di arrivare fino a Dio per poi fregarlo.
Dio
è già qui in questo Bimbo, in questa vita che non
occorre interpretare come una sfida da vincere a tutti costi,
calpestando chi cade affaticato.
Forse
questa vita, tua, mia, nostra, merita sul serio di essere vissuta nel
rispetto di me stesso e degli altri, se così sarà,
saremo persone migliori, la nostra città, la Società
sarà davvero un po’ migliore.
Benvenuto
a te Bambino, chissà se quest’anno avremo più
tempo per stare insieme.
Questi
sono i miei auguri per le Festività, a ognuno e per ciascuno,
auguri scevri di somme e di detrazioni, auguri di speranze che non
cadono dall’alto, ma s’alzano dalle nostre mani, auguri di fatica e
di impegno, auguri per i più giovani, per tutte le donne, per
chi ha un lavoro e per chi non lo trova ancora, auguri per gli
anziani, auguri agli uomini grandi ed a quelli piccini, auguri per
chi arranca, per chi inciampa, per chi infine si rialza, auguri a chi
può fare di più e sà guardare a un palmo del
proprio naso, auguri agli ultimi che non stanno mai al comodo
rifugio.
Auguri
di un terzo millennio finalmente più giusto e più equo.
Vincenzo
Andraous
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