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Probiotici...
di Redazione La Strada  ( info@lastradaweb.it )

5 luglio 2014


Criteri più esigenti per la definizione (e l’utilizzo).


La voce del Grillo Parlante...

Secondo la definizione ufficiale della FAO e dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, i probiotici sono “organismi vivi che, somministrati in quantità adeguata, apportano un beneficio alla salute dell’ospite”.

Il documento FAO/OMS che fornisce questa definizione si riferisce a microrganismi non patogeni presenti negli alimenti o aggiunti ad essi, ed “esclude riferimenti ad agenti bioterapeutici e a microrganismi benefici non utilizzati in ambito alimentare” (elementi non vitali oppure vaccini, etc.).

I batteri lattici (LAB, Lactic Acid Bacteria), per la maggior parte rappresentati dai lactobacilli, e i bifidobatteri sono i più comuni tipi di microrganismi probiotici; anche alcuni lieviti e bacilli possono essere utili.

I fermenti lattici vengono comunemente consumati insieme agli alimenti fermentati che li contengono (tipo lo yogurt con aggiunta specifica di colture batteriche vive e attive), ma i fermenti presenti all’interno di tali prodotti non svolgono alcun ruolo benefico per l’organismo umano, perché muoiono appena entrano in contatto con i succhi gastrici non sopportandone l’acidità.

Secondo le linee guida della FAO/OMS, sono definiti probiotici solo quei microrganismi che si dimostrano in grado, una volta ingeriti in adeguate quantità, di esercitare funzioni benefiche per l’organismo.

A questo punto, parlare di “probiotici” per prodotti come shampoo, dopobarba, disinfettanti e perfino materassi, rappresenta una vero e proprio stravolgimento della realtà e, al tempo stesso, un inganno al consumatore. Ma è improprio, secondo gli esperti nutrizionisti, reclamizzare come probiotici anche molti prodotti alimentari che pure contengono diverse specie batteriche spacciate come benefiche, ma senza un vero fondamento.

Esperti dell’nternational Scientific Association of Probiotics and Prebiotics (ISAPP) hanno stilato un documento, pubblicato su Nature reviews – Gastroenterology & Hepatology, in cui si raccomanda che l’appellativo probiotico venga riservato unicamente a prodotto contenenti adeguati livelli dei ceppi di specie microbiche per i quali siano disponibili studi controllati che confermino i benefici apportati alla salute.

Nel nostro Paese, che si conferma come uno dei più importanti mercati del probiotico al mondo, da diverso tempo il Ministero della salute ha prescritto che l’uso della parola "probiotico" per gli integratori alimentari e alimenti sia utilizzabile solo a determinate condizioni, tra cui:

  • una caratterizzazione genetica completa del ceppo reclamizzato come benefico;

  • un numero minimo di cellule vitali di quel ceppo;

  • una storia dimostrabile, di utilizzo sicuro nel mercato italiano.

    Fonte

Le Scienze (edizione italiana di Scientific American)

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