...non con la solita reiterata tergiversazione per impedire la comprensione, la possibilità di una parete di vetro, dove osservare quel che accade, o purtroppo non accade per niente, perché il diritto è sottomesso e violentato dal sovraffollamento, dagli eventi critici, dai problemi endemici all’Amministrazione.
Il rispetto per il valore di ogni persona ha urgenza di essere inteso non come qualcosa di imposto, ma come una condizione esistenziale da raggiungere attraverso l’esempio di persone autorevoli, anche là, dove lo spazio ristretto di un cubicolo blindato, non dovrebbe mai annientare la dignità del recluso.
Se è vero che le vittime sono quelle che soffrono dimenticate nella propria solitudine, se i parenti delle vittime se la passano peggio dei colpevoli, occorre davvero fermarci a riflettere, pensare quale società desideriamo, di conseguenza quale carcere condividere, e non rimanere indifferenti a un penitenziario ridotto all’ingiustizia di una afflizione fine a se stessa.
In questa sopravvivenza carceraria, c’è una incultura che alla pena di morte vorrebbe consegnare la patente salvavita, basti pensare ai quaranta suicidi in questa metà di nuovo anno.
Forse come nel Fidelio di Beethoven, non è sufficiente "cacciare via velocemente il cattivo suddito ", alle teorie assolute che pretendono di punire perché è stato commesso un reato, e le altre, che puniscono per impedire che nel futuro se ne commettano altri, c’è urgenza di chiederci quale persona entra in un carcere, e quale "cosa" ne esce, quale trattamento ha ricevuto quella persona, se oltre alla doppia punizione impartita, ha avuto possibilità di imparare qualcosa di positivo, o se invece di rieducazione, si tratta di una definitiva devastazione.
Vincenzo Androus
- Counselor, Tutor comunità "Casa del giovane" Pavia