LUCI
NEL “BUIO”...
Adolescenti
senza emozioni e giovani adulti esacerbati, sempre pronti a
destabilizzare i più deboli, catapultati addosso a chi non può
reagire.
Bullismo
ed eroi di cartone, furbi e codardia sospesa a mezz’aria, una
dimensione di imbecillità con la patente a punti da bravi
ragazzi, il tutto ben nascosto dall’indifferenza gruppale che
protegge chi opprime l’innocente. Se non ricordo male ai
miei tempi, esisteva l’esatto contrario del bullismo attuale,
infatti il disagio aggrediva il singolo, ponendolo solo contro tutti.
Il
solitario scopriva gli strumenti della violenza e della diversità,
per diventare protagonista, per apparire, nel tentativo di colmare il
vuoto in famiglia, la precarietà finanziaria, la mancanza di
riferimenti certi, di valori condivisi.
In
questo presente liquido e paonazzo di vergogna, i giovani scelgono
privi della capacità di farlo, la diversità come
corazza e spada, alla solitudine di ieri, contrappongono la notorietà
del web, la valenza moltiplicante dei social network, l’esplosione
mediatica della messaggistica istantanea.
Il
risultato è il copia e incolla di una pseudo corona da
imperatore in una scuola priva di autorevolezza, una scuola e una
famiglia prive di allenatori e conduttori alla vita, perché
dispersi dalle reiterate delegittimazioni.
Di
contro c’è invece un recinto dove incontrarsi per
scontrarsi, per catturare nuove vittime, sempre quelle, gli
innocenti, in preparazione del botto finale da pagare al destino che
pur sempre resta in agguato.
Le
teorie si sprecano nei riguardi della violenza giovanile, sotto
l’ombrellone di un dilagante bullismo sociale, un dispendio
inusitato di tautologie inconcludenti, di dottrine pedagogiche in
procinto di affogare tra eteroeducazione e autoeducazione, per cui
chi sta in cattedra ritiene di educare solamente gli altri, negando
la necessità di doversi formare e rinnovare a un nuovo
“sentire educativo “.
C’è
un disamore adulto, che permette fughe in avanti a quanti pensano di
aggiustare la propria personalità inadeguata, con la
prepotenza degli atteggiamenti omertosi, che mettono fintamente in
“sicurezza “ i pochi “duri” asserragliati
nell’ultimo banco, là, dietro ai tanti inconsapevoli
complici di molteplici vigliaccate.
Negli
anni giurassici che mi sono appartenuti, il bullo era destinato
immediatamente al macero, oggi è divenuto eroe manifesto, non
tanto per la sua fisicità, quella è sempre stata una
caratteristica da antagonismo discotecaro, ma soprattutto per la
vociante e plaudente maggioranza all’intorno.
E’
un’anomalia istituzionale lo spazio in cui il bullo rimane in
piedi eretto come un vessillo, mentre la vittima incassa l’ennesima
sconfitta in termini di dignità rapinata e ingiustizia della
giustizia.
In
questo mare apparentemente sommerso di contraddizioni, anche oggi ho
incontrato tanti giovani, rimanendo stupito, perché sebbene
non impatto con furbi, né ottusi, questa sorta di
mimetizzazione mi conferma l’urgenza di raccontare la storia di
quel bullo di altri tempi, di quel coetaneo che s’è
perduto in tragedie irripetibili, perché viltà non è
dignità, e imbecillità non è intelligenza.
Diviene
davvero un dovere raccontare di quel confine, sì, sottile, ma
irrinunciabile, che separa sempre una legge di sangue da una legge
del cuore, oppure di quanto è difficile essere uomini liberi,
perché per saper scegliere occorre dapprima conoscere il
valore della libertà, per saper credere negli altri, per farsi
aiutare a diventare architetti di domani.
Professori
e genitori in disarmo, perché divenuti poco significativi
assolutori, ognuno indaffarato a delineare la soglia minima di
attenzione, ciascuno a definire bravate le future scivolate.
Forse
per rendere quel ragazzo meno strafottente, occorre trovare il tempo
per guardarlo negli occhi, in forza di una autorevolezza
riconosciuta, perché guadagnata sul campo, non certamente
perché ereditata dalle fatiche e dai sacrifici altrui.
Vincenzo
Androus - Counselor,
Tutor Comunità "Casa del Giovane" Pavia
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