A
me piace andar via senza dir niente perché quando saluto mi
viene una tristezza pazzesca. Chiedo scusa e comprensione ma
lasciate che non vi saluti quando vado via, tanto torno. (Vasco
Rossi)
Se
provassimo a fare un sondaggio su quale sentimento la gente
eviterebbe, oltre ogni ragionevole limite, con estrema probabilità
la risposta con maggiore percentuale e incidenza sarebbe:
L’impotenza
Forse
perché (come sosteneva Shakespeare) siamo fatti della stessa
sostanza dei sogni, o per via del motivo che ci portiamo dentro (fin
nelle particelle più elementari) i costituenti dell’enorme
energia dell’Universo o, in ultima analisi perché, in ognuno
alberga il bambino ingiustamente punito...
Sia
qual che sia, l’idea di non poter muovere un dito contro le
manifestazioni nefande o, peggio, la percezione di impattare contro
un muro di gomma costituisce motivo di profonda ribellione e, al
tempo stesso, angoscia esistenziale.
Sovente,
nella fase REM del sonno (quelle in cui, solitamente, si sogna)
capitano rappresentazioni oniriche in cui ci troviamo impossibilitati
ad agire od a gridare, di fronte ad un pericolo, come allarme
interiore di un inconsapevole che, mal sopporta le angherie che, a
vario dosaggio, ingurgitiamo nel quotidiano.
Incredibile
come il dolore dell’anima non venga capito. Se ti becchi una
pallottola o una scheggia si mettono subito a strillare: “Presto,
barellieri, il plasma!”; se ti rompi una gamba te la ingessano,
se hai la gola infiammata ti danno le medicine. Se hai il cuore a
pezzi e sei così disperato che non ti riesce di aprir bocca,
invece, non se ne accorgono neanche. Eppure il dolore dell’anima
è una malattia molto più grave della gamba rotta e
della gola infiammata, le sue ferite sono assai più profonde e
pericolose di quelle procurate da una pallottola o da una scheggia.
Sono ferite che non guariscono, quelle, ferite che ad ogni pretesto
ricominciano a sanguinare. (Oriana Fallaci)
Quando
due occhi incrociano il nostro sguardo e inquadrano le pupille per un
tempo adeguato, si determina una sorta di alchimia chimico fisica per
cui, attivandosi una determinata categoria di cellule cerebrali (i
neuroni specchio) risuona in noi, un mondo di sensazioni che
risvegliano i ricordi più profondi.
Si
parla di empatia, capace di sintonizzarci sugli stati d’animo altrui.
Che
risvegliano, similmente, i nostri.
Ed
è per questo che, probabilmente, finiamo con l’essere attratti
(con una contestuale voglia repulsiva) da coloro (esseri umani,
animali in genere, piante) che hanno molto da raccontare, attraverso
una personale forma di malinconia che riusciamo a captare perchè
somiglia, incredibilmente, alla nostra.
I
momenti migliori dell’amore sono quelli di una quieta e dolce
malinconia, dove tu piangi e non sai di che. (Giacomo Leopardi)
Ciascuno
reca in sé, cicatrici più o meno profonde, che cela col
cerone, per evitare di restarne troppo condizionati. Oscar Wilde ci
ha spiegato che siamo capaci di trasferire i dolori e le brutture sul
quadro dell’anima che, un po’ alla volta, degrada risparmiandoci la
triste visione del declino e illudendoci di poter restare tetragoni
ai colpi di ventura...
Ma,
come sostiene Alessandro Baricco, accade di vedere il posto dove
saresti salvo e resti sempre lì che lo guardi da fuori. Non ci
sei mai dentro. È il tuo posto, ma tu non ci sei mai.
In
pratica...
E’
come se negassimo una condizione di bisogno, perchè abbiamo
paura di scoprire di non essere capaci di sapercela cavare, tornando
con la mente a quando, da bambini attendevamo l’intervento di un
genitore, capace di trarci fuori da ogni situazione d’impaccio.
Gli
antichi Greci, lo identificavano col ”Deus Ex Machina”
Ecco
perchè il sorriso cede il posto alla smorfia, l’abbraccio al
respingimento. E, quindi, prima o dopo, accade che, dentro di noi,
una sorta di ragione (che addormenta il sentimento) ha il sopravvento
sopra ogni illusione... accade che l’amore c’è ma non si vede
più e... accade che più avanti va e più ti
senti, solo con l’entusiasmo che incontra, inesorabilmente, aridità!
I
dolori, le delusioni e la malinconia non sono fatti per renderci
scontenti e toglierci valore e dignità, ma per maturarci
(Herman Hesse).
In
ogni favola che si rispetti, il sortilegio viene spazzato dal bacio
di un Principe. Cioè da colui che è portatore di quella
purezza e quel candore, in grado di sciogliere il freddo del carapace
liberare il cuore all’aria del mattino.
Caro
Bracco,
sono certo che incontrarti, qualche mese fa, nel luogo dove trascorro
la maggior parte del mio tempo a studiare, riflettere, ascoltare i
dolori della gente e immaginare prospettive di realizzazione sempre
più aderenti Leggi di Natura, abbia rappresentato una sorta di
ammorbidente intimistico capace di riaprire ferite e dolori.
In
grado di riconnettermi col mio essere vivo!
La
scienza ci spiega che, tu, come cane hai “soltanto” una
manciata di neuroni rispetto alla meravigliosa costituzione della
nostra sostanza grigia...
Già,
ma quella sparuta rappresentanza può, se ti tendi
disponibile, agire come gli Argonauti che, imbargati su Argo,
andarono alla ricerca di quel vello d’oro, capace di guarire ogni
tipo di ferita....
Ed
è stato così che, per molte settimane, ogni giorno di
più, ho cercato con sempre maggior frequenza, il tuo crogiuolo
genetico somigliante ad un cane da caccia sicuramente scacciato e
punito da mano (dis)umana, ma non svilito nella sua dignità.
Il
farmi accettare da te, convincendoti della mia inoffensività
nonostante il carico di violenza che ogni giorno mi viene consegnato
alla stregua di rifiuto tossico da smaltire, l’avvicinare la mia mano
al tuo volto, il parlarti degli affanni relativi alla condizione
umana, il nutrirti con affetto, mi ha concesso la possibilità
di un’umana espiazione e purificazione, con conseguente allentamento
delle tensioni conseguenti alla necessità di restare sempre in
guardia.
Come
un pugile al centro del ring.
Avevo
sempre saputo che il vero amore è al di sopra di tutto e che
sarebbe stato meglio morire, piuttosto che cessare di amare. Ma
pensavo che solo gli altri ne avessero il coraggio. In quel momento,
invece, scoprivo di esserne capace anch’io. Anche se avesse
dovuto significare partenza, solitudine, tristezza, l’amore
valeva comunque ogni centesimo del suo prezzo (Paolo Coelho).
Caro
Bracco, si dice che l’uomo che
non conosce tristezza non avrà mai pensieri profondi. Beh,
visto che la mia infanzia ha conosciuto nefandezze inflittemi
(all’insaputa dei miei genitori) da chi avrebbe dovuto vegliare su di
me e che hanno richiesto un lungo periodo di introspezione clinica,
per riuscire a venirne a capo, ho avuto il vantaggio di connettermi
spesso con quella lunghezza d’onda di maliconia esistenziale che mi
pervade, così simile alla tua. Ed è stato così
che mi si è reso possibile, proprio con te, essere me stesso
mentre, col resto del Mondo, poi, io riesco ad essere capace di mostrare tutti gli
aspetti più brillanti (anche in senso cabarettistico, oltre
che scientifico) della mia personalità.
Per
tutto quello che non è stato ma che avrebbe potuto essere. Per
i silenzi e i malintesi compresi in uno spazio senza fine, alla
stregua di un alibi perfetto tra quello che avrei dovuto fare e ciò
che non mi è riuscito di diventare.
Quello
che non ho detto...
Un
mare di ricordi che, spesso cerca di uscire trasformando in Tsunami
il flusso di ogni emozione. Caro Bracco,
il tuo venirmi incontro mi ha concesso di sentire quei movimenti del
cuore così piccoli ma così importanti per capire
l’importanza del perdonarsi e sciogliersi nel piacere di un incontro,
piuttosto che voltarsi e andar via.
E
venne il giorno dell’abbandono
Il
mio egoismo è stata la tua (probabile) fine. Il voler
trasfondere riconoscenza, anche attraverso la realizzazione di un
giaciglio all’altezza della tua “persona”, ha allarmato
chi temeva una tua presenza costante, capace di richiamare all’Ordine
le COSCIENZE e la MORALE.
Fintanto
che l’uomo continuerà a distruggere gli esseri viventi
inferiori, non conoscerà mai né la salute né la
pace. Fintanto che massacreranno gli animali, gli uomini si
uccideranno tra di loro. Perché chi semina delitto e dolore
non può mietere gioia e amore. (Pitagora)
La
capacità e la compulsione incontrollabile di distruggere
qualsivoglia fonte di gioia. Fa parte del prezzo che paghiamo, ancora
oggi, per la nostra “fredda” condizione di esseri umani.
Il
senso di impotenza.
Il
non poter fare più nulla per te, risveglia i vagiti del mio
essere bambino, in balia di chi mi ha ferito, senza la minima
capacità di reazione, in quanto soffocato da mano crudele.
Sta
a me, adesso, decidere se perdermi nella vendetta o accettare il
limite. E subirlo. Facendo si che questo, mi aiuti a crescere.
Perciò
ho scritto, per trasformare la tristezza in nostalgia, la solitudine
in ricordi.(Paolo Coelho)
E
allora ciao, Bracco,
la speranza è quella di rivederti ma, la ragione, suggerisce
che, ciò, non accadrà. La mia anima torna in
immersione. Meno vulnerabile. Ma, sicuramente, più triste.
P.S.
Al di là di ogni aspettativa, oggi, Bracco è tornato,
anche se gravemente ferito. Lo abbiamo medicato e ricoverato presso
una struttura veterinaria. Verrà operato oggi stesso. E ce la
farà.
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