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Non arrenderti mai!
di Giorgio Marchese  ( direttore@lastradaweb.it )

22 febbraio 2011






"Spesso, il vincitore è soltanto un sognatore che non ha mai mollato".


A spasso verso un futuro migliore (Vintage - Remix)

Due termini apparentemente antitetici che stanno ad identificare, contestualmente, il recupero di quanto è stato già fatto (come patrimonio di valori) e l’adattamento, in funzione dell’evoluzione e dei cambiamenti personali, individuali e sociali. Secondo questa filosofia, da un po’ di tempo, si ripropongono, di tanto in tanto, alcuni "incontri" che, altrimenti, correrebbero il rischio di perdersi all’interno del ricchissimo archivio de "La Strad@". I lavori originali (dal titolo: "Gli esami non finiscono mai" e "Partite di giro") sono stati pubblicati, rispettivamente il 10 luglio 2009 e il 3 ottobre 2010. Il tutto, ora, viene proposto rimodulato, ristrutturato e con diversi e consistenti arricchimenti che lo hanno trasformato, di fatto, in un articolo nuovo e "calzante", all’interno di un immaginario dialogo col lettore. Oltre che autointrospettivo.

BUONA LETTURA

Lascia stare tutto quello che non vedi È inutile fissarsi , andare con lo sguardo oltre le montagne del quadro che hai davanti: se vuoi vittoria avrai vittoria, se vuoi sconfitta avrai sconfitta. Ma poi destino e naftalina, mai. Non chiuderlo in soffitta. Lascia stare tutto quello che non vedi. È inutile fissarsi, andare con lo sguardo tra i marciapiedi solcati dai passanti: se vuoi ragione, hai ragione a proseguire col tuo istinto. Ma non cambiare direzione, vai avanti sempre dritto! Primo giorno di lavoro. Già un reclamo e sono fuori. Il tavolo svuotato dagli oggetti inutili. Torna la giacca nell’armadio e si può far la scommessa che non riuscirò a ricambiare tutto l’amore che mi hai saputo dare. Lascia stare tutto quello in cui non credi. È inutile fissarsi e andare con lo sguardo tra le pareti ed i muri che hai davanti: se vuoi ragione hai ragione a proseguire col tuo istinto. Ma non cambiare la benzina, mai nel mezzo di un tragitto. Ti saboterai da sola: un brivido e poi te ne pentirai: il masochismo è tuo. Meccanismo autodistruttivo, dai che arrivo! Primo giorno di lavoro. Già un reclamo e sono fuori. Il tavolo svuotato dagli oggetti inutili. Torna la giacca nell’armadio e si può far la scommessa che non riuscirò a ricambiare tutto l’amore che mi hai saputo dare. Lascia stare tutto quello che non vedi. E togliti quei guanti: finché non c’è una legge che te lo vieti, appoggiati ai miei palmi. Se vuoi ragione avrai ragione a proseguire col tuo istinto. Ma non cambiare la benzina, mai, nel mezzo di un tragitto (Samuele Bersani)

Io mi accorgo di aver tirato un po’ troppo quella corda che la Società moderna ha imparato a chiamare stress, ogni qual volta temo di non aver più nulla da dire. Anche se molto c’è, ancora da pensare. Ed è per questo che, quest’oggi, ascoltando all’interno di un dibattito televisivo un adolescente che chiedeva il motivo per cui dovesse frequentare la scuola, tutti i giorni, ho rivolto alle mie due figlie, la seguente domanda: "La vita, per voi, è facile o difficile?"

Entrambe mi hanno risposto: "Dipende. Se qualcosa ci piace, non c’è problema. Quando affrontiamo ostacoli che non vorremmo... beh, allora è difficile!"

"Ho deciso di scrivere un articolo sul perché le nostre giornate siano, a volte, opprimenti ma non mi viene in mente nulla che non mi faccia correre il rischio di ripetere cose già dette... perché non buttate giù qualche domanda cui possa dedicarmi?"

Sfida raccolta. Riunione nella stanza di Valentina. Dopo un po’ vanno in quella di Mariarita. Chiudono la porta... le sento discutere. Prima allegramente. Poi animatamente. Quindi, silenzio. Sono impaziente di iniziare il mio lavoro ma non mi va di dar loro fretta. Cammino nel lungo corridoio di casa. Scorgo, su una delle scrivanie, un quaderno. Lo prendo... vediamo cos’hanno "partorito"!

"Come mai non riusciamo a scrivere una domanda conclusa?"

Probabilmente hanno creduto di essere state costrette ad affrontare la sindrome da foglio bianco. Quando, avendo un tema da trattare, non si sa cosa scrivere. Invece no! Questo è un ottimo spunto. Proprio brave, queste due!

Quando è, che generiamo un fastidio?

Ogni volta che percepiamo (in maniera consapevole o meno) di appagare un bisogno che ha generato una carenza. Già, ma cos’è un bisogno? Mancanza di qualcosa che sia indispensabile o, quantomeno, ritenuto importante. Chi ha inventato questo termine? Sono stati gli antichi romani che, con "Bis - sonium", hanno inteso riferirsi ad una doppia afflizione. Perchè "doppia"?

La prima, riguarda il "sentire" la carenza; la seconda viene fuori, prepotente, nel momento in cui ci accorgiamo che, per andare incontro all’obiettivo, dopo aver stabilito la strategia adeguata, dobbiamo fare i conti con gli ostacoli che si mettono in mezzo fra noi e la risoluzione del problema. Però, Madre Natura, ci ha messo in condizione di poter fronteggiare situazioni del genere. Infatti, la nostra attività di pensiero si esplica, principalmente, mediante il meccanismo della riflessione. E riflettere significa, testualmente, esaminare e valutare attentamente per assemblare idee, prelevando dati parcellari dal deposito della memoria, per studiare le migliori strategie al fine di risolvere i problemi che nascono quando si cerca di appagare un bisogno.

Care figlie, quest’oggi, non riuscendo a contestualizzare sul foglio il risultato del vostro lavoro mentale, avete scoperto sulla vostra pelle che, consapevolizzare la carenza, è solo una parte del problema. L’altra, consiste nel rimuovere gli ostacoli nati dai conflitti che si generano cercando di giungere all’obiettivo. In pratica, avete vissuto "in presa diretta" che un bisogno è un complesso che prevede, per il suo appagamento, la chiarezza di quello che manca e la capacità di saper rimuovere i paletti fra voi e il punto di arrivo. E dite niente?

Parabola araba

Guardando la montagna sacra quella mattina, l’uomo notò che aveva un’espressione sorniona. Quella montagna era nota per la sua mutevolezza espressiva, come se volesse dirgli "oggi ti svelerò il mio segreto, ma dovrai sudare per scoprirlo". L’uomo si accinse a scalarla e, dopo ore e ore di cammino (a volte anche su sentieri impervi e pericolosi), finalmente arrivò in cima. Qui si fermò sia per riprendere fiato che per aspettare che la montagna rivelasse il suo segreto. Poiché non succedeva nulla si mise ad osservare il panorama e, con sua sorpresa, si accorse che c’era un’altra montagna, più alta di quella su cui lui si trovava: doveva essere quella la montagna sacra! Allora si mise in cammino e, dopo una scalata ancora più lunga e faticosa, arrivò sulla vetta; anche qui rimase in attesa e di nuovo non successe nulla. Scorse , allora, un’altra montagna, più maestosa di quella che aveva raggiunto. Di montagna in montagna, col passare dei giorni, gli sembrò di aver raggiunto la vetta più alta. La sua meraviglia fu enorme nello scoprire che, osservando, in lontananza, la prima delle montagne da lui scalate, questa gli apparve più alta di quella su cui stava! A questo punto, finalmente, sentì (forse dentro di sé) una voce porgli una domanda: "Credi, forse, di scoprire il segreto della montagna sacra continuando tutta la vita a scalare montagne? Stai sbagliando... il segreto è considerare sacra ogni montagna che scali!" (Brano tratto da "Partite di giro")

Me lo sono già chiesto un po’ di tempo fa: che differenza c’è fra maturità e saggezza?

Sia la persona matura che quella saggia ricercano il senso dell’esistenza, si danno da fare per migliorare lo standard qualitativo e si domandano come distinguere il reale dai falsi miti: in parole povere, tendono ad esprimere pienamente se stessi (nel rapporto con la propria identità e nei riguardi del contesto ambientale "ristretto" ed "allargato"), la propria personalità (in maniera proporzionale alle proprie capacità introspettive) ed il proprio ruolo (di partner, genitore, figlio, fratello, soggetto economicamente produttivo, etc.). Il saggio, però, riesce, in virtù della maggiore esperienza di vita (in termini qualitativi, oltre che quantitativi), a manifestare una sorta di plusvalenza nella capacità di integrazione e adattamento. In pratica, volendo appagare i suoi bisogni, sa che dovrà risolvere tutto quello che incontrerà sul cammino si arrabbierà di meno (rispetto a chi, comunque, è già maturo) quando qualcuno o qualcosa si metterà di traverso.

"Di tutte le storie che il mito ci ha tramandato, Buddha (al secolo, Gautama Siddharta) viene fuori come un uomo di buon senso, contrario al credere fideistico, all’occulto, ai dogmi. Ad un discepolo che lo tempestava di domande intellettuali e che era tornato alla carica, chiedendogli se l’anima esista prima della nascita, Buddha rispose con la storia del soldato trafitto dalle frecce, che viene portato d’urgenza dal cerusico perché gliele estragga e lo salvi, ma lui insisteva voler sapere, prima, chi lo ha ferito... e con quale intenzione lo ha fatto. Con questo aneddoto, Buddha vuole spiegare all’allievo che la sua domanda è irrilevante perché, qualunque sia la risposta, quel che conta è capire il significato del nascere, dell’invecchiare, del morire e del soffrire" (da "Un altro giro di giostra" - Tiziano Terzani - Tea Ed.).

 

Basterebbe imparare ciò che occorre per vivere in modo conforme alle leggi di natura per migliorare notevolmente la qualità della propria vita: cosa ce lo impedisce?

Una miriade di fattori. Le abitudini nostre e quelle degli altri, tanto per cominciare, che agiscono come freno inerziale per un’azione più libera da condizionamenti. Molti esperti concordano nell’affermare che l’essere umano, per come lo conosciamo noi, sia comparso non più di 6000 anni fa come risultato di un processo evolutivo iniziato più di 4 milioni di anni fa. L’universo, però, è comparso (dopo l’innesco del Big Bang) qualcosa come 14 miliardi di anni fa! Sarebbe come dire che il "tutto" sia iniziato all’inizio dell’anno in corso e che noi siamo giunti sul posto da pochi minuti

Facciamo un po’ di conti

L’età dell’Universo è di circa 14 miliardi di anni, un’infinità se relazionata alla vita media dell’uomo. E se racchiudessimo la sua storia in un unico anno? Un solo secondo corrisponderebbe a 500 anni della sua esistenza! Proviamo a sintetizzare alcune tappe importanti.

1 gennaio

Nasce l’Universo, dal Big Bang (14 Miliardi di anni fa)

3 maggio

Nasce la Via Lattea (circa 8.700 milioni di anni fa). Nella nostra galassia sono presenti circa 300 miliardi di stelle. Nel processo di formazione della Via Lattea appaiono i primi atomi pesanti.

19 agosto

Viene a formarsi il Sistema Solare (circa 5.050 milioni di anni fa)

7 settembre

Nascita della Luna (circa 4.330 milioni di anni fa). In seguito all’aggregazione di materiale dopo l’impatto di un protopianeta delle dimensioni di Marte con la Terra si ha la formazione della Luna (ipotesi più accreditata). Questa teoria spiegherebbe anche l’inclinazione dell’asse terrestre.

17 settembre

Prima crosta e oceani (circa 3.940 milioni di anni fa). Il processo di raffreddamento della Terra porta alla formazione della prima crosta su cui si generano gli oceani. L’era dei supercontinenti Sono almeno tre i periodi della terra in cui tutte le masse continentali erano unite:

  • 2 dicembre(1.100 milioni di anni fa): RODINIA; questa gigantesca massa di terra iniziò a smembrarsi 1.000 milioni di anni fa.
  • 16 dicembre (600 milioni di anni fa): PANNOTIA; la maggior parte della sua massa va a situarsi nell’emisfero sud.
  • 24 dicembre (280 milioni di anni fa): PANGEA; è il periodo della grande estinzione; scompare gran parte degli organismi viventi. Questa massa inizia a disgregarsi circa 180 milioni di anni fa dando luogo ai continenti attuali.

30 dicembre

Il grande impatto (circa 65 milioni di anni fa).Un meteorite collide con la penisola dello Yucatan dando luogo ad un enorme cratere. Una nube di polvere copre l’atmosfera e provoca un significativo cambiamento climatico che, correlato con altri fattori, porta moltissime specie all’estinzione (come ad esempio, i dinosauri).

31 dicembre

  • Ora: 00h 01’(38 milioni di anni fa circa) La separazione della Pangea porta, tra gli altri fenomeni, alla formazione dell’Himalaya, a seguito dello scontro della placca indiana con quella euroasiatica (scontro tuttora "attivo").
  • Ora: 20h 12’ (6 milioni di anni fa circa). L’avvicinamento tra Africa ed Europa rende il Mediterraneo un grande lago, non essendo più in contatto con l’Oceano Atlantico. La maggior parte dell’acqua evapora.
  • Ora: 23h 53’ 06’’ (180 mila anni fa circa). Risalgono a questo periodo i fossili più antichi dell’Homo Sapiens. Siamo sulla terra da meno di sette minuti in questo ipotetico anno di vita dell’Universo. Noi esseri umani, siamo appena arrivati.

 

in buona sostanza, dovremo avere, per forza, un po’ di tempo per raccapezzarci e poterci organizzare prima di agire! Ma invece, non conoscendo quasi nulla, ci si trova costretti a correre per portare a casa qualche risultato!

Ma come mai è così difficile vivere?

Il termine difficile, significa, letteralmente, "complesso, critico, pieno di disagi, oscuro, arduo da comprendere, che richiede abilità, attenzione, impegno". Di sicuro, un simile sistema non consente la noia, che è uno dei grandi mali dell’umanità.

Qualcuno sostiene che siamo nati per espiare; qualcun altro, invece, è del parere che siamo nati per esplorare. Quale che sia la motivazione, in realtà siamo stati "progettati" per soffrire ma non per lamentarci. La sofferenza, infatti, è il risultato di un impegno globale che affatica ma, al tempo stesso, allena alle avversità e, in definitiva, rende più efficaci. In ultima analisi: migliori.

Qualsiasi idea "creativa" e innovativa richiede un impegno dell’attività cerebrale che precede una tempesta organizzativa (gli anglosassoni la definiscono "brain storming") e consegue ad un’articolata processazione fatta di verifiche e superamento di ostacoli interiori, derivanti da condizionamenti, a volte inconsapevoli. "E’ impossibile scrivere in pace se quello che si scrive vale qualcosa" (Charles Bukowski).

Perché ci si deve affannare?

Se cerchiamo il termine affanno, sui dizionari della lingua italiana, lo assoceremo al concetto di privazione del respiro, afflizione e travaglio. Riconducendoci al discorso precedente, non possiamo evitare l’impegno continuo come unico antidoto contro l’assuefazione e la conseguente demotivazione. Purché, ovviamente, tutto abbia un senso. Il piacere che proveremo, per forza di cose sarà breve perché ci abitueremo velocemente a quella condizione che, in quanto priva di novità, non ci darà più alcuna soddisfazione. Dovremo, a quel punto, ripartire per cercare nuovi obiettivi di soddisfazione. Questo è il sistema che ci "costringe" a diventare migliori. Continuamente. Probabilmente non è un caso che sulla lingua, le papille gustative siano di quattro tipi, tre ci consentono di apprezzare variegate sfumature frustranti che passano per l’amaro, il salato e l’acido; solo una serve per il dolce, la cui percezione genera dipendenza e assuefazione. Come dire, vogliamo il buono, in misura crescente e, per ottenerlo dobbiamo fare lo slalom fra gli ostacoli.

Che senso ha, tutto questo?

Quello di "costringerci" a migliorarci, incessantemente. È attraverso questo, che passa il concetto di evoluzione.

Nessuno può insegnarti tutto, ma tutti possono insegnarti qualcosa.

Chissà quante volte ho letto quest’affermazione di Giovanni Russo, riportata in molti dei suoi libri! Eppure quest’oggi, una tranquilla domenica di febbraio, credo di averne capito, veramente, il senso. Solitamente, quando si deve scrivere qualcosa di impegnativo (un tema, un articolo, una tesi, una relazione, un saggio monografico di approfondimento), prima di mettere su carta il contenuto dei propri pensieri, ci si organizza in una ricerca bibliografica sull’argomento. A volte succede che, spunti interessanti, li possiamo trovare in frasi, informazioni e altro di (apparentemente) poco significativo sparso qua e là, in attesa di essere valorizzato nella giusta maniera. E questo è quello che mi capita ogni volta che metto da parte la mia presunzione negativa, esco dal mio egocentrismo e mi si sintonizzo opportunamente col mondo esterno. Così come in Natura, potenzialmente, troviamo tutto quello che serve per vivere (immaginiamo l’autosufficienza dell’ecosistema che si crea in una foresta, o negli abissi marini, ad esempio), ecco che immancabilmente, magicamente, da una frase su un muro, un messaggio televisivo, trovo il necessario per dare inizio alla storia. La mia storia.

Ecco, questo è quello che, i più, chiamano un segno della "provvidenza"! D’altronde, non è scritto da qualche parte... "Aiutati che Dio ti aiuta?"

Le 10 "A" dell’educazione

Ed è così che, in una domenica di febbraio, all’interno di un contenitore televisivo (una trasmissione su cui, di solito, non punto la mia attenzione), un tranquillo signore di mezza età (di cui non ricordo il nome) "presenta" le sue 10 "A" sull’educazione da proporre, almeno, nei contesti che riteniamo essere più importanti

  • Ascoltare (empaticamente)
  • Accogliere (senza inibizioni)
  • Avvicinare (senza paura)
  • Attendere (con pazienza)
  • Aggregare (costruttivamente)
  • Ammirare (senza invidia)
  • Ammonire (evitando inutili sofferenze)
  • Accompagnare (senza abbandonare)
  • Accostarsi (con delicatezza)
  • Amare (rispettando)

Proviamo ad analizzare il significato profondo di ciascuno di quei termini e otterremo ciò che serve, per continuare. Senza troppi tentennamenti o disillusioni.

Si dice che la sofferenza renda più forti. E allora perché, a volte, ci sentiamo più fragili e disorientati?

Ognuno è caratterizzato dagli eventi della vita che, come bagaglio esperenziale, trasformano e plasmano. In meglio o in peggio? Dipende da tanti fattori ma, comunque vada, si creano abitudini di protezione dalla sofferenza che si è provata e che ha segnato con un marchio a fuoco, profondo, che richiama tutto quello che lo ha determinato, avendo creato una memoria storica, addirittura nei neuroni. Tale condizionamento potrebbe cambiare, è vero... ma a condizione di incontrare persone mature, in grado di convincere che può essere diverso. Altrimenti, meglio continuare a proteggersi. Nella vita scegliamo e paghiamo, a volte, anche per le scelte degli altri. In fondo, a ben riflettere, siamo padroni, veramente, solo di scegliere se mantenere la dignità oppure no. Per il resto, siamo ben poca cosa, nel grande gioco dei potenti. Ma essi stessi, in fondo, sono ben poca cosa nel grande gioco della vita. Poco più che ragazzacci di passaggio.

Nella mia vita, soprattutto professionale, incontro tante persone. A volte molto buone, altre volte meno. Ogni tanto incrocio qualcuno che mi sorprende, per come riesce a cambiare in meglio. Uno di questi mi ha scritto una lettera aperta a se stesso, che ritengo utile riportare, integralmente.

"Caro amico, anche se non ci credi, se hai paura di chiedere troppo alla vita, anche se hai paura del giudizio degli altri, in questo momento, anche se hai paura di rimanere solo ed impazzire per questo, anche se in te è nascosta la paura di finire con una puttana o con una donna che non potrà offrirti altro che una grigia monotonia, ricordati sempre che, anche se la vita è stata crudele con te costringendoti inconsciamente a prendere decisioni sbagliate che oggi devi pagare a caro prezzo con il dolore e che anche se la fortuna ti ha girato le spalle e il destino si è preso gioco di te, spezzandoti le gambe e facendoti mangiare la polvere... NON MOLLARE! In questo momento di confusione e oscurità totale, devi credere sempre di più in te stesso. E ricordati che sei sempre riuscito ad affrontare in modo brillante tanti problemi che altri, al posto tuo, non avrebbero risolto. Stringi i denti e ricordati che simili sofferenze rendono più forti e che solo quando si è veramente con il culo per terra, si capisce che c’è bisogno di reagire e rialzarsi: se non combatti sei finito! È inutile negare che questa situazione che, per molti, può sembrare una cazzata, per te è la prova più difficile. E’ la prima vera volta che devi decidere una cosa che riguarda solo te. Questa è la prima volta che ti trovi veramente solo senza dover fare il prode ingenuo, sempre al servizio degli altri. Fai entrare l’altro, nella tua vita, senza doverne dipendere. Caro amico, non restare nell’aereo che deve atterrare tra mille turbolenze, venti forti, tormente e, per giunta, su di una pista dissestata, non illuminata, piena di buche e addirittura ghiacciata; prendi il paracadute e lanciati. Ne sei capace. Non avere paura di attraversare quelle fitte nubi oscure, atterrerai su di un soffice prato, reso ancora più bello dallo splendore del sole e circondato da verdi montagne. Confido in te, con sincero ed enorme affetto".

Di fronte ad eventi negativi, come si fa a non mollare?

La storia di Ben Carson (Fonte Wikipedia)

Benjamin Carson è un medico statunitense, di colore, nato a Detroit il 18 settembre 1951. È è direttore di Neurochirurgia Pediatrica al Johns Hopkins Hospital dall’età di 33 anni. Ha ricevuto nel 2008, dal Presidente George W. Bush, la medaglia presidenziale della libertà: una delle maggiori onorificenze civili, degli USA..

Sua madre, Sonya Carson, una donna giovane con scarsa istruzione, si sposò all’età di tredici anni. Il marito abbandonò la famiglia dopo che Sonya scoprì che aveva un’altra moglie e altri figli. Si ritrovò sola, con pochi soldi e con due figli da mantenere. La separazione e il divorzio avevano fatto piombare Sonya in un terribile periodo di confusione e depressione e, per alcuni periodi, si fece ricoverare in un ospedale psichiatrico per cercare di curarsi, preferendo non dire nulla ai figli. Col tempo si ristabilì dalla depressione, ma non fu facile ritornare alla vita normale. La famiglia decise di trasferirsi a Boston nel 1959 e ci rimase fino al 1961. Nel frattempo Sonya lavorava duramente, barcamenandosi in mille attività ma senza trascurare l’istruzione dei suoi figli. Ben, a scuola, all’inizio non riusciva ad esprimersi e veniva considerato, addirittura, un ritardato. La mamma gli impedì, a quel punto, di perdere tempo a seguire programmi televisivi e lo costrinse ad un duro lavoro su se stesso che comprendeva, tra, l’altro, leggere e a riassumere due libri alla settimana e a sviluppare interessi come, ad esempio, quello della musica classica. Tornarono nella casa dove avevano vissuto prima del divorzio e Benjamin si iscrisse al liceo Hunter, una scuola con predominanza di allievi neri. Fu un allievo eccellente.

Finito il liceo, furono mandati rappresentanti dalle migliori università, come Harvard e Yale, per reclutarlo con offerte e contributi. Nell’autunno 1969 Ben fu accettato all’Università di Yale e gli fu anche offerta una borsa di studio accademica del 90%. Durante i suoi anni di studio, svolse diversi tipi di lavori per mantenersi: fu assunto in un laboratorio di biologia, in un ufficio paghe, in una squadra che toglieva rifiuti dalle strade, in una ufficio postale, in un’azienda di automobili e in un laboratorio di radiologia.

Dopo Yale, si iscrisse alla facoltà di Medicina del Michigan, una delle migliori degli Stati Uniti. Nell’estate tra il diploma e l’università medica lavorò in un’acciaieria dove divenne cosciente di avere un’ottima coordinazione occhio-mano, che in seguito lo fece diventare un ottimo chirurgo.

"La mia coordinazione tra occhi e mani, è stato un inestimabile vantaggio per me in chirurgia. Questo dono va oltre la coordinazione occhio-mani e include l’abilità di capire i rapporti personali, per pensare in tre dimensioni" (Benjamin Carson)

Nell’autunno del 1966 inviò una domanda per l’internato in neurochirurgia al John Hopkins Hospital, che accettava solo due studenti all’anno e riuscì ad entrare. Per combattere il pregiudizio che, a volte, si manifestava nei suoi confronti, per essere "di colore", Ben sentì, come un obbligo morale, il diventare un modello per i giovani neri. Nel corso di tutti i suoi tirocini aveva ottenuto apprezzamenti e riconoscimenti estremamente buoni. Grazie ad uno studio su un modello di tumore cerebrale, compiuto insieme al Dottor Jim Anderson, ottenne il premio di Internista dell’anno. Nel 1984 il primario della neurochirurgia pediatrica diede le dimissioni e affidarono l’incarico a Ben, che aveva solo 33 anni.

Ad un anno dalla sua nomina affrontò uno degli interventi più difficili della sua vita : eseguì la sua prima emisferectomia su una bambina di nome Maranta Francisco. L’esito del caso ebbe un effetto straordinario oltre che per la sua carriera, anche sull’atteggiamento della professione medica verso un procedimento chirurgico controverso, che aveva molti effetti collaterali e un’alta mortalità associata. La bambina aveva un’infiammazione del tessuto cerebrale estremamente rara, che le provocava fino a cento convulsioni al giorno. Ben rimosse la parte sinistra del cervello e dopo dieci ore di intervento la bambina si svegliò riuscendo sia a parlare che a muovere le varie parti del corpo. Da quel momento in poi non ebbe più attacchi epilettici.

Nel 1987, Ben entrò nella storia della medicina con un intervento chirurgico per separare una coppia di gemelli. I gemelli Binder, Benjamin e Patrick, sono nati uniti nella parte posteriore della testa. Le operazioni di gemelli separati uniti in questo modo aveva sempre fallito, causando la morte di uno o di entrambi i bambini. Riunirono sette anestesisti pediatrici, cinque neurochirurghi, due cardiochirurghi, cinque chirurghi plastici e dozzine di infermiere e tecnici (in tutto una settantina di persone). Ci misero cinque mesi per programmare e preparare accuratamente l’intervento. L’operazione sui gemellini di sette mesi iniziò sabato 5 febbraio 1987 alle ore sette e un quarto del mattino e durò 22 ore. Fu un intervento storico che segnò la storia della medicina.

Ben ha scritto tre bestsellers: "Mani miracolose", "Think big" e "The big Picture". Il primo libro è un’autobiografia, mentre negli altri due espone la sua filosofia di vita. I suoi libri hanno avuto un estremo successo in America e sono stati tradotti in molte lingue. Nel 2002 a Ben è stato diagnosticato un cancro alla prostata. Dopo questo avvenimento ha deciso di fare dei cambiamenti nella sua vita cercando di trascorrere più tempo con la moglie e i figli, nonostante operi più di trecento bambini in un anno.

Nel 2009 è uscito il film dedicato alla sua vita, nel quale Ben è interpretato dal Premio Oscar Cuba Gooding Jr.

La sua filosofia di vita: pensare alla grande (THINK BIG)

  • T - Talents/Time - TALENTO/TEMPO : Impara a riconoscere e accettare i doni che Dio ti ha offerto. Sviluppa questi talenti e usali nella carriera che scegli. Ricorda che questi doni ti assicurano un vantaggio. Impara l’importanza del tempo. Quando sei puntuale le persone possono dipendere da te e così dimostri la tua affidabilità
  • H - Hope - SPERANZA : Non andare in giro con il viso tirato, aspettando che ti capiti qualcosa di brutto. Anticipa le cose buone e prendile quando arrivano.
  • I - Insight - DISCERNIMENTO : Ascolta e impara dalle persone che sono già state là dove tu vuoi andare. Impara dai loro trionfi e dai loro errori.
  • N - Nice - CORTESIA : Sii cortese con tutte le persone. Essere gentile, amichevole e utile è decisamente meno faticoso e riduce di molto la pressione e il peso delle responsabilità.
  • K - Knowledge - CONOSCENZA: Se sei perspicace e, in particolare più perspicace di chiunque altro nel tuo campo, diventi inestimabile. La consapevolezza è la chiave per una vita indipendente, per tutti i tuoi sogni, per le tue speranze e aspirazioni.
  • B - Books - LIBRI : L’apprendimento attivo dalla lettura è migliore dell’apprendimento passivo, quale ascoltare delle conferenze o guardare la televisione. Sviluppiamo le nostre menti leggendo, pensando e raffigurandoci le cose da noi stessi.
  • I - In-Depth - APPRENDIMENTO ESAURIENTE: Coloro che apprendono scoprono che la conoscenza acquisita diventa una parte di sé. Possono così comprendere di più loro stessi e il loro mondo e continuano a costruire sull’apprendimento accumulando nuove informazioni.
  • G - God - DIO : Non diventare mai troppo grande per Dio e non respingerlo mai dalla tua vita.

Di seguito, si propone il trailer del film sulla sua vita. Caro lettore, è in Inglese. Lo so, è frustrante. Però, a parte il fatto che è molto intuitivo, di fronte a tutto quello che ha dovuto sopportare il dott. Ben Carson, un po’ di fastidio è tollerabile. Quindi, non arrenderti e goditi lo spettacolo.

Il crollo di un’illusione?

Tornando all’ultima indicazione di Ben Carson )"Non diventare mai troppo grande per Dio e non respingerlo mai dalla tua vita"), in effetti, chi crediamo di essere? Inventori, poeti, santi, scaltri uomini d’affari, politici corrotti, sognatori idealisti... ma, in realtà alla stregua di polli di allevamento, se ci mettiamo a riflettere veramente e ci domandiamo che senso possa avere la nostra vita, quale che sia la fede in cui si possa credere, non possiamo non concludere che:

  • siamo fatti di energia (che ha consentito la produzione di cellule gametiche in grado di dare inizio, dopo la fecondazione, allo zigote da cui siamo venuti fuori),
  • che qualcuno o qualcosa ha messo a nostra a disposizione (per essere sviluppata, usata e migliorata),
  • da condividere in vita (per realizzare scambi, si spera corretti e produttivi)
  • e restituire post mortem per essere digeriti e metabolizzati da un sistema che utilizzerà il meccanismo per riprodurre se stesso, migliorato di generazione in generazione.

Un po’ come il ciclo dell’acqua: piove, si formano i fiumi, beviamo da essi, uriniamo, reimmettiamo i liquidi nei corsi d’acqua che, attraverso il meccanismo dell’evaporazione, formeranno le nubi da cui scenderà, nuovamente, la pioggia.

Una partita di giro, insomma.

Con le nostre azioni e il nostro stile di vita, possiamo scegliere di stare in un allevamento in batteria (da cui riceviamo protezione e perdiamo libertà) o all’interno di un’aia (esposti alle intemperie e ai pericoli di ogni genere ma liberi di scegliere). Partendo da una deduzione scientifico - filosofica (in base a cui, si finisce col diventare cibo per chi ci "alleva"), la prima tipologia è destinata a produrre una carne piuttosto insipida (alias, uno sviluppo qualitativo e quantitativo di energia intra atomica e intersistemica, scadente), i ruspanti, invece saranno molto più saporiti, sviluppando sapore e consistenza (e avranno, di conseguenza, rispettato l’obiettivo dell’allevamento).

A questo punto, due considerazioni.

Partiamo dalla prima: più proviamo piacere nelle cose che facciamo (rispettando leggi di natura) più sviluppiamo il meglio di noi ( e restituiamo energia migliorata);

andiamo alla seconda: siccome la Natura non agisce senza un motivo, potremmo immaginare che ci venga concesso di vivere fino a quando non si raggiunga l’età in cui si può generare dei figli dopodiché, con le nostre azioni, dobbiamo convincere l’allevatore (alla stregua del maialino Wilbur, del film "La tela di Carlotta") che meritiamo ancora altre chance.

È solo un altro miracolo ordinario, quest’oggi!

La Tela di Carlotta è un classico della letteratura per l’infanzia. Scritto nel 1952 da E.B. White; questo racconto ha attraversato le generazioni, offrendo ai bambini (e agli adulti) di tutto il mondo, la giusta dose di emozioni, commozione e buoni sentimenti. Nel 2007 è diventato un film. Fern è una bambina che vede nel maialino Wilbur le caratteristiche che ne fanno un’autentica perla nel porcile. Quando Wilbur si trasferisce in una nuova fattoria allaccia la seconda profonda amicizia della sua vita con un ragno di nome Charlotte e il loro legame spinge gli altri animali a iniziare a comportarsi come una grande famiglia. Quando per Wilbur giunge il momento di essere trasformato in salsicce, nulla sembra poterlo salvare dal suo triste destino... ma sarà Charlotte (capace di pensare in grande) a usare la sua ragnatela per convincere il fattore che Wilbur non è un maiale come tutti gli altri e non merita di essere macellato.

Sarah McLachlan - Ordinary Miracle

It’s not that unusual (Non è insolito che )
When everything is beautiful (Quando tutto è bello )
It’s just another ordinary miracle today (sia solo un altro miracolo ordinario, quest’oggi )

The sky knows when it’s time to snow (Il cielo sa quando è tempo di neve)
Don’t need to teach a seed to grow (Non hanno bisogno di insegnare ad un seme a crescere)
It’s just another ordinary miracle today (Tutto ciò è solo un altro miracolo ordinario, quest’oggi)

Life is like a gift they say (La vita è come il dono che dicono)
Wrapped up for you everyday (che vi avvolge tutti i giorni )
Open up and find a way (Aprite e trovate il modo )
To give some of your own (Per dare qualcosa di voi)

Isn’t is remarkable (Non è forse notevole)
That every time a rain drop falls (Che ogni volta che una goccia di pioggia cade)
It’s just another ordinary miracle today (Sia solo un altro miracolo ordinario, quest’oggi?)

Birds in winter have their fling (Gli uccelli, in inverno, hanno mille avventure)
But always make it home by spring (Ma tornano sempre a casa, in primavera)
It’s just another ordinary miracle today (E ’solo un altro miracolo ordinario, quest’oggi)

When you wake up everyday (Quando ti svegli, ogni mattina)
Please don’t throw your dreams away (Ti prego... non buttare via i tuoi sogni)
Hold them close to your heart (Tienili vicino al tuo cuore)
Cause we’re all a part (Perchè siamo tutti una parte )
Of the ordinary miracle (Del miracolo ordinario)

It’s just another ordinary miracle today

 

 

G. M. - Medico Psicoterapeuta

Un grazie particolare alle mie figlie Mariarita e Valentina per avermi stimolato a scrivere questo articolo.

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