“Toccherà
forse agli scienziati del terzo millennio sciogliere ciò che,
nel 1813, Schopenauer definiva il nodo cosmico (ossia l’enigma
che ognuno di noi si porta dentro) che condiziona e, in un certo
senso, crea la condizione umana: cioè l’intreccio tra il
mondo degli oggetti materiali, compreso il nostro corpo e quella
entità ineffabile e apparentemente immateriale che oggi
chiamiamo mente (spirito, anima, mana, etc.) che da millenni intriga
e affatica filosofi, scienziati, religiosi, moralisti e, insomma,
chiunque si interroghi sullo statuto umano e sulla immaterialità
della maggior parte delle nostre esperienze umane". ( La
Repubblica - Cultura – 15.01.2001)
Che
cos’è la coscienza?
Questo
termine deriva dal latino e indica quella consapevolezza soggettiva,
più o meno chiara, che l’essere umano ha di sé
(cioè dei suoi sentimenti, delle sue percezioni, dei suoi
pensieri, ecc.) e di ciò che lo riguarda: in sostanza, la
capacità di rendersi conto di qualcosa o, anche, la
possibilità di tutte le funzionalità inconsapevoli, che
si esprimono mediante il tono dell’umore; il tutto, grazie
all’attività del pensiero, che rappresenta quella
funzione dell’intelletto estrinsecantesi, mediante il sistema
nervoso, nella produzione di elaborati più o meno complessi.
Gli
esperti distinguono due forme fondamentali di coscienza definite,
rispettivamente:
"Di
base"
prevalentemente consapevole, responsabile di percezioni e
apprendimenti "espliciti", di cui siamo in grado di
renderci conto;
"Attuale"
prevalentemente (anche se non esclusivamente) inconsapevole,
caratterizzata da percezioni definite "implicite".
La
prima, attiene alla consapevolizzazione di esistere, di possedere
un corpo ed una propria identità e consente, inoltre una
localizzazione di sé nello spazio e nel tempo. La seconda,
consente l’estrinsecarsi di attività elaborative a
produzione, prevalentemente, inconsapevole (Percezioni - Emozioni).
In
base alle più moderne acquisizioni neuroscientifiche, possiamo
concludere che siamo in grado di percepire consapevolmente solo ciò
che arriva in modo "efficace" alle aree associative della
corteccia cerebrale. I processi di elaborazione che avvengono al di
fuori della corteccia rimangono a livello inconscio. Siccome per
l’attivazione della corteccia è indispensabile un
coinvolgimento preventivo di queste altre zone (gangli basali
sottocorticali, sistema libico, etc.), è facile dedurre che
questo, tecnicamente, dimostra il fatto che la consapevolezza dei
nostri elaborati è preceduta dall’attivazione delle
attività inconsapevoli.
Di
fatto, questa "costellazione" anatomica crea il fondamento
neuronale e nevrogliale di ciò che possiamo chiamare
"autonomia d’azione dell’individuo", cioè
la determinazione delle nostre azioni sulla base dell’esperienza.
Dal momento che le componenti di elaborazione dei centri di controllo
delle emozioni, lavorano per lo più a livello inconscio,
questo ci dà un’altra prova del fatto che, l’io
cosciente, non esercita un controllo sull’inconsapevole ma,
semmai, accade l’esatto contrario.
E,
a questo punto, entra in gioco il concetto e il valore del termine
identità.
Identità
deriva dal latino identitatem (da idem, stesso, medesimo) ed
individua la relazione tra un essere umano e se stesso. La prima
formulazione del principio di identità è di Aristotele
ed ha costituito, fin da subito, il presupposto fondamentale di ogni
dimostrazione logica.
L’essere
umano, sviluppando la propria personalità, si esprime
prevalentemente mediante la propria identità (colloquio con se
stesso), per poi estrinsecarsi al mondo esterno mediante
l’individualità (comunicazione con un altro individuo) e
la collettività (comunicazione con il gruppo del contesto di
riferimento).
Per
identità intendiamo la comunicazione continua e costante,
consapevole ed inconsapevole (prevalentemente), che ogni essere umano
ha con se stesso,
Ogni
manifestazione comportamentale, ogni sbalzo d’umore, ogni stato
d’animo dipende da questo continuo dialogo con se stessi che,
inoltre, consente un tratto di continuità fra presente e
passato, del nostro mondo inconsapevole che sfugge al controllo del
"consapevole."
Questa
sorta di comunicazione "profonda" ci consente di
riconoscerci ogni giorno (consapevolizzazione dell’io), e di
adattarci ai cambiamenti che avvengono istante per istante,
lentamente, relativi alla nostra personalità, sul piano
psicofisico; ecco perché ci accorgiamo delle nostre
trasformazioni, solo osservando una nostra vecchia fotografia oppure
rileggendo nostre riflessioni che avevamo messo su carta, nel
passato.
Tutto
ciò serve ad evidenziare un aspetto molto importante.
Poiché
i cambiamenti avvengono molto lentamente, al punto tale da non
accorgersene, ciò induce a riflettere sulla circostanza che,
anche se si volesse accelerare tale processo, ciò non sarebbe
possibile, perché si genererebbe una sorta di confusione che
produrrebbe una inevitabile crisi esistenziale, al punto da non
riconoscersi più.
Pertanto,
sia dal punto di vista corporeo che psicologico, è necessario
abituarsi ai cambiamenti stessi ricordandosi che la manifestazione
visibile di ogni trasformazione, secondo leggi di Natura (che
governano l’Universo intero), avviene lentamente, senza
forzature, altrimenti si avrebbe una reazione di rifiuto verso se
stessi.
Lo
sviluppo “maturativo” della propria identità
Tornando,
per un attimo, alle ambientazioni affascinanti di chi, per primo, ha
sistematizzato il mondo dell’Inconscio, ritroviamo il nostro
“Io” (o “Identità”) a
fare i conti con l’Energia Vitale Umana che, sotto forma di
Pulsioni, cerca di diversificarsi e ramificarsi, per consentire le
varie attività che ci connotano. Questa “istanza”,
Freud la chiamava “ES”.
Accanto,
fa capolino l’antagonista del principio del piacere che,
alimentato dal sistema educativo e, soprattutto, dalla Morale del
tempo storico, prende il nome di “Super Io”
e svolge un ruolo censorio rispetto a tutto ciò che non
rispetta le regole (sociali e religiose) imposte.
Per
evitare che il povero “Io” resti
schiacciato dai codici morali o si perda, dietro il discontrollo
degli impulsi, diventa necessario indispensabile una crescita idonea
che consenta una graduale competenza nell’introspezione e nella
cosiddetta mentalizzazione.
Come
accennato prima, si possono avere delle crisi relative alla propria
identità, o per scombussolamenti dovuti a cambiamenti
sostanziali della personalità, oppure per difficoltà di
adattamento ai problemi della vita, dovute alla carenza di sviluppo
dell’identità medesima.
Ogni
essere umano, per poter ottenere il meglio dalla vita, dopo aver
soddisfatto le esigenze indispensabili (nutrirsi, vestirsi, risolvere
il problema relativo alla ricerca di una abitazione "rifugio",
etc.), sarà necessario che acquisisca conoscenze utili per
promuovere la crescita della propria personalità globale,
attivando correttamente le proprie capacità, portando avanti
(con esito positivo) un programma di vita sostenuto con una buona
organizzazione ottenendo, alla fine, anche un dialogo, col proprio
mondo interiore, che renda sempre più forti.
In
conclusione e sinteticamente...
Le
condizioni di naturale raggiungimento di una valido grado di
maturità, si raggiungono in maniera direttamente proporzionale
alla costruzione di una corretta autostima
(considerazione
positiva generale che un essere umano può avere di sé,
sganciata dai giudizi altrui) e di ciò che si chiama
autoaffermazione
( capacità
di esprimere pienamente se stessi, la propria personalità e il
proprio ruolo).
"Le
persone più felici non sono necessariamente coloro che hanno
il meglio di tutto, ma coloro che traggono il meglio da ciò
che hanno. La vita non è una questione di come sopravvivere
alla tempesta, ma di come danzare nella pioggia!" (Kahlil
Gibran)
Giorgio
Marchese –
Medico Psicoterapeuta
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