Al giorno d'oggi, conviene ancora essere persone per bene?
A spasso verso un futuro migliore
Cari
lettori, vi riproponiamo un articolo pubblicato, per la prima volta,
il 24 gennaio 2010 come frutto di una sorta intervista, relativamente
ad una tematica quanto mai attuale, per i risvolti contrari ai
principi di giustizia e onestà. Opportunamente aggiornato,
conviene rileggerlo... giusto per sapersi regolare, in mezzo alla più
totale confusione morale!
BUONA
LETTURA
Un giorno, un pensatore indiano chiese ai suoi discepoli: "Perché le persone gridano quando sono arrabbiate?" "Gridano perchè perdono la calma!" Rispose uno di loro. "Ma perché gridare se la persona sta al suo fianco?" "Forse perché desideriamo che l’altra persona ci ascolti!" "Ma allora, non è possibile parlargli a voce bassa?" - Varie altre risposte furono date ma nessuna convinse il pensatore che, alla fine concluse: "Il fatto è che, quando due persone sono arrabbiate, i loro cuori si allontanano molto e allora, per coprire questa distanza, bisogna gridare per potersi ascoltare. D’altra pare, cosa accade quando, al contrario, due persone sono innamorate? Loro non gridano ma sussurrano. E perché? Perché, siccome i loro cuori sono molto vicini, la distanza, fra loro è piccola. I loro cuori si intendono. È questo che accade quando due persone che si amano, si avvicinano" "Quando voi discutete, non lasciate che i vostri cuori si allontanino perché arriverà un giorno in cui la distanza sarà troppa". (Gandhi)
Secondo il Dizionario Garzanti, l’onestà è la "qualità di chi o ciò che è onesto", ed "onesto" è definito come "colui che agisce con rettitudine, lealtà, giustizia". Io ho sempre ritenuto l’onestà un valore molto importante, ma, purtroppo, col tempo mi sto rendendo conto che, come diceva Giovenale, "L’onestà è lodata da tutti, ma muore di freddo". Pertanto, mi chiedo: l’onestà, oggi, è ancora un valore?
Se partiamo dal principio che con il termine "valore", intendiamo l’importanza morale che una cosa ha in se stessa o che le viene attribuita da chi la considera o la possiede e con "morale" ciò che riguarda i costumi il modo di vivere e, in generale, la condotta che aiuta a distinguere il bene dal male, l’essere onesti conviene nella misura in cui sappiamo dare a tale vocabolo il giusto significato.
Mi sto perdendo... che vuol dire, scusi?
Il termine onesto ha la stessa radice latina di onore che si accompagna al concetto di dignità che dà la misura della propria autostima.
E quindi?
L’essere onesti porta a vivere con un principio di coerenza lineare che semplifica di molto il modo di concepire i rapporti con sé e con gli altri.
Cioé?
Eliminando il concetto di compromesso.
Ma non si rischia di essere troppo rigidi, a queste condizioni?
Qui è bene non confondere il concetto di lealtà con quello di flessibilità, necessaria a quell’adattamento che ci consente di sopravvivere alle "intemperie". Bisogna domandarsi che valore si dà alla propria persona ed alla propria integrità morale globale.
E’ conveniente, nell’interesse di se stessi, continuare a comportarsi onestamente, seguendo così la massima indiana secondo cui "L’onestà e la sincerità ti rendono vulnerabile. Non importa: sii onesto e franco", oppure bisogna adottare qualche correttivo?
"Come arrivano lontano i raggi di una piccola candela, così splende una buona azione in un mondo ostile". (William Shakespeare). La verità è che ogni uomo è in grado di resistere, sulla barricata delle avversità della vita, in misura direttamente proporzionale a quanto, da bambino, è stato aiutato a crescere in un ambiente corretto, coerente, pulito e onesto. La quantità dei conflitti che una persona si porta dietro o produce man mano che procede sull’impervio sentiero della vita è proporzionale al tipo di educazione ricevuta: più c’è chiarezza e "pulizia" maggiore è la tranquillità d’animo.
Cosa ne pensa della massima di Charles Baudelaire "Per il mercante anche l’onestà è una speculazione"?
Siccome il mercante è, innanzitutto un imprenditore, dovrebbe sapere che la disonestà, alla lunga non paga. Inoltre, il tutto si riconduce all’apprezzamento che una persona riesce a darsi. Chi stima poco se stesso è più facilmente tentato a ricorrere a sistemi scorretti, usandoli come scorciatoie. Colui che ha la convinzione di voler dare un senso "vero" alla propria, invece, non ha paura di guardarsi in quello specchio interiore che gli restituisce quell’immagine di plusvalenza di chi considera il percorso più tortuoso per raggiungere il proprio obiettivo come una sfida da vincere per considerarsi, ogni giorno, migliore.
"Uno dei vantaggi di procedere sulla via dell’onestà è che nessuno cerca di superarti" (Winston Churchill). Cosa c’è di vero e di attuale, in questa massima?
Secondo lo scrittore francese Victor Hugo "I diplomatici tradiscono tutto, tranne le loro emozioni". In questo caso, lo statista inglese non deroga e conferma che, in caso di necessità, tutto è possibile e tutto è concesso. Pare che si sia sentito affermare dal commediografo tedesco Brecht "Prima viene lo stomaco, poi la morale!". Tutto ciò, però, si può applicare in casi estremi, per difendere l’appagamento di bisogni indispensabili, quando ogni altra strada è stata battuta. Come le ho detto prima, per essere "onesti" è necessario credere in se stessi senza molti tentennamenti (anche se con i dubbi della persona matura). Con questi solidi principi si è costruita l’evoluzione sociale e si combatte la sperequazione. Personaggi come il Mahatma Gandhi e Martin Luther King ne hanno dato una testimonianza ferma, fiera e dignitosa, pur senza manifestazioni violente.
Il mio disappunto e la mia delusione derivano dall’osservazione di abituali comportamenti furbeschi, a volte, addirittura, furfanteschi, che facilitano il raggiungimento degli obiettivi da parte di chi li attua, e che noto sia nei rapporti lavorativi sia nei rapporti sociali, in genere. Ciò mi ha indotto a riflettere sulla furbizia, che ho sempre considerato un comportamento disdicevole ( dannoso per me e per gli altri) ed a verificare se effettivamente sia qualcosa di così negativo. Secondo il Dizionario Garzanti, "furbo" è "colui che sa trarre vantaggi dalle situazioni agendo con prontezza, intuizione e senso pratico", mentre "furfante" è "persona disonesta, senza scrupoli". Le azioni furfantesche sono, senza dubbio, riprovevoli, ma come va considerata la furbizia? Può essere intesa come un comportamento corretto e utile?
Nell’accezione corrente, il furbo viene considerato come un individuo che sa sfruttare le occasioni in maniera opportunistica, senza tanti scrupoli. Il contraltare positivo lo abbiamo nella persona astuta che, invece, sa cogliere sempre (o quasi) le migliori opportunità.
Che differenza c’è fra opportunità e opportunismo?
Ne abbiamo parlato in un incontro specifico, se ben ricorda. Con il termine Opportunità definiamo la valutazione fra l’utilità che si ricava da un’azione o un frangente e il costo relativo. L’opportunismo, invece, induce a fare delle scelte che porteranno l’utilizzo di qualcosa o di qualcuno col minor costo possibile... anche a danno di quest’ultimo. Quando una valutazione in termini di opportunità la porta a decidere di essere disponibile nei confronti di qualcuno, allora, se lei è matura, metterà in atto un comportamento di egoismo positivo, che significa: "Prendo qualcosa, ti do qualcosa". Ma può anche essere ribaltato, cioè: "Ti do qualcosa e prenderò qualcosa (anche se non subito). Tu puoi avere bisogno di me, io cerco di venirti incontro, e non è che immediatamente devo avere un tornaconto da te, però so di avere un credito da spendere, in caso di necessità". L’opportunista o è egocentrico (cioè usa gli altri, credendo di essere nel giusto) o è egoista negativo (cioè usa gli altri, sapendo di non essere corretto, ma considerandosi più furbo di tutti). La persona che mette in atto una valutazione in termini di opportunità, può, se vuole, essere un egoista positivo.
Il solito aforisma di commiato?
"Se sei capace di tremare d’indignazione ogni qualvolta si commette un’ingiustizia nel mondo, allora siamo compagni". (Ernesto Che Guevara)
Ci
imprigioneranno, ci multeranno, prenderanno le nostre proprietà?
Non potranno mai toglierci il rispetto di noi stessi, se non saremo
noi a dargli questa opportunità! Io vi sto chiedendo di
combattere... di combattere contro la rabbia: non di provocarla! Noi,
non vibreremo un solo colpo ma, ai loro colpi, non ci sottrarremo e,
attraverso il nostro dolore noi gli faremo vedere la loro
ingiustizia. E, questo porterà dolore, come lo porta ogni
battaglia ma, non possiamo perdere! Loro, possono torturare le mie
carni, rompere le mie ossa... possono anche uccidermi! Allora,
potranno avere il mio cadavere. Non la mia obbedienza!
G. M. - Medico Psicoterapeuta
Si ringrazia Erminia Acri per la formulazione delle domande