Cari
Lettori cosa risponderemmo se ci venisse chiesto, a bruciapelo, che
senso ha la vita, per ciascuno di noi?
Se
riflettiamo sul fatto che (come ha spiegato Umberto Veronesi in una
delle sue ultime interviste), nessuno è in grado di scegliere
il proprio genoma, la famiglia di appartenenza, il luogo o l’epoca di
nascita e che, in un modo o nell’altro, si finisce con l’essere
condizionati (anche) dall’imprinting educativo della Famiglia, della
Scuola e della Società in genere, potremmo concludere che
l’esistenza personale, non abbia un senso specificamente oggettivo.
Almeno
sul piano delle scelte e delle possibilità individuali.
“Non
cercare di sapere, interrogando le stelle, che cosa Dio ha in mente
di fare: quello che decide su di te, lo decide sempre senza di te”
.
Qualcuno
ha scritto che, in fondo, siamo dei fantocci nelle mani di Dio che,
forse (e però) sono le nostre mani. E, in effetti,
l’affermazione di Seneca, riportata poc’anzi, potrebbe essere
conclusa con: “A
te, semmai, resta il compito di saperti adattare!”
Sostanzialmente,
come mi ha insegnato Giovanni
Russo,
non abbiamo scelto nulla di quello che troviamo ai nostri nastri di
partenza nella gara dell’esistenza ma, per contro, ci ritroviamo in
possesso di grandi potenziali (insiti nelle nostre microparticelle
elementari che sono le stesse di quelle che fanno brillare la stella
più grande del Firmamento) di cui, però, nessuno ci sa
spiegare il corretto utilizzo.
E
finiamo, quindi, per sentirci dei “condannati alla vita”,
a cavallo fra una “tremenda” voglia di fare e la dura
realtà fatta delle limitazioni umane cui siamo assoggettati.
Vivere, dunque, anche se nessuno lo ha chiesto mai!
Per
difenderci dal Nichilismo che porterebbe a ridurre tutto a poco più
del nulla, non resta che osservare le cose, nella loro semplicità:
l’energia di cui siamo composti.
Ecco,
migliorarla per, poi, condividerla, godendo nel mentre lo facciamo:
questa potrebbe essere la risposta migliore. E la più
disarmante, se vogliamo. In questo modo, si è ottenuta
l’evoluzione del Sistema in cui siamo contenuti.
Necessario,
a questo punto, cercare di capire quello che, (di) più, conta,
sul piano dei valori, per raggiungere questo, naturale, obiettivo
esistenziale. Chissà che, chi ci ha preceduto, non ci abbia
lasciato utili indizi, in questa affascinante caccia al tesoro!
“Il
passato è il prologo” (W.
Shakespeare).
La
leggenda riporta che, ai tempi della guerra di Troia, Achille
sostenesse
che gli Dei fossero invidiosi della razza umana per via della sua
vulnerabilità. "Chi
sa di poter lasciare questa Terra, dà valore a quello che lo
circonda; un condannato a morte, trova bello tutto ciò che può
ancora osservare, sentire, toccare...”
E’
probabile che, il valore più importante che "agli
immortali" mancava, fosse la capacità di amare
intensamente, cioè avere
caro, preferire, desiderare, prediligere qualcosa
o qualcuno. Pare strano che un guerriero nato per combattere e
morire, lasciandosi dietro un alone di grandezza e coraggio senza
pari, potesse avere un aspetto così riflessivo.
E’
verosimile pensare che i narratori del tempo, quelli che creavano i
miti da incastonare nell’eternità, passandosi il testimone di
bocca in bocca e senza lasciare testimonianze vergate su carta,
volessero rappresentare, attraverso questo espediente, i molteplici
aspetti dell’animo umano.
Ci
troviamo continuamente di fronte a una serie di grandi opportunità
brillantemente travestite da problemi insolubili.(Cit.)
Così,
Achille incarnava il bisogno (esasperato) di autoaffermazione e
autostima attraverso il giudizio altrui, in Agamennone e Menelao si
poteva scorgere quel senso di onnipotenza che ci deriva dall’essere
Energia dell’Universo condensata in minuscole strutturazioni
submicroscopiche, a livello del "Bosone
di Higgs"...
Con
lo stesso principio, Ulisse incarnava la sagacia, Paride la paura
derivante dalla consapevolizzazione dei propri limiti e cosi via.
D’altronde, una simile operazione è stata procrastinata,
nei secoli da altri abili osservatori dei costumi, come Fedro ed
Esopo, fino ad arrivare, nel "novecento" appena trascorso,
a personaggi come Walt Disney con il suo "cast" di paperi e
topi.
Sinceramente,
allo stato attuale, si fa fatica a riconoscersi in qualcuno di questi
eroi del passato perché, in ognuno, si appalesavano sentimenti
come l’onore e il rispetto, valori scomparsi e sacrificati
sull’altare della superficialità, della mediocrità
e dell’ignoranza.
Chi
può affermare di conoscere le scoperte più importanti
che la scienza ha prodotto, con ricadute positive sulla vita di
tutti? Chi sa di possedere, nel proprio cervello, una ricchezza
potenziale di incalcolabile valore?
Boccadoro
-
Ma dove sarà la meta?
Narciso La meta? Forse morirò direttore di scuola, o abate, o
vescovo. E’ indifferente. La meta è questa: mettermi sempre là
dove io possa servir meglio, dove la mia indole, la mia qualità,
le mie doti trovino il terreno migliore, il più largo campo
d’azione. Non c’è altra meta. (Hermann Hesse, Narciso e
Boccadoro)
L’andatura,
incerta, dell’homo sapiens (si fa per dire) contemporaneo, è
caratterizzata dal caracollare di eventi sfuggiti al controllo di
sprovveduti precopernicani, convinti di "essere" il centro
dell’Universo. Anche se è vero, come dichiarava Seneca,
che si dipende meno dal futuro se si ha in pugno il presente, sarebbe
opportuno, ogni tanto, "pescare" dal passato qualche gemma
da spendere nell’affrontare gli affanni del quotidiano. In
quest’ottica, è sicuramente consigliabile rivalutare una
figura come quella di Ettore, figlio di Priamo re di Troia, forse la
più equilibrata di quel periodo. Buon padre di famiglia,
accorto capo di un possente esercito, stratega arguto e, soprattutto,
abbastanza saggio da sapere che "il sangue della guerra non può
che produrre altro sangue".
Forse,
il messaggio migliore di tutta questa esperienza "che infiniti
addusse lutti agli Achei" consiste proprio nel valore
dell’amore, per dare importanza a quello che ci si propone di
edificare.
"Abbiamo
avuto un’estate straordinaria, una stagione di rinascita e di
innocenza: un miracolo, per 15 pazienti e per noi, i loro custodi! Ma
ora, dobbiamo tornare alla realtà del miracolo. Potremmo dare
la colpa alla scienza e dire che è stato il farmaco a fallire
o che è stata la malattia a tornare. Oppure, che i pazienti
non hanno resistito alla perdita di decenni delle loro vite. La
verità è che non sappiamo che cosa è andato male
o che cosa è andato bene. Noi sappiamo soltanto che, allo
svanire della speranza farmacologica, è seguito un altro
risveglio: abbiamo capito che lo spirito dell’uomo è più
forte di qualsiasi farmaco e che questo spirito ha bisogno di essere
nutrito! Il lavoro, il gioco, l’amicizia, la famiglia. Sono
queste le cose che contano. E noi, l’avevamo dimenticato! Le
cose più semplici..."(Da
Risvegli – Oliver Sacks)
Troppo
difficile e irto di difficoltà?
Allora
prendiamo in considerazione quello che scrisse Tucidide: "Sicuramente
i più coraggiosi sono coloro che hanno la visione più
chiara di ciò che li aspetta, così della gioia come del
pericolo, e tuttavia l’affrontano".
Giorgio
Marchese (Medico
Psicoterapeuta, Counselor) - Direttore "La Strad@"
Un
suggerimento: provate a rileggerlo ascoltando questo bellissimo
sottofondo. Riuscirete a pasteggiarlo, nella maniera migliore.