Un tumulto di emozioni si insinua e prende corpo lentamente.....Sento disagio...sì, uno strano disagio! Non saprei dire se è perché ho davvero sbagliato o se sto male per un ipotetico errore. E...se....davvero qualcuno soffrisse a causa mia? Forse non ho fatto nulla o detto nulla per accendere adesso dei rimorsi o soccombere sotto improbabili colpe...O forse si! Chiudo gli occhi a un respiro profondo...per soffiare via le nuvole da questo temporale e vedere se c’è ancora cielo...e se c’è...( perchè c’è!) volare alto fino a poter guardare bene da lassù, scoprire il vero colore delle cose, dargli il giusto peso, il giusto valore, accarezzarne I contorni e scoprirne finalmente, come rimescolare le carte e giocare un’altra partita...e darmi un’occasione nuova.. per diventare una persona migliore (S. Labate).
Che differenza c’è fra il rimpianto, il rimorso e il senso di colpa?
Nel 1984 esce, nei cinema, l’ultimo film del regista Sergio Leone, C’era una volta in America. Unanimemente giudicato uno tra i grandi capolavori del cinema mondiale, fa parte della cosiddetta trilogia del tempo, insieme a C’era una volta il West e Giù la testa. Basato sul romanzo di Harry Grey, The Hoods (Mano Armata) pubblicato poi successivamente con il titolo di Once Upon a Time in America, la pellicola narra (nell’arco di quarant’anni, dagli anni ’30 agli anni ’60) le drammatiche avventure di David Aaronson detto Noodles (interpretato da un eccezionale Robert de Niro) e del suo amico Maximilian "Max" Bercovicz (interpretato da James Woods), dal ghetto ebraico all’ambiente della malavita organizzata nella New York del proibizionismo e del post-proibizionismo. La magnifica colonna sonora è di Ennio Morricone. La "base" di fondo del film, si fonda su una melodia dal titolo "Tema di Deborah". Questo brano dà il senso della misura del rimpianto.
Rimpianto, rimorsi e sensi di colpa sono tre stati d’animo dolorosi con intensità diversa, chiaramente, perché diverse sono le motivazioni e diverso il modo con cui li viviamo.
Il rimpianto è uno stato d’animo determinato dal ricordo di qualcosa che avremmo potuto determinare ma che non abbiamo saputo vivere appieno e ci ha lasciato un retrogusto amaro, in termini di aspettative non realizzate. Il risultato è una sorta di malinconia, al ricordo, per una sorta di danno alla nostra persona. E come se, ripensandoci, dicessimo mentalmente: "Peccato, quella volta ho perso un’occasione!"
Il rimorso invece, è connotato da emozioni fortemente conflittuali, dolorosamente e intensamente fosche per qualcosa (che abbiamo fatto direttamente o meno ma che avremmo potuto e dovuto evitare) a seguito della quale, qualcuno ha avuto un prezzo pesante da pagare. I rimorsi ce li portiamo dietro per tanto tempo e lasciano un segno profondo.
Il senso di colpa è "parente stretto" del rimorso, ma è come quando si sbaglia in "buona fede". Ci doliamo dell’accaduto ma non abbiamo agito con premeditazione. Non c’era dolo.
Se un automobilista ubriaco travolge e uccide un pedone, è giusto che, poi, abbia dei rimorsi. Se, invece, un chirurgo non è in grado di salvare la vita ad un suo paziente, nonostante i propri sforzi, dovrebbe potersi "assolvere" anche se, umanamente, una sorta di senso di colpa per non "essere riuscito", non si può escludere.
Come conseguenza personale, in entrambi i casi (rimorso e senso di colpa),a volte si generano idee ossessive (che fissano l’attenzione su altro) come protezione dal ricordo.
Cos’è più doloroso?
Evidentemente, a prima vista, sembrerebbe il rimorso. In fondo dipende da chi siamo, da come viviamo quegli stati d’animo, da che cosa si sono determinati.
Questo, pare abbia commentato Albert Einstein, dopo essersi reso conto la sua espressione addolorata, piena di sensi di colpa ma, forse, soprattutto di rimorsi pervia del "fungo" atomico, è abbastanza eloquente.
Da questa bella immagine, ricaviamo che il rimpianto è qualcosa di più leggero rispetto al rimorso. Possiamo osservare una barca su di una spiaggia deserta con un tronco di un albero secco a fianco, un tronco che ha avuto una sua vita quando le radici erano infisse nel terreno e poi è caduto: avrà prodotto qualcosa? Avrebbe potuto produrre tanto altro e sta lì; dietro c’è il sole, il sole che, in base a come lo guardiamo, potrebbe tramontare o potrebbe sorgere (a seconda che ci troviamo ad ovest oppure ad est) quindi, in fondo il rimpianto è quello stato d’animo che ci avvolge come una coperta, che ci protegge perché, come sostenevano alcuni saggi pensatori del passato, certe volte all’interno dei rimpianti noi ci sentiamo come a casa nostra, quando guardiamo le fotografie delle persone che non ci stanno più oppure quando guardiamo le nostre immagini di quando eravamo molto più giovani e rimpiangiamo di non aver vissuto per come avremmo voluto..
Da questa immagine, invece, possiamo ricavare che, comunque, a certe condizioni, il senso di colpa non ha motivo di esistere, dal momento che sarebbe molto più grave tergiversare e bloccarsi per impedirsi di sbagliare.
volendo fare una differenziazione specifica, potremmo dire che:
il rimorso corrode;
il rimpianto invecchia;
il senso di colpa consuma.
Ho vissuto per oltre quarant’anni coll’ossessione del lavoro. Ora che ilmio giorno si approssima alla fine, mi domando se ne sia valsa la pena. (Giovanni Agnelli senior)
Si può vivere senza produrne?
No! Ogni scelta che facciamo, infatti, è determinata a danno di altre possibilità e noi non possiamo ottenere tutto e nello stesso momento. È come domandare quanti pensieri riusciamo a determinare nell’arco di uno stesso istante. La risposta sarebbe: Uno soltanto. È abbastanza complesso e altrettanto articolato tutto il procedimento necessario per portarlo a termine e allora, anche quando ci sembra di avere la testa affollata di pensieri conflittuali in realtà ne produciamo a raffica uno dopo l’altro ed il successivo sposta il precedente, così, con un processo continuo. A volte non siamo in grado di riuscire a dare delle risposte al pensiero che abbiamo, a quell’idea, a quel complesso di idee a quei concetti che abbiamo costruito precedentemente, per cui si affollano in una stanza, in una sala d’aspetto, come quella affollata degli studi medici in cui troviamo tanta gente in attesa di una parola di conforto o di una triste diagnosi: comunque, gente in apprensione.
Ecco, a volte il senso di colpa si genera anche in anticipo rispetto a quello che pensiamo, che determineremo in funzione delle nostre azioni, del nostro modo di essere, del nostro modo di fare e tutto questo è collegato con il mondo dei conflitti interiori.
I conflitti interiori si determinano, come stati d’animo, abbastanza impegnativi sul piano della sofferenza e bloccanti sul piano dell’azione quando non abbiamo la necessaria lucidità, per tanti fattori, per stabilire quale sia la strategia più adeguata.
Diciamo che, solitamente, le ambientazioni più complesse e a volte compromesse sono quelle, sul piano emotivo, lontane dall’aspetto razionale, sono quelle che ci vedono sul fronte dell’affettività o su quello dell’aggressività perché sono i due aspetti che presentano anche elementi in dubbio, perché molte volte temiamo di far soffrire qualcuno con le nostre decisioni, altre volte temiamo di subire un danno dal nostro modo di agire: è come se gli aspetti emotivi di tipo affettivo e aggressivo, ti sorridessero, ti tendessero la mano, ti stringessero le mani ma non te le lasciassero quando tu vorresti andar via...
"Questo è il prezzo che paghi per la vita che hai scelto" (Al Pacino - Il Padrino Parte terza)
Come si risolvono?
Questo significa che, in funzione di chi siamo, in funzione di quanto siamo riusciti a diventare maturi e saggi, in funzione di quanto siamo stati in grado di operare corrette riflessioni sapendo in che direzione andare, quale sarà il costo da sostenere, purché ne sia valsa la pena relativamente agli obiettivi ed a quanto saremo riusciti a realizzare e a realizzarci, a sviluppare e a condividere... probabilmente in un certo qual modo i sensi di colpa ci accompagneranno ma, saranno come quella musica di sottofondo di Ennio Morricone di cui si parlava all’inizio.
Difficilmente, però, potremo essere vittima di rimorsi, al massimo di qualche rimpianto. L’importante è rimettersi in marcia, andare avanti, trovare sempre qualcosa da fare per cui valga la pena di impegnarsi e, quando avremo dei dubbi...
Le persone che amano, le persone che sono in grado di provare interesse vivo per qualcosa o per qualcuno, quindi vive interiormente sono persone che ricordano, non riescono a mettere una pietra sopra quello che è accaduto, però perdonano nel momento in cui riescono a capire perché si è generato il problema e, soprattutto, come fare per andare oltre, per riuscire a determinare qualcosa per cui quella frustrazione o quella serie di frustrazioni possano diventare qualcosa di costruttivo, da cui diventare decisamente migliori.
È il processo della vita che ci costringe ad impegnarci facendoci venire le rughe, che sono l’espressione di maturità nell’attesa che diventi saggezza con delle occasioni perdute ma, anche questo ci dovrebbe servire per renderci conto che non possiamo essere dei padreterni in terra per cui, scegliamo, sbagliamo, a volte abbiamo ragione ma, dagli errori dovremmo imparare a "crescere" e, dalle nostre scelte corrette, dovremmo imparare a vedere in che modo saper spiegare ciò che abbiamo determinato in elementi di correttezza, perché così anche gli altri riescano ad usufruirne.
Per concludere questo lavoro, in maniera "pragmatica", proponiamo un filmato molto intenso tratto dal "Padrino parte III", proprio la scena finale, che esprime benissimo tutto il concetto del tema esposto finora: Rimorsi, rimpianti e sensi di colpa". Michael Corleone, all’uscita del teatro a Palermo, dove era andato a vedere il figlio che aveva deciso di diventare tenore, quindi uscire dallo schema mafioso, viene fatto oggetto di un attentato ma, al suo posto, muore Mary, la figlia prediletta che, cadendo davanti ai suoi occhi gli chiede aiuto per l’ultima volta con un sussurro: "Papà!" Dopo un momento di dolore intenso c’è il senso di colpa che si esprime attraverso un urlo strozzato, poi una sequenza di immagini che dal presente lo riportano nel passato, nella galleria dei rimpianti e, alla fine, roso dai rimorsi, muore da solo... come un cane.
Avrei voluto salutarti meglio, sai che non sono bravo negli addii. Avrei potuto essere migliore...Ormai è fatta, perdonami! Sai, prima il tempo non passa mai poi, d’improvviso non ce n’è più. Ed ogni gesto ha un altro peso ed ogni cosa un valore. Questa canzone è per te. E ’un regalo piccolo, lo so. Tienila sul cuore con te, quando sarò lontano. Avrei voluto vederti crescere, guardar sbocciare un fiore. Avrei voluto vederti amare uno qualsiasi meglio di me. Avrei e voglio...ti voglio dire: Tu non sai quanto mi mancherai! Questa canzone è per te, è un regalo piccolo, lo so. Tienila sul cuore con te. E io, forse, non sarò mai lontano. (Stadio)
G. M. - Medico Psicoterapeuta
Si ringrazia Adelina Gentile per la collaborazione nella stesura del dattiloscritto