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...E’ la solita storia...
di Giuseppe Chiaia  ( peppinochiaia@libero.it )

15 gennaio 2011

Si dice che: " nemo propheta in patria". Ma non era difficile prevedere- per come si era previsto nel precedente articolo che il governo non sarebbe caduto, per il semplice fatto che la maggior parte degli eletti dei due rami parlamentari non sarebbe stata disposta a perdere le prebende mensili e la discreta pensione di ex onorevoli. Ma cio' che turba l'elettorato è il degrado continuo delle istituzioni democratiche e il continuo disattendere dei principi fondamentali della nostra Costituzione, malgrado i continui forti richiami del Presidente della Repubblica. Tra maggioranza e minoranza esiste un vero baratro non di incomprensione ma di odio viscerale, per cui qualsiasi progetto legislativo proposto dalla maggioranza è da ricusare " a priori "; e viceversa, qualsiasi innovazione della minoranza non trova accoglimento, mentre ogni dialetica si riduce ad uno scambio quasi sempre contrario, ma sempre violento ed oltraggioso; E per la sinistra parlamentare le più violente " 'pasionarie " sono la Bindi e la Finocchiaro, nelle quali è evidente la turbativa del climaterio. Il presidente Fini è scaduto del tutto agli occhi dell'opinione pubblica, ancorchè cerchi di giustificare, con argomenti degni di un " azzeccagarbugli" qualsiasi, il prestigio di una carica che non gli appartiene più, nonostante i ridicoli sofismi dei suoi più fedeli sostenitori... PER LEGGERE TUTTO IL TESTO, CLICCARE SUL TITOLO.



Ma con ciò non si vuole osannare il governo Berlusconi, che pensa di continuare ad incantare l’elettorato con le promesse da marinaio, a partire dal problema dei rifiuti, a quello del lavoro; dallo scadimento dell’istruzione alla mala sanità; dalla mancata riforma del fisco allo sforamento quotidiano del debito pubblico. Cosa ancora più deprimente è la protervia del " Senatur " che insegue l’utopia di una repubblica padana di cui farebbe il presidente a vita. Costui non ha capito (o meglio, lo sa benissimo) che, di fronte ad un processo di unificazione continentale, non è concepibile ritornare a superati e biechi nazionalismi, né fa più presa l’idea della razza ariana, retaggio di tiranniche memorie: l’Euro avanza nell’est europeo ( l’Estonia è entrata nell’euro dal primo gennaio 2011, e prossimamente anche la Polonia vi farà parte ), e già il rublo guarda con interesse a questa nuova politica monetaria; ma l’Umberto continua a tenere sulla corda l’alleato Berlusconi, il quale, estende i suoi domini patrimoniali ed immobiliari al di là dell’Atlantico, mentre l’ombra fastidiosa del Prof. Tremonti si allunga su palazzo Chigi. Questa nostra Repubblica, nata dalle macerie di un tremendo conflitto mondiale, ha parlato troppo presto di democrazia e diritti, mentre tutto il nostro popolo si svegliava, ancora assonato ed istupidito, da secoli di soggezioni, monarchie assolute e principati tirannici e sanguinari. Il che sta a significare che democrazia, progresso civile, senso civico, sono cammini che procedono attraverso la pratica della cultura, a partire dai banchi delle scuole primarie, ove il merito trova la propria valutazione nell’impegno quotidiano e la libertà non è ludibrio, ma autolimitazione; non a caso Platone ammoniva che un popolo conquista la propria autocoscienza se si trova ad avere per governanti uomini saggi che sappiano centellinargli la libertà, parallelamente bilanciata dai doveri; Ovviamente essi governanti devono essere i primi ad ossequiare questi princìpi, perché dal loro esempio discenda l’ordinato svolgersi della vita comunitaria. Ma perché questa utopia diventi realtà è necessario che gli amministratori siano espressione di una libera scelta del popolo, che la scelta avvenga fra pochi selezionati per cultura, grandezza d’animo, capacità operative, le cui cariche non siano a tempo indeterminato. ciò era stato compreso dagli ateniesi del IV-III sec. a.C. la cui costituzione assicurava a tutti i cittadini maschi detenere il sigillo col quale si dava attuazione alle decisioni dell’assemblea, con una precisazione: che tale potestà avesse valore una sola volta nella vita, e per un solo giorno; tanta era la paura verso la tentazione della tirannide. Ha certamente ragione il giovane Sindaco di Firenze, iniziatore di un radicale svecchiamento dei dirigenti centrali e periferici del proprio partito: ma per ottenere questo risultato occorre, innanzitutto, una drastica riduzione del numero dei parlamentari, una radicale riforma degli Statuti fondativi dei partiti, una vera e propria decimazione del numero dei parlamentari, l’abolizione delle province, l’allargamento consortile fra i Comuni, in modo che i mille campanili si riducano ad un centinaio, la soppressione di tutto quell’arcipelago di Enti parassitari, tenuti in vita per sistemare quei politici trombati nelle varie elezioni, e che si attui l’uguaglianza di cui all’art.3 della Costituzione, imponendo, primariamente, l’obbligo dei rendiconti da quanti ricevono e gestiscono pubblico denaro: primi fra tutti, i sindacati e i Ministeri, specialmente per quei dicasteri che gestiscono enormi fondi senza obbligo di rendicontazione: non è vero, egregio senatore a vita, Oscar Luigi Scalfaro ? Ma questa radicale riforma dovrebbe essere attuata proprio da tutti i deputati, fatta propria dai 22 consigli regionali, dalle cento province e dai mille comuni: verrebbe risanato in un triennio tutto il mastodontico debito pubblico; ma è come pretendere che gli agnellini facciano salti di gioia all’approssimarsi della Santa Pasqua.

 

Giuseppe Chiaia - preside.

 

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