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Parkinson...
di Giorgio Marchese  ( direttore@lastradaweb.it )

4 luglio 2011



Cellule del connettivo, ricreano i neuroni danneggiati.


 

News Neuroscienze P.N.E.I.

 Combattere il morbo di Parkinson, partendo da cellule adulte del tessuto connettivo che vengono trasformate in neuroni senza il passaggio per la fase di cellula staminale. Un esperimento innovativo che ha le sue origini in Italia: il gruppo di ricerca è guidato da Vania Broccoli del San Raffaele di Milano, e vede la collaborazione dell’Istituto italiano di tecnologia di Genova e della Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati (Sissa) di Trieste. I risultati si sono meritati la pubblicazione sulla rivista Nature.

Per tessuto connettivo, in Istologia, si intende un insieme di gruppi cellulari (che formano, appunto un tessuto di cellule), che hanno in comune la funzione di provvedere al collegamento, al sostegno e al nutrimento dei tessuti dei vari organi e che derivano, embriologicamente parlando, dal mesoderma.

Fra i vari tipi di cellule, del connettivo, troviamo i fibroblasti, cellule del sistema immunitario e cellule adipose.

Per realizzare l’esperimento, i ricercatori hanno preso dei fibroblasti (le cellule più tipiche e numerose del tessuto connettivo, in grado di intervenire nei processi di cicatrizzazione e di produrre collagene, fibre elastiche, fibre reticolare, gliproteine, cellule ossee, muscolari e adipociti) di topo e di uomo, convertendoli in neuroni dopaminergici, la cui assenza o ridotta funzionalità è alla base del Parkinson: sono infatti responsabili della produzione di dopamina, contribuendo così a controllare i movimenti del corpo.

Già in precedenza altri esperimenti hanno dato vita a cellule neuronali partendo da fibroblasti ottenendo, però, neuroni di ogni genere. Nell’esperienza italiana si sono, invece, creati unicamente neuroni dopaminergici.

Un risultato, questo, ottenuto inserendo nei fibroblasti in coltura tre geni di alto livello gerarchico, ottenendo una sorta di riprogrammazione che può contare anche su un’azione epigenetica (in pratica, il modo di "leggere" il DNA, influenzato dall’ambente). Il mancato passaggio per la fase di cellula staminale contribuisce inoltre a evitare che si formino possibili cellule tumorali.

In futuro, lo studio delle malattie che colpiscono il cervello, e l’analisi degli effetti procurati dai potenziali farmaci, potrà contare su un sistema informatico in grado di riprodurre il funzionamento dell’encefalo. È quanto promesso dagli scienziati dello Human Brain Project del Politecnico di Losanna. Data prevista per il raggiungimento del traguardo: il 2023.

Fonti

  • www.edott.it 04.07.2011
  • la Repubblica, 04.07.2011 - pag. 29.
  • Corriere della Sera, 04.07.2011 - pag. 23.

 

Giorgio Marchese - Medico Psicoterapeuta - docente di Psicologia fisiologica c/o la Scuola di Specializzazione in Psicoterapia ad Indirizzo Dinamico (SFPID) - ROMA

 

 

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