Pubblicato
su Lo
SciacquaLingua
Il
nostro idioma, gentil sonate e puro, per dirla con l’Alfieri, è
ricco di parole omofone (stesso suono) e omografe (stessa grafia) ma
di significato diverso. Una di queste è loschifo:
ripugnanza, ribrezzo e battello di piccole e modeste dimensioni.
Il
primo significato, vale a dire quel senso di ripugnanza, nausea,
disgusto, ci riporta al verbo schifare (schivare, evitare). E questo
al francese antico eschif
che
risale al franconeskiuhjan
(aver
riguardo). Colui che ha nausea di una determinata cosa ne ha
riguardo, quindi la evita, la schiva. La seconda accezione del
termine, quella di battello, scialuppa, si rifà al
longobardoSkif
(battello).
È interessante, in proposito, notare quanto scrive Carlo
Alberto Mastrelli: “Si
farà ora accenno sorprendente dell’influsso dei
Longobardi (sulla lingua italiana, NdR); sorprendente perché
mostra l’incidenza che essi hanno avuto anche per un settore
della lingua, e quindi per un aspetto storico-culturale, che poteva
non apparire tipico del mondo germanico. Infatti nei dialetti
italiani si riscontra un piccolo manipolo di termini che hanno a che
fare con le attività connesse all’acqua (...). Sotto
questo profilo si chiariscono forse i prestiti skif,
imbarcazione,
scafo (...) che vedono i Longobardi, o le popolazioni
longobardizzate, impegnati anche nella navigazione specialmente
fluviale e lagunare, in un ambito geografico nel quale essi si
trovavano ai margini della sfera di influenza bizantina”.
A
cura di Fausto
Raso
|