Pubblicato
su Lo SciacquaLingua
Tra
i nostri lettori ci sarà qualcuno appartenente alla cosí
detta terza età - persona,
cioè, meritatamente a riposo dopo una vita spesa al servizio
della società - che
nel corso della sua vita lavorativa ha ricevuto la rosa d’oro, vale a
dire un altissimo e raro riconoscimento. A costui vadano le nostre
sentite congratulazioni nel mentre cerchiamo di spiegare l’origine
dell’alto apprezzamento. Prima, però, ci corre l’obbligo di
chiarire che la locuzione "ricevere la rosa d’oro" è
pressoché sconosciuta e, quindi, poco adoperata. La rosa
d’oro, dunque, era un dono rituale che veniva tradizionalmente
offerto dal Sommo Pontefice - a cominciare dall’anno Mille - come
segno tangibile di riconoscenza a sovrani o ad altissimi dignitari
che si erano particolarmente distinti - con atti concreti - nei
confronti della Chiesa. Il "riconoscimento papale"
consisteva in un cespo di pietre preziose e rose d’oro. Prima di
essere consegnato veniva benedetto dallo stesso Pontefice la quarta
domenica di Quaresima (chiamata, per questo, "domenica delle
rose", ndr). Per la cronaca ricordiamo che l’ultima rosa d’oro
venne offerta alla regina Elena, nel 1937, da Pio XI. Con il
trascorrere del tempo, per tanto, l’espressione "ricevere la
rosa d’oro" ha assunto - metaforicamente - il
significato di "alto e raro riconoscimento", anche se non
ha "attecchito" linguisticamente.
A
cura di fausto
Raso
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