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Un Natale per curare (e capire)...
di Giorgio Marchese  ( direttore@lastradaweb.it )

25 dicembre 2016


Il Bambino nasce per ogni uomo libero, per tanti altri ai ceppi, per ciascuno che ritorna alla propria casa. E' un tempo di ricongiungimenti e di separazioni... dei domani che bussano alla porta. Natale è festa sprovvista di timbri sul passaporto: è attesa che non regala favole inventate, lette da qualche pagina usurata nell'indifferenza. Non sta nascosto alle parole, ai gesti, ai comportamenti. Non sarà la sagra delle solite promesse, delle rese, delle perdite consistenti. Non sarà percorso di gara da affrontare per "dovere" essere il vincitore designato. Se ci credi, quel Bambino nasce per tutte le colpe che non sono facili da raccontare, per piantare un albero dalle solide radici, per non temere il vento e la tempesta. Che pure ci saranno. Questo, non sarà un Natale da comprare, bensì una relazione d'amore per un mondo finalmente migliore (Vincenzo Androus). Caro Vincenzo, è da tempo che mi sto domandando se e quanto io sia in grado di esercitare la professione di medico. Questo termine, deriva dal latino "medeor" e identifica "colui che conosce ed esercita, l'arte di curare le malattie". Partendo dal significato etimologico greco (malakìa), il malato evidenzia uno stato di debolezza profonda per l'alterazione di una o più funzioni del corpo organizzato. A questo punto, qualsiasi situazione di estremo disagio sociale o ambientale può, per coinvolgimento neurovegetativo e limbico (la zona delle emozioni che... PER LEGGERE TUTTO IL TESTO, CLICCARE SUL TITOLO.



... "investono" il corpo), generare malattia.

Caro Vincenzo, non posso dimenticare che Socrate mi ha insegnato che, se sono veramente un medico, debbo ricordarmi che, per curare gli occhi di una persona, devo capire, innanzitutto, la sua anima.

Però, credimi, è difficile poter aiutare gli altri. Quando ti proponi di uscire dagli stereotipi che ti vogliono su "un piedistallo di bianco vestito" e provi a toglierti quel camice che ti scherma e ti limita, allontanandoti da quella umana pietà che ti spinge a chinarti per rialzare il fratello e crescere con lui... beh, non ci crederai, ma vieni "accolto" da un vento strano, che porta in sé un misto di indifferenza e diffidenza, al limite dell’ostracismo.

Sono giunto a pensare che l’acqua e il fango (morali e materiali) che ci stanno investendo non siano un male assoluto quanto, piuttosto, un bene relativo. Siamo costretti, ad ammettere, ad esempio, la nostra impotenza di fronte ad eventi, oggettivamente, più "grandi" della nostra presunzione che, come un enzima selettivo, annichilisce la nostra arroganza.

"Tornano i tempi in cui la fiducia prende il posto della tristezza, dove la classe prende il posto del trendy. Tornano i tempi dove una Banca non ti guarda troppo dall’alto... né troppo dal basso. Tornano i tempi delle buone maniere e delle condivisioni, dove il denaro è importante ma rimane uno strumento..."

Questo è il contenuto dello spot commissionato da un Istituto di Credito, per provare a rifarsi "una verginità"... Troppo bello per essere vero. Ma, anche se, in fondo, non è tutto oro, quel che luccica, mi piacerebbe poterci credere. Da medico, almeno un po’.

Caro Vincenzo, un’altra domanda, prepotente, pretende una risposta: aiutare gli altri, fa parte di una sorta di bontà insensata o, piuttosto, ci mette in condizione di migliorare noi stessi?

Perchè, vedi, io non credo che, in Natura ci sia qualche spostamento di “Coscienza Nucleare” senza che, ciò, comporti una trasformazione in senso evolutivo. Quindi, per parlarci (e parlarmi) chiaramente, ritengo che, la richiesta di aiuto vada a smuovere contenuti mnemonici molto personali e, di conseguenza, nel momento che osserviamo il sorriso di chi ci vorrebbe ringraziare, intercettiamo, in ciò, la nostra parte più vulnerabile e nascosta che abbiamo contribuito a proteggere e rendere più forte.

Una persona gentile e affettuosa, mi ha donato i propri auguri regalandomi questa dedica:

"A chi ama dormire ma si sveglia sempre di buon umore; a chi saluta ancora con un bacio; a chi lavora molto e si diverte di più; a chi va in fretta in auto ma non suona ai semafori; a chi arriva in ritardo ma non cerca scuse; a chi spegne la TV per fare due chiacchiere; a chi è felice il doppio quando fa a metà; a chi si alza presto per aiutare un amico; a chi ha l’entusiasmo di un bambino ma i pensieri di un uomo assennato; a chi vede nero solo quando è buio; a chi non aspetta Natale per essere migliore!"

E allora, caro Vincenzo come ho scritto da qualche parte, qualcuno vorrebbe entrare nel cervello e nel cuore della gente per volare sopra i tetti delle città, a mescolarsi col profuno del caffè e spiare le espressioni di chi, al mattino, ha infranto i sogni contro la polvere della realtà quotidiana...

Effettivamente, se potessimo girare in cielo come le rondini (o i gabbiani), osserveremmo dall’alto l’inutile corsa di una umanità che si affanna senza un effettivo perché, forse solo per schivare il suo strano cupore...

A volte, un uomo solo, non può cambiare il mondo. io, a volte, ci vorrei provare.

Basta entrare in sintonia con il bisogno degli altri, magari a parlare come non facciamo mai. E volare, volare... per entrare dalla finestra più luminosa a scoprire il segreto delle cose importanti, anche se questo può darci un po’ di dolore. E se qualche volta, col tramonto davanti, passiamo attraverso una lacrima, non fermiamoci ad asciugarla perché inaridiremmo la nostra parte più umana. Non mettiamola in gabbia e non leghiamola a un filo... ha bisogno d’aria.

Caro Vincenzo, ecco perché dobbiamo uscire fuori e fare un giro... sulle strade piene di tanta gente, che parla ma non "dice" niente, per cercare chi è capace di voltarsi e sorridere. A quel punto, portiamocela dietro, questa malinconia, perché ogni cosa comincia ma poi finisce e tra poche ore è già domani. Allora proviamo a volare verso est, dove sorge il sole, dove sta scritto che un vincitore, in fondo, vale quanto un vinto. Oltre le nuvole, è bene ricordarlo, c’è quello che non si può comprare: la nostra libertà.

Auguri.

Giorgio Marchese – Direttore La Strad@

Il contenuto di questo Editoriale è stato pubblicato per il Natale di qualche anno fa. Mi permetto di riproporlo perchè, arricchito da opportune nuove considerazioni, mi vede (se possibile) ancora più in linea con quanto scritto, a distanza di un po’ di tempo

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