...nel
momento sbagliato, divenendo vittime di ogni genere.
Mio
padre, spesso, beandosi alla vista del suo bel giardino messo su con
le proprie mani, sussurrava: “Non
capisco chi non ama le piante e gli animali! In fondo sono le uniche
manifestazioni viventi che seguono un istinto naturale capace di
educare, quei bambini, che diventeranno gli adulti di domani!”
Ecco,
Perrera, in Spagnolo, significa “cane” e le perreras sono
dei canili in cui, peggio dei Lager di efferata memoria, migliaia di
“sfortunelli” randagi attendono in condizioni Inumane, il
momento della soppressione. CRUENTA.
Ci
sarebbero meno bambini martiri se ci fossero meno animali torturati,
meno vagoni piombati che trasportano alla morte le vittime di
qualsiasi dittatura, se non avessimo fatto l’abitudine ai
furgoni dove gli animali agonizzano senza cibo e senz’acqua
diretti al macello. (Marguerite Yourcenar)
Cari
Lettori...
e come la mettiamo con la necessità di fare del bene? Se
partiamo dal fatto che, il termine “bene”, nella lingua
Italiana, identifica “ciò
che è buono in sé e che arricchisce nella compiutezza
del suo essere o nel suo valore morale divenendo, quindi, causa e
fine dell’azione umana” ecco
che Francois-Marie
Arouet , detto
Voltaire,
aveva
ben capito che, in noi, ci deve essere, per forza, qualcosa che ci
spinge ad evolverci.
Da
fine scienziato, sarà (con secoli di anticipo) giunto alla
conclusione che siamo
fatti di energia (la
quale ha consentito la produzione di cellule gametiche in grado di
dare inizio, dopo la fecondazione, allo zigote da cui siamo venuti
fuori), che
qualcuno o qualcosa ha messo a nostra disposizione (per
essere sviluppata, usata e migliorata), da
condividere in vita
(per realizzare scambi, si spera corretti e produttivi) e
restituire post mortem
per essere digeriti e metabolizzati da un sistema che utilizzerà
il meccanismo per riprodurre se stesso, migliorato di generazione in
generazione.
Un
po’ come il ciclo dell’acqua...
Piove,
si formano i fiumi, beviamo da essi, uriniamo, reimmettiamo i liquidi
nei corsi d’acqua che, attraverso il meccanismo
dell’evaporazione, formeranno le nubi da cui scenderà,
nuovamente, la pioggia.
Come
ho già scritto altrove... Una partita di giro, insomma! Ma
arricchente. Ogni giro di più.
Ti
voglio chiedere una cosa: Perchè sei vivo?
Io
sono vivo... io vivo... per salvaguardare la continuità di
questa grande Società, per servire l’Idea...
E’
circolare: tu esisti per continuare la tua esistenza! Ma, qual è,
il punto?
E
qual è il punto della “tua” esistenza?
"Sentire”.
Tu non l’hai mai provato e non potrai mai saperlo, ma è
vitale come il respiro. E senza quello, senza amore, senza rabbia,
senza dolore, il respiro è solo un orologio che fa tic tac!
(Da Equilibrium)
Le
attuali neuroscienze, ci spiegano che, nel nostro cervello (luogo
scelto dalla Mente per esprimersi in idee, emozioni e comportamenti)
esistono due ambiti operativi:
quello
relativamente “intermedio” (definito subcorticale) a
funzione prevalentemente inconsapevole che dà luogo alla
creazione delle abitudini;
quello
dei piani “nobili” (definito “corticale”) in
cui usciamo dal guscio del già “visto” e
“sentito” e andando incontro al nuovo, miglioriamo noi
stessi, attraverso il sacrificio (cioè, un atto sacro) della
paura di ciò di cui non conosciamo il finale.
Per
come siamo strutturati, pur se volessimo fermarci nel limbo, dopo un
conflittuale purgatorio, saremo costretti, per via dell’aumento della
confusione interiore fatta, anche, di noia (ciò che la Fisica
chiama “entropia”) saremo costretti ad andare, per forza,
oltre le colonne d’Ercole, nei meandri della corteccia cerebrale, in
connessione con la “Teoria del Tutto” che ci collega con
ogni cosa del Creato.
L’obiettivo
diventa quello di una crescita condivisa. La Pena nel caso in cui ci
si rifiuti, consiste nella perdizione verso l’Oblio (sotto forma dei
più svariati sintomi descritti nel DSM, “bibbia”
dei disturbi psichiatrici).
“Igne
Natura Renovatur Integra"
La
Natura è rinnovata interamente nel fuoco. Cari
Lettori, si
narra (e spero sia solo una leggenda...) che i poveri ospiti delle
Perreras vengano lanciati nei forni crematori ancora vivi (e dopo una
preparazione che farebbe inorridire finanche il Marchese De Sade).
Vincendo
lo sconforto morale che avvolge l’anima inorridendo all’idea che
esista specie capace di tali barbarie mi vien da pensare che, forse,
il punto di congiunzione fra il bene e il male, la notte e il giorno
possa trovarsi su un immaginario pavimento a scacchi sul quale,
bianco e nero si incontrano, si sostengono e si annullano, in una
danza che genera opposti dai quali sgorga la vita... si spera
migliore.
Quindi,
i “pelosetti” diventano I.N.R.I. (Iesus
Nazarenus Rex Iudaeorum) da sacrificare perchè, qualcuno, alla
fine, diventi migliore.
E’
azzardato, pensare ciò, secondo voi? Di sicuro non è un
invito a continuare in simili pratiche ma, per favore, impieghiamo un
po’ del nostro tempo a leggere lo stralcio di una lettera vergata da
chi lavora all’interno di una Perrera
Sono
un impiegato del “controllo animale” in un piccolo
paesino. Ho 35 anni e lavoro per il municipio, con varie mansioni,
fin da quando frequentavo la scuola media. Sì, sopprimo cani e
gatti per guadagnarmi la vita.
Qui
non c’è molto lavoro e lavorare per il comune significa
guadagnare bene, soprattutto per una persona come me che non ha fatto
studi superiori. Sono la persona su cui tutti voi scrivete cose
orribili. Sono io quello che ammazza cani e gatti facendoli soffrire.
Sono io quello che raccoglie i loro corpi senza vita e li butto
dentro quelle borse di plastica nere.
Però
sono anche quello che odia il suo lavoro e odia quello che deve fare.
Tutti voi che mi giudicate, non fatelo. Dio mi sta già
giudicando e io sono consapevole che andrò all’inferno.
Non voglio mentire, è un lavoro infame, crudele e io mi sento
come un assassino seriale.
Però
non sono totalmente colpevole; se la legge rendesse obbligatoria la
sterilizzazione degli animali, molti di questi cani e gatti non
sarebbero qui a farsi sopprimere da me.
Sono
il demonio, ma voglio che tutti voi conosciate anche l’altra
faccia dell’“uomo delle camere a gas”. In generale,
il centro antirabbica compie le soppressioni nelle camere a gas il
venerdì mattina.
Il
venerdì è il giorno più atteso dalla maggior
parte delle persone, ma per me è il più odiato e vorrei
sempre che ci si fermasse il giovedì notte.
Ogni
giovedì, a notte inoltrata, quando non c’è
nessuno, il mio amico ed io andiamo in un fast-food e spendiamo 50
euro in hamburger, patatine fritte e pollo. Ho l’obbligo di non
alimentare i cani il giovedì perché mi dicono che poi
la camera a gas diventa un porcile e sarebbe uno spreco di cibo.
Così,
ogni giovedì notte, con la luce ancora spenta, vado nella
stanza più triste che ciascuno di voi possa immaginare, e
lascio che i cani e i gatti condannati a morte escano dalle loro
gabbie. Il mio amico ed io apriamo le buste degli hamburger e dei
sandwich di pollo e li diamo a questi cani affamati e magri. Ingoiano
il cibo talmente in fretta che credo non sappiano neanche di che cosa
sanno. Muovono le code e alcuni non mangiano, si mettono a pancia
all’aria perché gli accarezzi il pancino. Iniziano a
correre, a saltare e ci baciano. Vanno a mangiare un po’ e poi
tornano vicini a noi. Ci guardano tutti con confidenza e speranza, le
loro code si muovono così rapidamente che alla fine ho le
gambe piene di lividi.
Divorano
la pappa, e poi sono pronti a divorare un po’ di pace e amore.
Io e il mio amico ci sediamo sul pavimento, sudicio e macchiato di
pipì, lasciamo che ci saltino addosso, che si mettano seduti
sulle zampine posteriori per giocare con noi e anche fra di loro.
Alcuni si leccano a vicenda, però la maggior parte rimane
appiccicata a me e al mio amico. Guardo negli occhi ogni cane.
Ad
ognuno dò un nome. Non moriranno senza avere un nome. Ad
ognuno di loro dedico 5 minuti di amore e coccole incondizionate.
Gli
parlo e gli dico che mi dispiace molto per qual che accadrà,
domani. Gli sussurro che andranno in un posto migliore, per
giocare con tutti gli altri cani e gatti. In cielo.
Dopo
circa 30 minuti, prendo i cani e li rimetto nelle loro gabbie; li
accarezzo e solletico il loro mento. Alcuni mi danno la zampa e io
voglio solo morire. Chiudo le gabbie e chiedo ad ognuno di loro di
perdonarmi. Dormiranno col pancino pieno e una falsa sensazione di
sicurezza...
Cari
Lettori, sono stato piuttosto indeciso sulla possibilità di
scrivere questo articolo ma, dopo lunghe e profonde riflessioni, ho
deciso di provare a trasmettere il brutto affinchè,
trsmettendo su foglio (virtuale) le mie idee, rileggendole, potessi
ricavare spunti per divenire più “puro”.
È
ovvio che, al tempo stesso, mi appello ad ogni autorità
affinchè simili condizioni non vengano più neppure
immaginate. Nell’attesa, non si può restare inermi ma si DEVE
(come sosteneva Voltaire) ricavare il Buono anche dove, in apparenza,
non c’è.
Ci
sono delle anime che, come alcuni animali, si rivoltano nel fango ed,
altre, che volano come gli uccelli i quali, nell’aria, si
purificano e si puliscono. (San Giovanni della Croce)

Giorgio
Marchese (Medico
Psicoterapeuta, Counselor) - Direttore "La
Strad@"
Nella vita, tante Persone ci aiutano a diventare migliori. Forse, troppe, per ricordarle tutte. In questo momento sento di ringraziare
gli amici Davide Parrotta Gianfranco Marrazzo, Pino Amendola, Sergio Tursi Prato e mio fratello Mariano per gli ottimi spunti di riflessione
offertimi, da quali sono stato ispirato per scrivere questo editoriale
|