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La Sindrome di Peter Pan.
di Giorgio Marchese  ( direttore@lastradaweb.it )

18 settembre 2010






Perché si ha paura di diventare adulti?


 

A spasso verso un futuro migliore

 

Seconda stella a destra, questo è il cammino... e poi dritto fino al mattino. Poi la strada la trovi da te, porta all’isola che non c’è. Forse questo ti sembrerà un strano, ma la ragione ti ha un po’ preso la mano. Ed ora sei quasi convinto che... non può esistere un’isola che non c’è! E a pensarci, che pazzia, è una favola, è solo fantasia... e chi è saggio, chi è maturo lo sa: non può esistere nella realtà! Son d’accordo con voi, non esiste una terra dove non ci son santi né eroi. E se non ci son ladri... e se non c’è mai la guerra, forse è proprio l’isola che non c’è! E non è un’invenzione e neanche un gioco di parole. Se ci credi ti basta perché... poi la strada la trovi da te. Son d’accordo con voi, niente ladri e gendarmi, ma che razza di isola è? Niente odio e violenza, né soldati, né armi, forse è proprio l’isola che non c’è! Seconda stella a destra, questo è il cammino... e poi dritto fino al mattino. Non ti puoi sbagliare perché quella è l’isola che non c’è! E ti prendono in giro se continui a cercarla, ma non darti per vinto perché chi ci ha già rinunciato e ti ride alle spalle forse è ancora più pazzo di te! (Edoardo Bennato - L’isola che non c’è)

Cosa significa Crescere? Perché si ha paura di crescere? Si può crescere senza perdere l’entusiasmo e la curiosità tipica dei bambini?

Siamo nel 1902, uno scrittore irlandese, James Matthew Barrie, è uno stimato autore teatrale le cui commedie però, non convincono (perché non hanno il carisma adeguato). Un giorno, seduto su una panchina al parco con il proprio cane a scrivere, conosce per caso una signora, vedova con quattro figli. Nasce in questo modo un grande amore per i quattro bambini con i quali comincia a passare le sue giornate, a giocare e a farli divertire, offrendogli addirittura il proprio cottage fuori città e arrivando addirittura a sacrificare il proprio matrimonio. Dei quattro bambini, uno, Peter, è taciturno e ride raramente, avendo subito in maniera molto forte lo shock della perdita del padre. James lo incita a scrivere, a sfogarsi inventando storie sulla propria famiglia, e a poco a poco si trova lui stesso ad immaginare una favola fantastica sui quattro fratelli. Il risultato sarà il romanzo Peter Pan (che è rimasto nella storia come l’emblema di un ragazzo che vola, ma che si rifiuta di crescere). Da questo romanzo saranno tratti film e animazioni di vario genere, fra cui Neverland - Un sogno per la vita (che, nel 2004, narra, in maniera romanzata, ma sufficientemente fedele, un periodo della vita dello scrittore James Matthew Barrie, diventando anche un viaggio nel sogno, verso Neverland, "la terra che non c’è") e Hook - Capitan Uncino del 1991, un film di Steven Spielberg con Robin Williams, Dustin Hoffman, Julia Roberts e Bob Hoskins.

Per tornare alla domanda iniziale su cosa significa crescere e perché se ne ha paura, abbiamo scelto di mostrare un’immagine tratta da Hook - Capitan Uncino. Il film che è un sequel delle avventure originali di Peter Pan, si concentra su un Peter cresciuto che ha perso i suoi ricordi d’infanzia. Conosciuto ora come "Peter Banning", è un avvocato di successo sposato e con due figli, condizionato da una Società consumistica che gli ha spento tutto il piacere della freschezza interiore. Quando Capitan Uncino rapisce i suoi due ragazzi, Peter farà ritorno all’isola che non c’è e si riapproprierà (per riconquistare l’interesse dei suoi figli e toglierli all’influenza del pirata) del suo spirito giovanile, così da poter sfidare ancora una volta il suo acerrimo nemico e vincere, definitivamente.

Nell’immagine, un’indicazione: crescere e trasformare

In alto a sinistra "L’isola che non c’è", Neverland, che si raggiunge andando oltre la seconda stella a destra, in un firmamento ideale; in basso un uncino; al centro Peter Pan e Capitan Uncino, così diversi e così simili...

Peter, il ragazzo che non vuole crescere e Capitan Uncino, l’uomo maturo che prova a diventare il personaggio più carismatico di questa "Isola che non c’è".

In realtà, i due antagonisti sono molto simili perché Peter non vuole crescere (per paura di perdere "purezza" e "freschezza"); ma anche Capitan Uncino è un ragazzo che ha paura d’invecchiare e, soprattutto, ha paura di affrontare la vita e, quindi, si camuffa da cattivo.

L’uncino, se ci fate caso, serve ad avvicinare e non a colpire: è paradossale, ma l’uncino è un surrogato di mano e quando non abbiamo una mano o quando l’abbiamo e non sappiamo usarla la utilizziamo per quel che possiamo...

Agli occhi degli altri, la nostra azione può diventare un pericolo mentre noi, non sapendo spiegarci adeguatamente, vorremmo solo avvicinare qualcuno: ma questo qualcuno ha paura e reagisce aggredendoci.

In effetti, nell’immagine, Peter ha uno sguardo più cattivo di quello di Capitan Uncino che è bonario. Il cercare di dialogare quando le cose sembrano molto diverse rispetto a quella che è la realtà... può accadere soltanto nell’ Isola che non c’è.

Crescere, per definizione significa aumentare trasformando, in bene o in meglio: ma, come andrà, noi non lo sappiamo all’inizio; un po’ come quando si fa una torta o una pizza: si lascia lievitare, si mette in forno facendo attenzione a non aprire lo sportello per evitare d’interromperne la cottura. A volte, però, la pietanza (per qualche errore di procedura) non "cresce" adeguatamente e allora il risultato lascia a desiderare.

Se noi non siamo adeguatamente aiutati nel capire che la vita è difficile (ma lo è in funzione di quello che non sappiamo fare) cerchiamo delle strade alternative frenando le nostre aspirazioni, i nostri sogni, la nostra voglia di crescere per paura di trasformarci in qualcosa che potrebbe anche non piacerci.

È compito dunque di chi ci sta accanto, metterci nelle condizioni, soprattutto attraverso l’esempio, di capire che sicuramente sarà dura, ma è proprio nel gusto della sfida e nel provare a riuscirci che sta l’essenza stessa della vita.

In che misura "il precariato sociale" e "le famiglie iperprotettive" contribuiscono alla formazione di tanti "Peter pan"? In parole povere, che rapporto c’è tra paura di crescere e mancanza di autostima?

All’interno dell’immagine proposta, la sintesi di una canzone scritta da Freddy Mercury (pseudonimo di Farrokh Bulsara ) dal titolo "Troppo amore ti ucciderà". Riflessivo, frustrato, leggermente angosciato, sicuramente disilluso... il personaggio che osserviamo nel riquadro è molto diverso da quello sicuro di sé e simpaticamente sfrontato del "We are the champion, my friend".

"Sono solo i frammenti dell’uomo che ero solito essere...Mi sento come se nessuno mi avesse mai detto la verità su come crescere e sullo sforzo che avrebbe comportato nella mia mente piena di confusione".

Quando si sta molto, troppo vicini alle persone che, per amore, si vuole proteggere, le si mette in condizione di sentirsi sicure. Ma sicure a che prezzo? Quello di andare in giro sapendo che alle proprie spalle ci sarà qualcuno che ci aiuterà nei momenti di difficoltà. È come quando una persona si abitua ad andare in giro con la pistola perché teme di essere aggredito. Se, per abitudine, noi ci sentiamo normali nel sapere che solo a determinate condizioni riusciremo ad affrontare la vita, che sono quelle condizioni di iperprotezione (come una pistola nella fondina, come una famiglia che ti sta sempre intorno), allora non sono condizioni di normalità, ma di eccesso.

L’idea di doverne fare a meno (perché un giorno la pistola si può inceppare, un giorno perderemo gli affetti più cari, etc.), se non saremo preparati, ci farà percepire "nudi alla meta", perché quel troppo amore ci avrà messo in condizione di non sentirci in grado di affrontare la situazione.

Ecco che ci vuole equilibrio.

Amore significa interesse, ma interesse spassionato, benevolo, senza secondi fini, interesse che parte da dentro.... e siccome è da dentro che parte, è dentro che dobbiamo sentire la protezione e la sicurezza.

Un genitore, una mamma, un padre, sarebbe utile che si mettesse nelle condizioni di farsi trasportare "dentro" dai propri figli diventando non un elemento in cui identificarsi, ma un punto di riferimento per consentire ad un figlio di evolvere, di andare al di là di lui o di lei.

Peter Pan non era una persona che si rifiutava di crescere volendo "semplicemente" restare bambino... in realtà non voleva perdere il gusto di immaginare, fantasticare, di continuare ad essere felice pure in mezzo a delle difficoltà.

Se proprio vogliamo fare un appunto, l’unico limite di Peter Pan era quello di non voler accettare l’idea che la felicità si raggiunge attraverso la fatica, l’impegno, la sofferenza...

Sicuramente attraverso la crisi.

Provava, quindi, a convincere i suoi amici a prendere tutto con leggerezza. Ma la vita non è solo leggerezza: è un insieme di elementi che vanno affrontati nella maniera più adeguata riuscendo a trasformare difficoltà in opportunità di crescita.

E’ possibile avere il desiderio ma nel contempo la paura di crescere? La paura di crescere può essere legata alla paura di sbagliare?

Non è strano aver paura di sbagliare, soprattutto perché noi cresciamo sapendo che corriamo il rischio, continuamente, di deludere qualcuno attraverso l’errore. Ma quante volte una persona che ci vuole bene, nel momento in cui rinunciamo a portare avanti un progetto o sbagliamo nell’esecuzione, ci dice: "Mi aspettavo qualcosa di meglio da te". Questo non significa "Mi aspettavo che tu corressi per vincere", ma "Mi aspettavo che tu potessi trovare maggiore soddisfazione dall’applicarti in questa circostanza".

Ma in noi, cosa si determina?

Una reazione a catena che andrà a produrre una miriade di rimorsi, rimpianti e sensi di colpa che ci metteranno nella condizione, in seguito, di riflettere molto prima di agire; rifletteremo su tutte le persone che potremmo far soffrire e quindi molte volte, pur avendo le opportunità, rinunceremo ad "andare".

Il risultato, quale sarà?

Soffriremo e produrremo dei disturbi per non pensare alle rinunce circa tutto ciò che avremmo invece potuto realizzare.

Può la paura di crescere essere legata alla paura di invecchiare e di morire?

Nell’immagine proposta, tre "bellissimi" che hanno furoreggiato nel cinema italiano, dagli anni ’50 agli anni ’90 del secolo scorso. Vittorio Gassman, Marcello Mastroianni e Ugo Tognazzi. Tre modi diversi di affrontare, sfidare e vincere la vita. Vittorio Gassman osserva con aria di superiorità il pericolo, Marcello Mastroianni conta molto su ciò che è o su ciò che conta di essere (dall’alto della sua eleganza), Ugo Tognazzi, l’eterno bambino, anche lui un vincente, che punta sulla capacità di suscitare tenerezza.

Tre vincenti?

Ecco i tre crociati che tornano dalla Terra Santa. Cosa avranno conquistato? Forse molto agli occhi della gente, ma loro... che pensano? Attraverso vicissitudini che li hanno portato al crollo di certezze e illusioni, Hanno assaggiato la polvere della vita e il peso dell’essere diventati adulti, lontano dal mondo della celluloide.

Vittorio Gassman, guarda con paura la possibilità di continuare a soffrire: vorrebbe fermarsi lì... e "scendere". Marcello Mastroianni sembra un monarca che attende, rassegnato, di essere assassinato dai congiurati: è solo una questione di tempo... che peccato! Ugo Tognazzi non ha più quella mano "birichina" che accarezza il labbro... ha bisogno di appoggiarsi per sorreggere il peso di tutto ciò che gli fa paura: la vecchiaia, la perdita dell’autonomia, la scomparsa del successo. I primi due appaiono disillusi, l’eterno bambino, addirittura, incarna l’emblema della sconfitta.

Partendo dall’assunto che la paura di crescere può essere legata non solo ad alcuni asspeti intuibili (invecchiare, morire, perdere i propri cari, non sapere affrontare l’ignoto, non sopportare di di sbagliare) possiamo aggiungere che una forte componente può essere legeta anche alla nostalgia di momenti del passato che non potranno essere mai più vissuti.

Intanto il tempo fluisce e si resta in bilico tra gli attimi di ieri e il domani incerto. Che fare? Ma insomma, invecchiare, fa così paura?

Nell’immagine, un allegro novantaduenne, Arnoldo Foà, e un’affascinante settantenne, Erica Blanc, insieme ne "Sul lago dorato". Anche per il loro il tempo è passato ma... osserviamo bene: avete mai visto due "ragazzi" così Felici?

Un "profumo" quasi erotico che va, decisamente, in controtendenza rispetto a quei tre cavalieri dell’Apocalisse, di prima. Questi due non vanno a combattere, ma sanno godersi la vita e, camminando nel tempo, invecchiano come un buon vino diventando migliori.

E allora forse non è tanto la paura d’invecchiare o di morire, ma la paura di crescere e la voglia di restare bambino. Vittorio Gassman, in molte interviste televisive dichiarava: "La gente pensa che io sia una persona forte. Non è vero, aiutatemi. Io sono un elemento in estinzione di quelli che va coccolato, accudito come se fosse un orsacchiotto di peluche". Ugo Tognazzi confidava a Pupi Avati di non voler invecchiare, di non voler dipendere da nessuno, di aver paura di diventare un inabile rincretinito capace solo di succhiare le caramelle! Mastroianni, pur non rilasciando questo tipo d’interviste ha, comunque, sofferto molto.

Cosa c’è dietro queste affermazioni?

C’è la paura di doversi trasformare... perché i tre non hanno contato su ciò che erano e su ciò che sarebbero potuti diventare in termini di maturazione, ma hanno poggiato molto su un solo elemento (quello dell’apparire) facendolo esplodere sul piano dell’interesse su base narcisistica: la propria bellezza, la propria prestanza.

È come avere un’ottima automobile, ma non usarla per paura che si danneggi. Non diventerà mai un’auto storica, diventerà un ferro vecchio senza mai averlo utilizzato. Nel tempo noi ci trasformiamo diventando più belli interiormente e, questo, ci trasporrà all’esterno, mettendoci in condizione di sembrare ciò che effettivamente siamo se accettiamo l’idea di far trascorrere il tempo in maniera costruttiva. Aver paura è dunque normale, saperla affrontare è un punto di partenza per arrivare dove?

Lo scopriremo strada facendo: è questo il bello della vita.

 

G. M. - Medico Psicoterapeuta

 

Si ringrazia Andrea Lionetti per la collaborazione nella stesura del dattiloscritto

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