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SciacquaLingua
Si va sempre
più affermando l’usanza deleteria - introdotta da
qualche "notabile della lingua" - di sostituire il
congiuntivo con l’indicativo, così (dice il "notabile")
tutto si semplifica e i bambini (bontà sua) non trascorreranno
le notti insonni per "capire" la differenza che intercorre
tra i due modi del verbo; il problema in questo caso non si pone:
l’indicativo, sempre! No, amico notabile, non ci siamo; se vuoi
puoi anche scrivere "quore" con la "q" e
zabaglione in luogo della forma corretta "zabaione", i tuoi
accoliti non ti seguiranno, anzi... Non puoi pretendere, però,
di fare scomparire un modo di un verbo che per secoli è stato
adoperato per enunciare un fatto come incerto, possibile, sperato e
del quale non si è sicuri, appunto, dell’esito; in
contrapposizione all’indicativo che è il modo che
esprime la certezza o la realtà constatata (o immaginata)
nella nostra mente come tale.
Il congiuntivo,
insomma, è il modo del dubbio, dell’incertezza, della
speranza, della supposizione, di un augurio, di un ordine (l’augurio
non possiamo sapere se si realizzerà; l’ordine non
sappiamo se verrà eseguito). Il congiuntivo, quindi, come dice
la stessa parola, è uno dei quattro modi finiti del verbo che
indica l’azione come probabile e si adopera in dipendenza di
una proposizione principale "congiungendo", appunto, due
azioni o due stati: voglio che voi tutti "leggiate" quel
romanzo (non si sa se lo leggeranno, per tanto il congiuntivo
"leggiate" è d’obbligo). Il congiuntivo è,
insomma, come lo definiscono i grammatici, "quel modo del verbo
che esprime azione non ritenuta reale e certa, ma solo possibile".
In considerazione di quanto detto, quindi, useremo - parlando e
scrivendo - in presenza della congiunzione "che" il modo
congiuntivo ogni volta che enunciamo un fatto come incerto,
possibile, sperato: auguriamoci che la squadra bianca "batta"
la squadra rossa. Poiché l’esito della gara delle due
squadre è incerto, anche in questo caso il congiuntivo "batta"
è d’obbligo. Da sottolineare, inoltre, il fatto che il
congiuntivo presente si adopera, anzi si deve adoperare,
indipendentemente e in una proposizione principale, quando è
in "funzione volitiva": ognuno "dica" quel che
vuole; che il Cielo vi "aiuti"; "cada" pure il
mondo, non mi rivedrete più! In questi casi, gentili amici,
provate a sostituire il congiuntivo con l’indicativo - secondo
i consigli dei "notabili della lingua" - se le frasi vi
"suonano", dimenticate quanto avete letto finora e
accettate le scuse per la confusione di idee che le nostre
modestissime parole vi hanno creato. Attenzione, però, a non
abusare del congiuntivo. Nelle frasi tipo "ho sognato che ero
sull’orlo di un baratro", non si può usare il
congiuntivo e dire o scrivere "fossi": nel sogno il baratro
era "reale", quindi va bene l’indicativo "ero".
Non è "obbligatorio" l’uso del congiuntivo
anche nel periodo ipotetico nei casi in cui manchi la "certezza",
cioè con i tipi della probabilità e dell’irrealtà.
In questi casi vanno benissimo un paio di indicativi imperfetti: se
eri in casa ti telefonavo.
Abbiamo fatto
questo esempio perché un insegnante ha considerato errore, da
sottolineare con la matita blu, l’uso dell’indicativo
imperfetto in un periodo ipotetico dell’irrealtà: no,
caro professore, l’indicativo, in questo caso, non è
stilisticamente "elegante" (e possiamo essere d’accordo
con lei), ma neanche errato.
A
cura di Fausto Raso
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