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Cambiare il mondo senza prendere il potere
di Gianluca Ion  ( info@ionaonline )

5 agosto 2006




A volte ciò che ci fa gridare come una furia, che ci fa versare lacrime di frustrazione, che ci rende scontenti è l’esperienza diretta dello sfruttamento in fabbrica, dello stress in ufficio, della fame e della povertà o l’esperienza della violenza o della discriminazione. A volte invece è l’esperienza indiretta che percepiamo attraverso i media: milioni di bimbi vivono per le strade, alcuni sono assassinati per assicurare il rispetto della proprietà privata. Nel 1998 i beni delle 200 persone più ricche del mondo equivalevano a più del reddito totale del 41 % della popolazione mondiale: la spaccatura tra ricchi e poveri si allarga. Il mercato azionario cresce ogni volta che aumenta la disoccupazione; si incarcerano gli studenti che lottano per un‘educazione gratuita, mentre i responsabili materiali della miseria di milioni di persone sono coperti di onori e vengono loro assegnati titoli come quello di generale, segretario della difesa, presidente ecc. E l’elenco potrebbe continuare. Confusamente sappiamo che questi non sono fenomeni isolati: ma sono parte di un mondo difettoso e perciò correlati fra loro. Vediamo sempre più persone mendicare ogni giorno, mentre i mercati azionari superano nuovi primati e i salari dei dirigenti delle imprese salgono a livelli vertiginosi: diciamo "non può essere!". Eppure è così: dovremmo aggrapparci all’idea del rifiuto di un mondo simile.

Nella nostra quotidianità poi, la spaccatura fra i due mondi, è sempre più evidente: da un lato troviamo i Porsche Cayenne e i Suv dall’altra troviamo, mezzo metro più in basso, il reddito fisso, ossia, il lavoro dipendente, gli impiegati sia pubblici che privati, per non parlare dei pensionati. Insomma tutti quelli che hanno sofferto la mazzata del cambio dalla lira all’euro e alla fine hanno capito che i vincitori erano gli autonomi, i rappresentanti delle corporazioni, i professionisti, i commercianti, chi aveva potuto aggirare il mercato, approfittando della mancanza di concorrenza.

Durante il governo precedente l’impoverimento dei ceti medi era sotto gli occhi di tutti, ma nessuno rilevava che simmetricamente altri ceti si arricchivano: basti pensare ai condoni e all’idea in essi intrinseca che l’idea di non pagare le tasse era un peccato veniale, permettendo fenomenali accumuli di ricchezza. L’apparato industriale odierno in Italia (e nell’Occidente in genere) soffre la concorrenza asiatica e quindi si innova, ma alcuni settori sono protetti ricostruendo margini di profitto sorprendenti. A cascata assistiamo al fenomeno dell’esibizionismo idiota della ricchezza: a Poltu Qualtu i riches si assiepano ad ammirare l’arrivo dei vari Briatore con la svampita di turno, a Jesolo i nuovi appartamenti sul mare sono decollati a 16-17000 € a mq. ...!!!! E’ l’Italia del mezzo milione di barche, dei fuoristrada e delle 10000 macchine sopra gli 80.000€ immatricolate ogni anno. E poi ci sono le manovre di Visco e Bersani con ls loro politica di attacco all’evasione fiscali, quella a favore della liberalizzazione, della concorrenza a favore dei consumatori ( via gli albi e l’obbligo della tariffa minima). Insomma si rischierà a mettere sullo stesso piano il "figlio del professore col figlio dell’operaio"!!!!!

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