Questo
articolo ha visto la sua prima stesura poco più di dieci anni
fa. A distanza di tanto tempo, il bisogno di fornire (soprattutto a
me stesso) nuove risposte alle tante nuove domande, mi ha indotto a
rimetterci mano.
BUONA
LETTURA
A
spasso verso un futuro migliore...
I
legami fra una persona e noi esistono solamente nel pensiero. La
memoria, nell’affievolirsi, li allenta; e, nonostante
l’illusione di cui vorremmo essere le vittime, e con la quale,
per amore, per amicizia, per cortesia, per rispetto umano, per
dovere, inganniamo gli altri, noi viviamo soli. L’uomo è
l’essere che non può uscire da sé, che non
conosce gli altri se non in se medesimo, e che, se dice il contrario,
mente. (Marcel Proust)
Caro
dottore, questa volta ho bisogno di affrontare un tema controverso,
che ho sempre ritenuto un aspetto di sottomissione: il rispetto!
Effettivamente,
questo termine dà adito ad interpretazioni che possono
allontanare da principi di realtà...
Cominciamo
subito. Che cosa significa la parola rispetto?
Volendo andare
indietro nel tempo, possiamo renderci conto del fatto che, gli
Antichi Romani, hanno unito la particella “Re” (che vuol
dire, “nuovamente”) e “Spicere” (che
significa, “guardare”) con l’intenzione,
attraverso il neologismo (di allora) “Respìcere”,
di ammonire i superficiali che pretendevano di esprimere giudizi
su qualcosa o qualcuno, a prestare la dovuta attenzione, prima di
trarre conclusioni affrettate.
A distanza di
tanto tempo, con questo termine, la lingua Italiana intende un
sentimento di riguardo e considerazione nei confronti di persona
ritenuta degna. Le faccio presente che, per essere degni di rispetto,
bisogna essere persone normali e per bene, non c’è
bisogno di eccellere in qualche campo, basta non essere maleducati e
opprimenti.
Quindi,
rispetto e stima non sono la stessa cosa?
Il
più insignificante presente ha, rispetto al più
insignificante passato, il vantaggio della realtà. (Arthur
Schopenhauer)
É
necessario, proprio in ossequio alle indicazioni riportate nei
moderni dizionari, che questi due termini vadano considerati in
maniera diversa. Noi abbiamo l’obbligo di imparare a rispettare
chiunque ma, la stessa cosa, non vale per la stima che, invece,
bisogna conquistarla in base a degli indici di positività e
costruttività che tengono conto sia di principi morali che
etici: la stima, infatti, (fornendo la base dell’autostima corretta)
consente di dare un valore ad una persona, dal momento che risulta da
una valutazione delle qualità percepite in maniera corretta,
utili per sé e non dannose per gli altri. In sostanza, una
considerazione positiva generale che un essere umano può avere
di chi se lo merita, ovviamente.
Nessun
uomo impegnato a fare una cosa molto difficile (e a farla molto
bene), perde mai il rispetto di se stesso. (George Bernard Shaw)
Scusi
per la divagazione... ma quali sono gli indici di stimabilità
di un individuo?
La
sua disponibilità a:
applicarsi
con serietà al proprio lavoro;
superare i
propri limiti per andare "oltre", a favore proprio e di gli
sta intorno senza propugnare ostentazione;
rendersi conto
(in termini di realtà e in assenza di autoesaltazione) della
validità che, il proprio operato, rappresenta all’interno
del contesto di relazioni in cui si trova a vivere e ad operare;
migliorare se
stesso, con costanza e perseveranza.
Vediamo
se ho capito. Se una persona produce qualcosa di buono è
stimabile ma, a prescindere da quello che fa nella vita, è da
rispettare almeno fin quando non ci danneggia.
Un
uomo è rispettabile solo in quanto porta rispetto. (Ralph
Waldo Emerson)
Alla sua
impeccabile affermazione, possiamo aggiungere che il rispetto, però,
dovrebbe essere biunivoco. Due persone che si incontrano si
dovrebbero rispettare vicendevolmente. Infatti, il termine rispetto,
sul vocabolario etimologico della lingua italiana, deriva dal latino
e significa,"aver considerazione di se stessi (prima) e degli
altri (subito dopo)"; questo rientra in un concetto di
egoismo positivo, perché molte volte noi impariamo ad
osservare delle regole che governano il rapporto con gli altri ma,
altrettanto spesso, ci dimentichiamo della nostra persona. Il termine
dignità , connota nobiltà d’animo, che
induce a rifuggire da ogni bassezza per riuscire a darsi un valore.
E grazie a
questo valore (che sarebbe auspicabile riuscire a riconoscere anche
nelle azioni altrui), che accettiamo l’idea di porre attenzione e
rispetto anche nei confronti di chi, appare come un essere
insignificante ma che, ad un’osservazione più approfondita,
scopriamo, magari, essere un eroe (piccolo o grande) in quella guerra
quotidiana che combattiamo per evitare di smarrire il bandolo della
motivazione esistenziale.
Nella
comunicazione umana, quando nasce il rispetto?
Per quanto
riguarda il rapporto con noi stessi, lapidariamente posso
concludere che nasce con noi, lo perdiamo a seguito di
condizionamenti autolesionistici e possiamo recuperarlo, attraverso
un percorso di "ricrescita" personale (Psicoterapia,
Counseling, etc.); nel rapporto con gli altri, il rispetto si
appalesa, quando raggiungiamo uno stadio maturo che ci aiuta ad
uscire dalla base egocentrica (in base a cui, siamo convinti di
essere al centro del Mondo) e ci faccia capire che, avendo bisogno di
chi ci sta intorno, non possiamo calpestarlo o usarlo senza riguardi!
Infatti noi
esistiamo in quanto altri, con noi e prima di noi, hanno contribuito
a creare le condizioni più idonee.
Come
si sviluppa il rispetto?
In un certo
qual modo, ho già risposto prima. Il rispetto, si sviluppa
attraverso corretti principi (acquisiti con l’Apprendimento mediante,
soprattutto, buoni esempi di vita) per cui, più si impara a
diventare egoisti in maniera positiva e non prevaricante (in grado di
cogliere opportunità senza diventare opportunisti), più,
si rispetta se stessi e gli altri.
Quanti
tipi di rispetto esistono?
Fondamentalmente
uno che presenta, però, tre sfaccettature in grado di
inquadrare i momenti diversi della comunicazione: il rispetto verso
se stessi, il rispetto verso un altro individuo e il rispetto nei
confronti della collettività . All’interno di
questo trittico, si configurano tutte le possibili forme di
relazione: famiglia, amicizia, lavoro, etc.
Abbiamo
parlato di rispetto e di Egoismo Positivo, possiamo approfondire?
Attraverso
l’egoismo positivo ci si rispetta adeguatamente. In pratica, il
rispetto è conseguenza dell’egoismo positivo.
Quest’ultimo è il "motore" che determina la
necessità di rispettare se stessi e gli altri. Se io ho
chiaro il principio della necessità di tutelare me stesso
attraverso anche il trattar bene gli altri, creo le condizioni di
"crescita tutelata", al riparo dagli attacchi altrui.
Io,
in verità, ero convinta che rispettare gli altri significasse
sottomettersi a loro!
In pratica si
considerano le esigenze degli altri e si confrontano alle proprie
generando uno specchietto, in base al quale, su ogni scelta possibile
prevale il non danneggiare e, ovviamente, il non essere danneggiati.
Che
ruolo occupa il rispetto, nello sviluppo della personalità?
Dal momento che
"rispettare" significa trovarsi in diretto rapporto con la
logica e con i buoni elaborati di pensiero, a queste condizioni
saremo in grado di seguire una strada corretta come se fosse un filo
di Arianna, (quello che si stende quando si entra in un labirinto e
offre una guida sicura per potersi muovere). Il profondo rispetto di
sé, comporta, per forza la necessità di cercare le
migliori forme di adattamento con gli altri, senza vincitori né
vinti. Ecco, a queste condizioni, avremo, finalmente, delle persone
veramente mature.
Esisterà
un rapporto fra il Rispetto e la Libertà personale?
Libertà
trae la sua radice etimologica dal latino ed equivale alla condizione
di fare ciò che piace e che fa star bene. Però, siccome
è un po’ rischioso dare ad ognuno la possibilità di
comportarsi come più gli aggrada, perchè potrebbe
tramutarsi in un danno nei confronti altrui, la condizione di persona
libera, richiede molta maturità. Questo è alla base di
ogni principio democratico,
La
Libertà è un valore per il quale si è sempre
lottato molto e ci si è sacrificato altrettanto ma, nella
Società occidentale in cui viviamo, possiamo ritenerci persone
"Libere" e capaci di seguire la strada del Rispetto
reciproco?
Io
sono un uomo libero solo in quanto riconosco l’umanità e
la libertà di tutti gli uomini che mi circondano. Rispettando
la loro umanità, rispetto la mia. (Michail Bakunin)
Dall’errato
rapporto col concetto di libertà nascono problematiche che,
dal semplice osservare la vita con occhi meno "sorridenti",
possono sfociare in conflittualità gravi per se stessi e per
gli altri.
Che
vuol dire?
Ognuno
di noi è sottoposto a delle regole da rispettare, sia sociali
che naturali. Per quanto riguarda le prime, è facile rendersi
conto di quali siano le codificazioni con cui incontrarsi o
scontrarsi (a seconda dei momenti e delle circostanze): per non
correre rischi, basta essere edotti sulle leggi più comuni e
sui principi più elementari del galateo.
La
"libertà" sta dietro un portale con un uscio
dischiuso. Tutto sta a vedere quanto pesa questo portone, quanta
energia abbiamo a disposizione, quanto crediamo in noi stessi e
quanto siamo in grado di goderci, egoisticamente
(ma
senza danneggiare nessuno), la nostra presenza.
Un’ultima
cosa. Nel proprio lavoro, l’analista in che modo usa il
rispetto?
In molti
modi,ogni volta che si mette in un giusto rapporto di sintonia verso
la soffferenza e il disagio altrui. Inoltre, una manifestazione
importante di rispetto consiste nel mostrare pazienza nei confronti
del proprio analizzato quando, quest’ultimo, evidenzia
(mediante comportamenti consapevoli o meno) la necessità del
rispetto di una tempistica che, a volte, può essere lenta e
"snervante". In questo caso si renderà necessaria
una ripetitività di messaggi per favorire il cambiamento di
alcune idee
E
nel caso in cui un analizzato mostrasse insofferenza (in vari modi)
durante la verifica delle antiche idee (e della loro
modificazione),bisognerebbe continuare a rispettarlo?
Come persona,
fintanto che non superi i limiti di una corretta condotta nel
rapporto col professionista.
Significa
che sarebbe plausibile trattarlo male?
Non ho detto
questo. Anzi, bisogna comprendere la sua posizione di difficoltà
senza, però, dargli ad intendere di appoggiarlo perché
altrimenti, finiremmo col rinforzare la sua posizione di ambivalenza.
In
conclusione, può essere più chiaro?
In base a
quello che le ho detto prima, si rispetta la persona ma non si può
rispettare la posizione di chi mostra insofferenza nei confronti del
lavoro analitico, perché sarebbe come dargli ragione,
favorendo il mantenimento di una posizione scorretta. Si può
e si deve, invece, capire e comprendere le difficoltà
relative al cambiamento, mostrando:
pazienza
perseveranza
nelle spiegazioni
assenza di
suscettibilità o permalosità;
disponibilità
nell’accettare eventuali decisioni di sospendere il
trattamento, da parte dell’analizzato, senza dare
l’impressione di essere degli imbonitori o delle autorità
di cui avere timore;
disponibilità
a fornire tutti i chiarimenti eventualmente richiesti
fermezza
"conciliativa" (che equivale a "dignità"
professionale") a sostenere correttamente le motivazioni
scientifiche della propria metodologia e condotta, specificamente al
trattamento e alla persona in questione
Prima
di salutarci, vorrei sottoporre alla sua attenzione qualche altra
considerazione per “sentire”, ancora meglio, il termine
“Rispetto”...
Perché
gli uomini si trovino a dover condurre in porto quell’inestricabile
avventura che connota gli elementi salienti della parabola
esistenziale, ancora non ci è dato saperlo. Siamo giunti alla
conclusione, invece, che, nel tempo a nostra disposizione, è
necessario realizzarsi mediante un lavoro che ci riconosca
un’adeguata dignità, delle relazioni affettive e una
buona gestione del proprio tempo libero. Come dimenticare, a tal
proposito, (e lo riporto spesso, nei miei dialoghi) la fenomenale
lezione di Tonino
Capone (filosofo
elettrauto) e dei suoi memorabili 24 gettoni di libertà?
"La
vita quotidiana" dice Tonino "è come il Monopoli:
all’inizio ogni giocatore riceve dal banco ventiquattro gettoni
di libertà, un gettone per ogni ora del giorno. Il gioco
consiste nel saperli spendere nel modo migliore. Noi per vivere
abbiamo bisogno di due cose: di un po’ di soldi, per essere
indipendenti dal punto di vista economico e di un po’ di
affetto, per superare indenni i momenti di solitudine. Queste due
cose però non le regala nessuno: te le devi comprare e te le
fanno pagare a caro prezzo con ore e ore di libertà. I
meridionali, per esempio, sono portati a desiderare il posto sicuro,
lo stipendio fisso tutti i ventisette. Non dico che si tratti di un
mestiere stressante, tutt’altro, però in termini di
libertà l’impiego è un impegno tra i più
costosi che esistono: otto ore al giorno significano otto gettoni da
pagare, senza considerare gli straordinari e un eventuale secondo
lavoro. E veniamo all’amore: anche in questo caso l’uomo
si orienta per una sistemazione di tutto riposo, si trova moglie e
spera di ottenere da lei quello stipendio affettivo di cui sente il
bisogno. Pure questa soluzione ha il suo costo: nella migliore delle
ipotesi sono altre ore di libertà che vanno a farsi benedire.
La moglie aspetta il marito che appena finito l’orario di
ufficio e lo sequestra. A questo punto facciamoci i conti: otto ore
per il lavoro, sei per la moglie, ne restano ancora dieci e bisogna
dormire, lavarsi, mangiare e andare su e giù con la macchina
tra la casa e il posto di lavoro" (Luciano de Crescenzo
Storia della filosofia greca, Mondadori Editore - MILANO
1986).
G.
M. - Medico
Psicoterapeuta, Counselor
Si
ringrazia Erminia Acri, per la formulazione delle domande.
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