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Il fallimento del consumatore. L’italia si adegua agli Stati Uniti.
di Maria Cipparrone  (  mariellacipparrone@libero.it )

9 febbraio 2012



Nuove frontiere del diritto.


 

Una delle altre novità del Governo Monti, in fase di approvazione, è quella che è stata battezzata come "il fallimento del consumatore". Una riforma che mira a risolvere uno degli aspetti più frustranti del processo civile italiano: il recupero dei crediti. Quasi una perfetta trasposizione della disciplina statunitense, dove già da anni è vigente questo sistema che, non completamente, ma in parte tutela il creditore. .

 

Nel sistema italiano, recuperare un credito è oltremodo difficile, se non impossibile. Un’operazione tutta in salita. Il primo ostacolo è dato dalla variabile "rischio". Se il debitore non paga spontaneamente il proprio creditore, l’unica arma per quest’ultimo è un processo tanto lungo quanto inutile. Dopo anni di rinvii, infatti, la condanna del giudice civile ha, per il nullatenente, come conseguenza, un accesso dell’ufficiale giudiziario che, constatata l’assenza di beni da pignorare, redige verbale negativo. Con ulteriore beffa per il creditore il quale, oltre a non recuperare il dovuto, ha anche speso soldi e tempo.

 

Gli Stati Uniti, invece, molto interessati alla tutela del credito, hanno previsto, diversi lustri fa, un sistema che consente ai creditori di recuperare almeno una parte del credito. Infatti, quando un privato cittadino non può più pagare le rate, i suoi creditori o egli stesso possono chiedere al giudice la dichiarazione di "bancarotta".

Si tratta di una sorta di fallimento "personale", gestito dal tribunale, simile a quello previsto in Italia per le imprese. Le possibili strade sono due: o l’autorità giudiziaria provvede a vendere i beni del fallito e a distribuire il ricavato tra i creditori; oppure il giudice blocca qualsiasi esecuzione forzata sui beni del debitore, per un periodo prestabilito (dai tre ai cinque anni), durante il quale egli non potrà accedere al credito, ma dovrà rimborsare quanto dovuto ai creditori.

 

Questo sistema sta per essere approvato anche in Italia. La "famiglia" e non più solo l’azienda sarà soggetta alla procedura di fallimento. Un vantaggio sia per il creditore, che in questo modo non subirà il rischio di prestare denaro senza alcuna certezza di recupero, sia per l’economia nazionale, sia per il cittadino, che così potrà risolvere la propria crisi finanziaria, senza trascinarsi in eterno i debiti (accollandoli, spesso, anche sulle generazioni successive).

 

Il nuovo meccanismo funzionerà in modo tale che, quando il consumatore si troverà in una situazione di definitiva incapacità di adempiere regolarmente le proprie obbligazioni, potrà presentare in tribunale una domanda  con cui richiede alternativamente:

 

a) la liquidazione del proprio patrimonio. In tal caso, tutti i suoi beni verranno venduti attraverso la supervisione del tribunale, in modo da garantire ai creditori il soddisfacimento in misura percentuale, con preferenza di quelli muniti di privilegio, pegno o ipoteca. Nel senso che, ai creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca, si dovrà garantire il pagamento in misura non inferiore a quella realizzabile (per la loro posizione preferenziale) sul ricavato in caso di liquidazione, avuto riguardo al valore di mercato dei beni o dei diritti sui quali sussiste la causa di prelazione, come attestato dagli organismi di composizione della crisi.

 

b) proporre, con l’aiuto di un "organismo di composizione della crisi" (un ente pubblico o privato, registrato presso il Ministero della Giustizia), un piano di rientro che preveda la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei crediti attraverso qualsiasi forma, anche mediante cessione di crediti futuri. Questo progetto viene poi omologato dal tribunale, che fissa tempi e modi di pagamento dei creditori.

 

 Onde evitare che il cittadino utilizzi sistematicamente questo sistema per cancellare i propri debiti, alla procedura non potrà essere ammesso colui che già vi ha fatto ricorso una volta negli ultimi cinque anni.

 La richiesta andrà presentata in tribunale, con l’elenco dei creditori, l’indicazione delle somme dovute, dei beni e degli eventuali atti di disposizione compiuti negli ultimi cinque anni, la dichiarazione dei redditi degli ultimi tre anni, l’elenco delle spese necessarie al sostentamento del debitore e della sua famiglia.

 

Sia pur in assenza di un registro anche per gli inadempimenti tra privati, il nuovo sistema comunque consentirà maggiore controllo e gestione dei soggetti più "propensi" all’insolvenza.

 

Maria Cipparrone.

(avvocato esperto in diritto dei consumi e counselor)

 

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