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Che cos’è la libertà?
di Emanuela Governi  ( amy.ge@libero.it )

15 novembre 2010






"Vorrei essere libero... libero come un uomo..."


COUNSELING

"Venderò le mie scarpe nuove ad un vecchio manichino per vedere se si muove se sta fermo o se mi segue nel cammino

Venderò il mio diploma ai maestri del progresso per costruire un nuovo automa che dia a loro più ricchezza e a me il successo

Ai signori mercanti d’arte venderò la mia pazzia mi terranno un pò in disparte chi è normale non ha molta fantasia

Raffaele è contento non ha fatto il soldato ma ha girato e conosce la gente e mi dice: stai attento che resti fuori dal gioco se non hai niente da offrire al mercato

Venderò la mia sconfitta a chi ha bisogno di sentirsi forte e come un quadro che sta in soffitta gli parlerò della mia cattiva sorte

Raffaele è contento non si è mai laureato ma ha studiato e guarisce la gente e mi dice: stai attento che ti fanno fuori dal gioco se non hai niente da offrire al mercato

Venderò la mia rabbia a tutta quella brava gente che vorrebbe vedermi in gabbia e forse allora mi troverebbe divertente.

Ogni cosa ha il suo prezzo ma nessuno saprà quanto costa la mia libertà" (Edoardo Bennato).

Che cos’è la libertà? Quand’è che un uomo è libero? La libertà è un bisogno? Che rapporto c’è tra questo bisogno e gli altri bisogni che abbiamo?

La libertà è "la condizione per cui un individuo può decidere di agire senza costrizioni, usando la volontà di accingersi all’azione, ricorrendo ad una libera scelta dei fini e degli strumenti che ritiene utili a metterla in atto".

Data questa definizione si deduce che la libertà è neutrargia e logica allo stato puro. "Ho voglia di fare questo- costruisco un progetto che mi permetta di fare questo- scelgo gli strumenti- valuto- agisco". Una condizione idilliaca del vivere umano. Niente condizionamenti interni di tipo affettivo/aggressivo: rimorsi, rimpianti, sensi di colpa. Niente condizionamenti esterni: ricatti morali, aspettative, consigli contrastanti.

Piena e semplice autonomia decisionale libera da ogni turbamento.

Ma allora... chi è l’uomo che può definirsi libero?

Esaminando la vita di un essere umano, dalla sua nascita in poi, notiamo che egli è sottoposto a delle regole comportamentali che impongono una loro osservanza, cioè, ciò che in una parola definiamo LEGGI.

In particolare, la nostra vita è regolata (al di sopra della nostra volontà) da LEGGI NATURALI: 4 interazioni, cioè da forze che con il loro continuo comunicare hanno realizzato tutto quello che l’energia consente di manifestare (energia gravitazionale, elettromagnetica, nucleare forte, nucleare debole); bisogni da soddisfare per poter sopravvivere (bisogni psicofisici); continua comunicazione tra il nostro mondo interno e il mondo esterno (leggi globali interne ed esterne).

L’osservanza di queste leggi è fondamentale per l’individuo perché esse gli permettono di evolvere secondo i "tempi di natura" permettendogli di costruire un’identità stabile e una personalità sviluppata.

Ma non solo, dopo aver conosciuto queste leggi, molto presto l’individuo in formazione scopre altre leggi: le leggi sociali. La morale, l’etica, la religione, le aspettative relative al contesto culturale in cui vive, le mode ...

E, in questi binari paralleli la vita dell’uomo si estrinseca anche attraverso i bisogni, cioè "una condizione di sofferenza o disagio (dal latino "bis-sonium" = doppia afflizione) determinata dalla carenza di qualcosa che richiede un appagamento a breve, a medio o a lungo termine".

L’uomo ha bisogno di avere una buona considerazione di sé e delle proprie capacità, ha bisogno di integrarsi socialmente, di essere autorevole, di appagare la sua sessualità in un rapporto d’amore valido, ... ed ha dei desideri, delle aspirazioni, dei bisogni legati alle necessità del tempo storico e a fasi di transizione....

Su questa verità vorrei fare due riflessioni.

  1. Per poter soddisfare quello che l’uomo avverte come esigenza e bisogno, egli è costretto a sacrificarsi: a sacrificare (o investire?) parte del proprio bisogno di sentirsi libero per soddisfare un altro bisogno che ritiene superiore.
  2. Possiamo considerare la libertà come la scelta di perseguire "liberamente", senza condizionamenti e costrizioni quel determinato bisogno, sostenendone il peso e il costo che ci comporta ma valutandone l’opportunità e il valore che per noi rappresenta in termini di miglioramento e crescita personale. "Addue c’è gusto un c’è perdenza"(Traduzione: dove c’è gusto non c’è perdita).

    Per esempio, possiamo sacrificare un po’ la nostra libertà impegnandoci nello studio (invece di fare altre cose che pur ci alletterebbero) perché abbiamo il bisogno di raggiungere una preparazione adeguata per un lavoro che ci appaga. In questo caso la libertà potrebbe essere vista:

    a)come soggiogata ad un altro bisogno;

    b) come bisogno soddisfatto: nella scelta di rimanere su quei libri si estrinsecherebbe la nostra libertà.

  3. Ma questo apre il secondo punto di riflessione: le scelte. Rimanendo fedeli all’esempio di prima, se noi scegliamo una via da perseguire, non ne possiamo perseguire un’altra. Cioè, ogni azione che scegliamo di intraprendere, comporta un costo (nel caso di prima, il tempo che si dedica allo studio) e una scelta (scelgo lo studio allo shopping)... in rari casi permette una conciliazione.

La scelta rappresenta la nostra libertà o la nostra gabbia. Per scegliere in maniera consapevole e matura un obiettivo da perseguire, un traguardo da raggiungere, un bisogno da appagare, abbiamo la necessità che la pulsione che soggiace a questa idea sia scevra da condizionamenti.

 

Afferma Isaiah Berlin:"L’essenza della libertà è sempre consistita nella capacità di scegliere come si vuole scegliere e perché così si vuole, senza costrizioni o intimidazioni, senza che un sistema immenso ci inghiotta; e nel diritto di resistere, di essere impopolare, di schierarti per le tue convinzioni per il solo fatto che sono tue. La vera libertà è questa, e senza di essa non c’è mai libertà, di nessun genere, e nemmeno l’illusione di averla"

 

Ad esempio, ipotizziamo 3 individui: il primo studia per interesse personale, il secondo per far contenti i propri genitori, il terzo per raggiungere un traguardo considerato desiderabile dalla Società.

Guardando superficialmente si avranno e si vedranno 3 individui che scelgono di rinunciare a parte del loro tempo per lo studio. Chi di loro è libero? A parità di prezzo (apparente) c’è un prezzo "aggiunto" (come si direbbe in economia, un "rumore" di fondo) per alcuni di essi: il bisogno dell’accettazione, il bisogno del riconoscimento sociale. Questi due bisogni sono però molto lontani e sganciati dalla scelta che si sta compiendo. Cioè, la scelta non è più lo studio come fine ultimo ma come mezzo all’interno di una catena strategica in cui si perde di vista l’orizzonte: l’individuo con la sua libertà. È la motivazione del bisogno, della scelta che si sta compiendo, e del prezzo che si paga per essa che ci rende liberi.

Essere liberi dal bisogno è possibile se:

  • abbiamo superato le fasi transitorie, cioè quelle fasi di rodaggio che ci permettono di formulare criticamente i nostri pensieri. In caso contrario si rimarrà ingabbiati in falsi bisogni derivanti da meccanismi di emulazione, dipendenza, egocentrismo...
  • se abbiamo acquisito la capacità di costruire griglie di protezione mentale che permettono la metabolizzazione delle frustrazioni che la vita ci pone. In caso contrario si compieranno "pseudo scelte" subordinate a ricatti morali, paura di sbagliare, senso di inferiorità.

 

Volendo trarre una conclusione possiamo dire che: ogni scelta che un individuo compie e ogni bisogno che intende appagare o conciliare con altri bisogni (amore, amicizia, tempo libero, lavoro...) ha un costo da sostenere. Questo costo è duro ma sostenibile quando, in assenza di conflitti e con riferimento all’acquisizione di un pensiero logico e neutrergico, viene investito nell’appagamento di bisogni che permettono all’uomo di svilupparsi nell’identità, individualità e collettività, in una crescita armonica, lenta, graduale. Esso subisce "un interesse a tasso variabile" quando è investito per l’appagamento di bisogni legati a leggi sociali e affettive (accompagnate da conflitti e incapacità di utilizzare il pensiero logico) che comportano un’impossibilità di estrinsecare quel potenziale energetico naturale di cui ognuno di noi è portatore fin dalla sua nascita. "Un gioco che non vale la candela..."

 

La strada che non presi

Due strade divergevano in un bosco giallo
e mi dispiaceva non poterle percorrere entrambe
ed essendo un solo viaggiatore, rimasi a lungo
a guardarne una fino a che potei
Poi presi l’altra, perché era altrettanto bella,
e aveva forse l’ aspetto migliore,
perché era erbosa e meno consumata;
Sebbene il passaggio le avesse rese
quasi simili
ed entrambe quella mattina erano lì uguali
con foglie che nessun passo aveva annerito.
Oh, misi da parte la prima per un altro giorno!
Pur sapendo come una strada porti ad un’altra,
dubitavo se mai sarei tornato indietro.
Lo racconterò con un sospiro
da qualche parte tra anni e anni:
due strade divergevano in un bosco, e io -
io presi la meno percorsa,
e quello ha fatto tutta la differenza. (Robert Frost)

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