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Il dolore del distacco.
di Fernanda Annesi  ( fernanda_65@yahoo.it )

21 maggio 2013






"Così noi viviamo, per sempre prendendo congedo".


 

Pensieri degli anni difficili

 

Stamattina mi sento smaniosa, nervosa, tanto nostalgica.

Triste potrei dire. Ma poi perché?

Per qualcosa che pensavo che fosse, ma in realtà non era?

La mente umana è veramente qualcosa di soprannaturale! Oppure è forse l’anima che riesce a trascinarti al di là della realtà, il trasporto verso qualcosa che cerchi da tutta una vita e che desideri più di ogni altra cosa al mondo. Ancora non ho trovato una risposta a questa mia domanda, e forse mai la troverò. L’anima o la mente.

Il mio desiderio di integrazione totale con l’ambiente quest’oggi assume un sapore che voglio gustare ad ogni costo. Non posso attendere dell’altro tempo, devo liberare la parola e raggiungere senza esitazione la serenità.

Provo a digitare "il dolore del distacco" sui più importanti motori di ricerca che oggi abbiamo a disposizione. I documenti sono infiniti, i significati altrettanti e per ognuno un valore diverso.

Scorro rapidamente nella mia memoria, ogni anno di vita vissuta, ogni attimo rubato alla tranquillità dall’ossessione del distacco. Voglio provare ad addentrarmi in questo contesto, ma qualcosa mi dice che sarà sostenuto dal dolore del ricordo. In fondo non si sceglie quello che si scrive, le mani sono guidate dalle emozioni che riscaldano ma più spesso raggelano e paralizzano.

Un frammento di pensiero mi riporta con la mente a molti anni or sono, forse 20. Siamo in pieno inverno e su di una spiaggia, al tramonto di un pomeriggio trascorso in tre a chiacchierare sul futuro, i progetti e gli entusiasmi. Due di noi si faranno strada insieme, di questo ne eravamo certi, ma... Il terzo è un grande amico, pieno da trasmettere, il cinema, la musica, gli ideali. Sorrido ricordando i suoi movimenti, goffo, quasi un uomo d’altri tempi, niente in comune coi ragazzi di quel momento. Riflessivo nello sguardo, ti incantava coi discorsi, riservato di sé. Ma quel pomeriggio lasciò la porta aperta e ci permise di entrare. Fu allora che per la prima volta sentii parlare del dolore del distacco. La sofferenza nelle sue parole mi colpì tanto quanto la sua freddezza nell’aver quasi accettato e abbracciato la perdita. Ma nei suoi occhi, nascosti dalla piacevole ironia che accompagnava la descrizione del momento, si sentiva la disperazione dell’abbandono.

Non so più nulla di lui, avrà senz’altro fatto strada e sono sicura che prima o poi ne sentirò parlare in grande.

Guardo con attenzione, osservo da un’altra angolazione ed improvvisamente i tratti che disegnano le espressioni si distendono, trovano una parvenza di serenità. Sono incredula e nello stesso tempo incomincio a seguire un percorso che naturalmente, senza troppo sforzare la mente, soddisfa la mia sete di conoscenza.

Il processo del distacco inizia in realtà quando le corde si allentano ma non si spezzano. Quando non rimangono tese anche se trascinate fino all’impossibile, quando i tuoi viaggi non hanno più il piacere delle vacanze, i giorni di festa diventano di malinconie e vorresti prolungare, anche se è la sofferenza quella che ti rimane fra le dita. Quante volte ho sentito dire che si ha il tempo di prepararsi, non è un fulmine a ciel sereno...

Facciamo fatica a separarci da ogni cosa, dai momenti, dalle parole quelle dette e quelle andate. Le parole che rimangono nel tuo cuore piene di sentimento che non riesce ad esplodere, che si costruiscono una nicchia e lì si conservano aspettando che il dolore delle giornate solchi a tal punto da creare un varco da sfondare una porta che per troppo tempo è rimasta serrata.

Spesso mi soffermo ad osservare i bambini nella disperazione del loro pianto. Un giocattolo perduto, un capriccio da soddisfare. La tensione si scioglie nelle lacrime che esprimono il dolore. Sopraggiunge la consolazione dell’adulto, il voler a tutti costi fermare, bloccare il singhiozzo, in un certo senso è come voler impedire ad una lacrima di sporgersi. Forse l’ho già scritto, ma in questo momento lo risento. Il pianto va liberato, le lacrime possano trovare la strada del sollievo e assecondare.

Non è così facile purtroppo! Veniamo educati fin dalla più tenera età a cercare il modo di non soffrire, ma in realtà quello che afferriamo è inibire il sentimento della liberazione. Eppure l’esempio è lì a portata di mano, nel nostro futuro. Non abbiamo che da guardare meglio ed imparare....

Fernanda - 8 giugno 2007

 

Rileggo. Questa volta ho la sensazione di aver scritto tanto e non aver detto niente. Non sono riuscita ad eliminare il dolore nel trasmettere. Mi volevo scusare.

 

 

 

 

 

 

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