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di Giuseppe Chiaia  ( peppinochiaia@libero.it )

18 ottobre 2003





Dubbi, misteri ed interrogativi irrisolti di un uomo qualunque.


Gli eventi politici, economici e sociali, che caratterizzano gli inizi di questo terzo millennio, sono gli argomenti principali che leggiamo sui giornali o ascoltiamo nei notiziari radio-televisivi, e sui quali, ogni giorno di più, noi cittadini d’Italia, anzi, d’Europa, non riusciamo a farci un’idea precisa su che tipo di democrazia politica ci dovremmo augurare nel prossimo decennio; quali prospettive economiche dovremo presagire; che speranza di sopravvivenza avrà il pianeta terra, constatati i gravi, imprevedibili mutamenti climatici, con le loro disastrose conseguenze su tutti gli ecosistemi.

Ma a distrarre l’opinione pubblica ci pensa la politica, quella spiccia, quotidiana, quella che, a dire di alcuni, dovrebbe rappresentare il meglio della saggezza amministrativa di una nazione, di un continente, attraverso la pletora di onorevoli regionali, nazionali ed europei, il cui sostentamento economico costituisce una vera e propria iniqua tassa sui redditi dei cittadini ( una volta c’era l’imposta cosiddetta di "manomorta").

Ogni giorno, sui vari organi d’informazione, abbiamo notizie di cortei vocianti che protestano contro il governo; e, di rimando, altri cortei vocianti contrastanti le accuse dei primi; addirittura si legge di eminenti personaggi politici coinvolti in situazioni penalmente rilevanti; ma, altra stampa lamenta il degrado della amministrazione della giustizia; c’è chi delegittima organi costituzionali e chi auspica un rivolgimento sociale a sfondo rivoluzionario; c’è chi promette una panacea universale capace di debellare guerre, terrorismo, miseria, e violenze di ogni genere, mentre altri preannunciano imminenti attacchi militari contro i cosiddetti "stati canaglia".

Ed allora, noi cittadini, anonimi e sfiduciati, cominciamo a prendere le dovute distanze da tutti i ciarlatani e dai loro proclami, mentre combattiamo, quotidianamente, il difficile confronto con la realtà del nostro tempo; commentiamo, amaramente, l’aumento giornaliero dei beni alimentari di prima necessità, mentre si assottiglia, paurosamente, la capacità d’acquisto dei nostri risicati redditi.

Vorrei sommessamente lamentare ai nostri uomini di governo che, in politica, non si possono fare previsioni pluriennali, attesa l’imprevedibilità di certi eventi che sconvolgono le programmazioni, specialmente quelle economiche; ne sa qualcosa il compagno sovietico degli anni 1917-1989 allorché constatò, di persona ed amaramente, il fallimento sistematico di tutti i piani quinquennali dei dirigenti sovietici. Allo stesso modo, non si possono promettere opere pubbliche dai costi incommensurabili come attraversamenti appenninici, ponti sospesi tra le nuvole, passanti autostradali, rinnovamenti ferroviari, sistemazioni idrogeologiche, riforme legislative, riduzioni fiscali, per poi accorgersi che la recessione economica ti piomba addosso, inaspettata e violenta, una mattina dell’11 settembre del 2001.

Né si può, con normative antisociali, violentare il WELFARE, riducendo e sospendendo migliaia di pensioni sociali, allo scopo di fare cassa e cercare, così, di iniziare l’attivazione di qualche programma edilizio, col tacito silenzio dei sindacati e delle associazioni di categoria lavorative; ci sono migliaia di vecchi inabili, ammalati, diseredati, afflitti dalla miseria e dalla solitudine, ai quali potrebbe venire sottratto, proprio in questi giorni, quell’unico sostentamento di circa 220 € mensili, che, moltiplicato per migliaia di disperati e per periodo indefinito, farebbe affluire nelle casse dell’erario milioni di Euro; per poi vantarsi di aver adempiuto alle promesse elettorali.

Vorrei pure ricordare, a partire da Cossutta, Bertinotti e D’alema, per finire a Berlusconi, Fini, Buttiglione e Bossi che moltissimi cittadini, compreso chi scrive, sono stanchi e sfiduciati dell’andazzo politico che degrada sempre più, a partire dal dopo De Gasperi; che, anche se ci è mancata una tradizione rivoluzionaria, pur contaminati dalla storia e dalla religione, siamo disposti al distacco definitivo con la partecipazione elettorale, e ad aspettare, con la rassegnazione della tenera ginestra leopardiana, che cessi la valanga infuocata di questa lava politica che imperversa da mezzo secolo.

Giuseppe Chiaia ( preside )

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