INTRODUZIONE
Il
seguente lavoro presenta una ricerca bibliografica su come la
comunicazione mente-corpo esiste e può facilitare o meno la
guarigione psicofisica.
Oggi
è evidente che il dualismo cartesiano su mente-corpo è
stato superato da un paradigma più realistico, basato su
teorie olistiche-sistemiche.
Infatti,
grazie a nuove discipline come la psicobiologia, la
psiconeuroimmunologia, ecc., si è arrivati a dimostrare in
modo ormai inequivocabile l’inscindibile interazione
corpo-mente per la quale, tra l’altro, atteggiamenti mentali e
stati emotivi positivi possono influire sull’attività
biochimica dell’organismo agevolando processi di guarigione, il
mantenimento della salute ed il ringiovanimento.
Autori
internazionali come Ernest Rossi e Milton Erickson, hanno dedicato
gran parte della loro vita a confermare se le basi psicobiologiche
della guarigione risiedono nell’armonia dei processi
psicobiologici dell’organismo, costituiti da molecole
messaggere e recettori appartenenti ai diversi sistemi di trasduzione
dell’informazione mente corpo (sistema nervoso autonomo,
endocrino, immunitario e neuropeptidico).
E’
possibile riflettere a questo punto sugli approcci più diffusi
alla malattia e chiederci in quale occasione, in quali ambiti ci si
occupi del rapporto tra una malattia e il relativo stato di
coscienza; quale sia la figura professionale preposta a tale compito,
quale sia il livello di educazione e di disponibilità del
malato a fermarsi, ascoltarsi e prendersi in carico la propria
malattia e la propria guarigione. È noto che l’esperienza
interiore e le dimensioni della coscienza sono i grandi dimenticati
dell’odierno approccio alla malattia, ma è vero anche
che negli ultimi decenni, si è assistito alla grande
espansione delle medicine non convenzionali (medicina psicosomatica,
omeopatia, agopuntura, ecc.).
Ma
questo non basta: se si vuole aderire alle acquisizioni della nuova
scienza, bisogna prestare più attenzione al modo di fare
medicina oltre che agli strumenti impiegati.
A
tal proposito è interessante parlare anche del rapporto tra la
psicobiologia e l’ipnoterapia. Tale collegamento parte dal
presupposto secondo il quale, quando un soggetto viene colto da una
forte emozione, il cervello, il quale agisce per impulsi elettrici,
reagisce inviando segnali elettrici ad una particolare zona detta
"sistema limbico". Lo stesso segnale è naturalmente
portato a stimolare una seconda zona, ossia l’ipotalamo, il quale
stimola la produzione di ormoni soprannominati "molecole
messaggere".
Gli
ormoni così liberati vengono poi diffusi attraverso il flusso
sanguigno e portano all’attivazione dei vari organi e dunque alla
loro risposta (da notare che gli organi, per attivarsi, subiscono
l’impulso di una parte del sistema nervoso detto sistema autonomo).
Partendo
da questa introduzione, è dunque facile intuire come le
cosiddette "molecole messaggere" costituiscano
probabilmente la base biologica della comunicazione tra la mente ed
il corpo. Gli studi sul sistema nervoso hanno dimostrato come, nello
stato di ipnosi, il cervello attivi alcuni importanti centri per la
memoria, per le emozioni, per l’elaborazione delle informazioni e per
il pensiero; per esempio, si sono rivelati essere attivi il sistema
limbico e l’amigdala (centro per le emozioni e la memoria).
Queste
informazioni hanno dunque portato all’ipotesi secondo la quale, nello
stato di trance, è possibile ricreare le condizioni che hanno
portato alle origini del disturbo e, quindi, è anche possibile
intervenire per modificarlo.
La
comunicazione mente-corpo secondo Ernest Rossi
Precursore
nel campo dell’interazione mente- corpo fu Hans Selye
(1902-1982) il quale dopo una ricerca durata tutta una vita arrivò
a descrivere quella che lui chiamò “Sindrome generale di
adattamento” (1930), vale a dire un modello che spiega il modo
col quale lo stress fisico o mentale viene tradotto in problemi
psicosomatici tramite gli ormoni dell’asse
ipotalamico-pituitario-surrenale. La sindrome generale di adattamento
identifica nel sistema limbico ipotalamico il principale trasduttore
psicofisico dell’informazione il quale rappresenta l’effettore
dell’azione regolatrice della mente sui sistemi autonomo,
endocrino e immunitario (Pert, 2000). Di fronte al panorama descritto
sorgono legittime domande: può la mente muovere le molecole?
Può l’organismo auto-guarirsi?
Ernest
L. Rossi dedicò gran parte della sua vita a trovare delle
risposte (Pert, 2000). La sua ricerca si orientò nella
seguente direzione: in che modo i principali sistemi di trasduzione
dell’informazione comunicano tra di loro nella malattia e nella
salute? Prendiamo in esame le sue conclusioni:
Il
ruolo del sistema limbico. La parola limbico significa confine,
pertanto il sistema limbico sta ad indicare quell’insieme di
strutture anatomiche dai confini vaghi, costituite da diversi nuclei
situati alla base del proencefalo, che svolgono un azione di confine
tra le funzioni mentali “superiori” della corteccia
cerebrale e le strutture “inferiori” del cervello
connesse alla regolazione della fisiologia del corpo e delle
emozioni (Rossi, 1993). L’ipotalamo rappresenta il maggior
canale di output del sistema limbico e ricevendo segnali da tutti i
punti del sistema nervoso funziona come una centrale di scambio
coinvolta nella regolazione del benessere mente-corpo (Rossi, 1993).
Esso, come ricorda Rossi “integra le funzioni
sensoriali-percettive, emotive e cognitive della mente con la
biologia dell’organismo”. Un altro elemento fondamentale
del sistema limbico è l’amigdala, un gruppo di
strutture interconnesse a forma di mandorla poste sopra il tronco
cerebrale (Rossi, 1993). Essa funziona da sentinella delle emozioni
in quanto registra il “sapore emozionale” di ogni
esperienza e funziona da archivio delle impressioni e dei ricordi
emotivi. Grazie all’amigdala sostiene Goleman “le nostre
emozioni hanno una mente che si occupa di loro e che può
avere opinioni del tutto indipendenti da quelle della mente
razionale” (Rossi, 1993). Le caratteristiche peculiari di
ipotalamo e amigdala , in quanto strutture coinvolte in processi
psico-neuro-fisiologici in costante cambiamento, ed il loro ruolo
centrale nella modulazione psicobiologica mente-corpo ci indicano
come il contenuto di ogni esperienza sia necessariamente dipendente
dallo stato di coscienza del soggetto dell’esperienza (Rossi,
1993). Di conseguenza, la comprensione della vera natura dei
processi di trasduzione mente-corpo ci orienterà
inevitabilmente verso una medicina che faccia della padronanza degli
stati di coscienza uno degli strumenti più significativi
della sua metodologia clinica.
La
modulazione mentale del sistema nervoso autonomo. Rossi descrive un
processo a tre fasi mediante il quale la mente modula le attività
delle cellule per mezzo del sistema nervoso autonomo. Nella prima
fase uno stimolo psichicamente significativo tramite impulsi neurali
genera pensieri e immagini nella corteccia frontale (Rossi, 1993).
Nella seconda fase tali impulsi vengono filtrati attraverso le aree
dell’emozione, della memoria e dell’apprendimento
stato-dipendenti del sistema limbico-ipotalamico e quindi tradotti
nei neurotrasmettotori che regolano il sistema nervoso autonomo il
quale, a sua volta, secerne altri neurotrasmettitori responsabili
delle risposte biochimiche all’interno delle singole cellule
dei tessuti e organi del corpo (Rossi, 1993). In questo modo gli
stati di coscienza arrivano ad influenzare direttamente tutti i
fondamentali sistemi regolatori dell’organismo (fame, sete,
sesso, temperatura, ritmo cardiaco, pressione arteriosa, ecc.).
Ipotesi accreditate arrivano a spiegare le remissioni spontanee del
cancro con l’azione svolta dai neurotrasmettitori
sull’attività dei fattori di crescita oncogeni.
La
modulazione mentale del sistema endocrino. Anche per quanto riguarda
il sistema endocrino ci troviamo di fronte ad un processo a tre
fasi. Nella prima fase l’attività di pensiero e
immaginazione della corteccia frontale viene filtrata dai processi
stato-dipendenti di memoria, apprendimento e comportamento del
sistema limbico-ipotalamico (Rossi, 1993). Nella seconda fase le
informazioni provenienti dal sistema limbico-ipotalamico vengono
trasdotte dall’ipotalamo in fattori di secrezione ormonale che
regolano la ghiandola pituitaria del sistema endocrino. Questa a sua
volta libera ormoni che regolano l’intero sistema endocrino
dell’organismo (Rossi, 1993). La terza fase si svolge a
livello cellulare dove i diversi ormoni attivano i processi dei geni
per la sintesi di proteine che a loro volta funzioneranno da
veicoli di attivazione di altre funzioni cellulari (Rossi, 1993).
Modulazione
mentale del sistema immunitario. Analogamente alla modulazione
neurovegetativa ed endocrina, il processo di modulazione mentale del
sistema immunitario si svolge secondo il descritto processo a tre
fasi. Elementi chiave del processo sono gli immunotrasmettotori,
molecole quali timosine, linfochine e altri peptidi prodotte dalle
cellule del sistema immunitario che attraverso circuiti
bidirezionali comunicano con il sistema nervoso centrale,
l’ipotalamo i sistemi nervoso autonomo ed endocrino (Rossi,
1993).
La
rivoluzione dei recettori. Resta da considerare la modulazione
mentale del sistema neuropeptidico ed è in questo campo che
le scoperte degli anni ‘70 e ‘80 hanno determinato una
vera e propria rivoluzione nel modo di concepire le funzioni del
cervello e le sue relazioni con il resto dell’organismo. Le
ricerche della Pert e dei suoi colleghi del National Institute of
Mental Health hanno svelato i meccanismi fino ad allora sconosciuti
mediante i quali la rete psicosomatica che connette l’organismo
intero unifica i diversi sistemi di trasduzione mente-corpo (Pert,
2000). Tutto incominciò all’inizio degli anni settanta
con la scoperta da parte della Pert del recettore degli oppiacei ed
in seguito delle sostanze endogene (endorfine) che a questi si
legavano. Da allora ad oggi il numero conosciuto delle sostanze
informazionali endogene, vale a dire i peptidi simili alle endorfine
responsabili della comunicazione mente-corpo, supera le cinquanta
unità (Pert, 2000). Questo fatto, oltre a confermare l’enorme
quantità di ricerche che dimostrano l’esistenza di una
rete interconnessa di informazioni che unifica mente e corpo sposta
l’attenzione in modo ormai decisivo su concetti quali ritmo,
movimento, dinamismo, interazione. I recettori infatti, ci spiega la
Pert sono molecole composte da catene schiacciate di minuscoli
aminoacidi disseminati sulla superficie cellulare; si pensi che un
neurone può avere milioni di recettori disposti sulla sua
superficie. La vera novità risiede però nel dato che
questi, per usare le parole della Pert “si librano sulla
membrana delle cellule, danzando e vibrando, in attesa di captare
messaggi inviati da altre piccole creature vibranti, composte
anch’esse di aminoacidi, che vagano (si diffondono è
il termine tecnico adottato in questi casi) nel fluido che circonda
ogni cellula ” (Pert, 2000). La comunicazione mente cellula si
definisce così non tanto come un meccanismo statico chiave-
serratura quanto come un processo dinamico e vibratorio
caratterizzato da, per continuare con la Pert “ due voci,
legante e recettore, che intonano la stessa nota producendo una
vibrazione che fa squillare un campanello, aprendo la porta della
cellula” (Pert, 2000). Dopo l’apertura della porta sulla
membrana cellulare, ciò che avviene è ancor più
sorprendente: “il recettore avendo ricevuto un messaggio, lo
trasmette all’interno della cellula, dove il messaggio stesso
può modificare lo stato della cellula in modo drammatico”
(Pert, 2000). Reazioni a catena di eventi biochimici diretti dal
messaggio trasmesso dal legante danno inizio ad una serie di
attività quali: produzione di nuove proteine, riproduzione
cellulare, regolazione di canali ionici, aggiunta o sottrazione di
gruppi chimici energetici, e così via (Pert, 2000). Ecco
allora che i processi psicobiologici dell’organismo ci
appaiono come una melodia suonata da un orchestra composta da
molecole messaggere e recettori appartenenti ai diversi sistemi di
trasduzione dell’informazione mente corpo: i sistemi nervoso
autonomo, endocrino, immunitario e neuropeptidico. Ecco allora le
basi psicobiologiche della guarigione risiedere nell’armonia
vibratoria tra legante e recettore.
L’ipnosi
nel rapporto mente-corpo.
Milton
H. Erickson, nel suo illuminato lavoro, espresse le sue idee
originali sulla medicina e la guarigione psicosomatica. Il nucleo del
metodo di Erickson, era non dare comandi su cosa fare o non fare,
piuttosto, come nel caso dell’anestesia ipnotica del dolore,
cercava di capire quale sia la percezione del dolore del paziente e
permetterne poi un controllo fisiologico.
L’ipnosi
consiste nel comunicare idee alle persone. È un modo di far
comprendere le cose. I pazienti vanno dal terapeuta perché non
comprendo certe cose.
Erickson
seguì un caso di un balbuziente che aveva balbettato per tutta
vita. Non riusciva a parlare e desiderava essere guarito dalla
balbuzie. Quando Erickson accennò al paziente che la balbuzie
è una forma di linguaggio, il balbuziente si mostrò
offeso. Ci sono balbuzienti fra gli uomini e le donne, la balbuzie è
un tipo di comunicazione come lo è una lingua straniera.
Alcune persone possono imparare il tedesco, alcune il francese, lo
spagnolo, ecc.. Erickson, quindi, inquadrò la balbuzie non
come un deficit, ma come una modalità di comunicazione. Il
paziente quando entrò nel ragionamento, Erickson gli disse:
“Naturalmente lei balbetta e dice di voler che io la guarisca
dalla balbuzie. Non preferirebbe invece che le insegnassi a
parlare?”. Immediatamente interpretò, il paziente,
questa domanda come la possibilità di mantenere le sue
balbuzie e di imparare a parlare secondo un altro tipo di
comunicazione. In altre parole, egli avrebbe potuto balbettare e
anche essere capace di parlare (Erickson, 1986).
In
medicina si tende all’eliminazione del sintomo. Erickson si
domandava se non sarebbe realmente logico aspettarsi che il paziente
sostituisca un sintomo con qualcosa di meno grave. È
importante riconoscere questa possibilità, invece di prestare
ascolto agli allarmisti che ammoniscono che, se si elimina un
sintomo, questo sarà sostituito da qualcosa di molto peggio.
Ad esempio, l’affermazione infondata di certi critici secondo
cui, eliminando il fumo di sigarette con l’ipnosi, si provoca
nel paziente l’obesità; se si guarisce un paziente
dall’alcolismo con l’ipnosi, questo diventerà un
tossicomane; ecc. . Erickson si chiedeva se questi critici abbiano
mai scoperto il fatto che, quando non si riesce a guarire un paziente
dal vizio di fumare, questo torna a fumare sigarette. In altre
parole, non diventano alcolizzati, tossicomani o depressi, ma tornano
alle loro abitudini familiari. Erickson è convinto che, quando
si cura un paziente per un sintomo, sia bene suggerirgli di scegliere
qualche altro modo costruttivo di utilizzare l’energia che
spende nella sua cattiva abitudine. Un esempio a tal proposito fu un
paziente di Erickson che era uno studente di medicina del terzo anno
che ha dovuto abbandonare gli studi. Doveva divorziare dalla moglie o
doveva rimanere sposato con lei?
Questa
alternativa lo tormentava ogni notte, turbandolo a tal punto punto da
impedirgli spesso di addormentarsi prima delle 3 del mattino.
Erickson gli disse: “Si, lei può realmente riflettere su
questo problema, ma non in questo modo, di notte mentre tenta di
addormentarsi. Lei è un po’ in sovrappeso, ha bisogno di
esercizio, quindi, perché non cammina intorno all’isolato,
facendo parecchi giri, mentre riflette sulla questione?”.
Fu
di enorme importanza per il paziente continuare a riflettere sul suo
matrimonio perché in realtà aveva sostituito la
riflessione con l’esercizio e il camminare. Ora si sente meglio
e pensa di sottoporsi a una psicoterapia piuttosto che dedicarsi al
problema: devo divorziare o rimanere sposato? (Erickson, 1986).
Un’altra
idea errata è che sia necessario rendere conscia la mente
inconscia. Erickson pensava che fosse indispensabile che tutti i
terapeuti si rendessero conto che qualsiasi tipo di terapia non
dipende dal rendere conscio l’inconscio. La mente conscia e la
mente inconscia sono coesistite lungo tutto l’arco della storia
umana, e che ancora coesistono. Non sempre concordano, ma coesistono.
È necessario avere una grande quantità delle conoscenze
a livello inconscio. Ad esempio, quando per la prima volta si impara
a guidare un’automobile, si tengono le mani strette sul volante
chiedendosi se stesse per arrivare una curva e quando fosse il
momento di girare il volante. Quando si fanno molti ragionamenti a
livello conscio si è guidatori inesperti. Appena si diventa
esperti, si nota automaticamente il sopraggiungere di una curva o di
un semaforo. In effetti, si guida per la città nel traffico
conversando con un amico senza rendersi mai conto di aver
attraversato l’intera città perché lo si è
fatto automaticamente. E la stessa cosa accade normalmente nella vita
quotidiana. L’esempio di un paziente di Erickson, pianista, che
aveva fatto l’infelice esperienza di svenire proprio la prima
volta che si era trovato a dare un concerto. Da allora in poi, per i
successivi quindici anni, sveniva ogni volta che tentava di salire
sul palcoscenico per dare un concerto. A quest’uomo
particolare, Erickson suggerì il seguente sistema: “Ora,
il piano è là, là dove si trova l’inizio
del palcoscenico. Supponiamo di prendere questo asciugamano rosso e
questo asciugamano blu e questo asciugamano verde e questo
asciugamano giallo e lasciarli cadere sul palcoscenico. La questione
è: se lei attraversa il palcoscenico, sverrà vicino
all’asciugamano rosso, o a quello blu o a quello giallo o a
quello viola o a quello bianco? Vediamo dove sverrà, e poi ce
n’è uno sul piano, di un altro colore. Ora, vediamo
vicino a quale asciugamano lei sverrà” (Erickson, 1986).
Perché
non scoprirlo? Il pianista si interessò moltissimo a questo
procedimento, non svenne dov’era il primo asciugamano e questo
lo stupì. Non svenne per nessun altro asciugamano posizionati
sul palcoscenico. Perché dovrebbe essere spaventato dai suoi
svenimenti? Svenire è semplice: si ha una sincope e si cade
per terra. Ecco la questione. Quest’uomo oggi tiene concerti in
pubblico. Era importante sapere che cosa c’era nella sua mente
inconscia che provocava i suoi svenimenti? Bisognava renderla
conscia? Nella mente inconscia c’era qualcosa che lo
costringeva a svenire, era successo qualcosa come quindici anni
prima. Scoprire quest’ultimo sarebbe stato terribilmente
difficile e poco preciso. La maggior parte dei pazienti ha paura dei
propri sintomi, non dovrebbero avere paura dei propri sintomi, per
cui bisognare trattare questi (Erickson, 1986).
È
possibile modificare la pressione del sangue con l’ipnosi?
Sembrerebbe strano, eppure se ci si ferma a pensare sul comportamento
umano e sul fatto che gli stimoli psicologici possono far aumentare
molto facilmente e in modo netto la pressione del sangue, allora si
rimane perplessi. Ad esempio se vengono dette delle brutte parole a
un professore, la pressione del sangue di quest’ultimo
aumenterebbe rapidamente. Ma come è possibile tutto questo?
Quando si diventa all’improvviso molto freddi, i vasi sanguigni
si contraggono, sia altera la circolazione del sangue e di
conseguenza la pressione del sangue. Anche quando ci si arrabbia,
viene alterato tutto il sistema precedente. Il corpo ha una grande
esperienza di aumento della pressione del sangue, ma ha anche una
grande esperienza di diminuzione della pressione del sangue.
Erickson,
quindi, afferma che si deve essere pronti a chiedere al corpo umano
di utilizzare la sua esperienza di diminuzione della pressione del
sangue.
È
possibile utilizzare per la di munizione della pressione sanguigna
l’autoipnosi.
Una
paziente di Erickson aveva la pressione del sangue a 240/140. Disse
che il suo medico le aveva detto che avrebbe dovuto diminuire la
pressione del sangue o altrimenti chiamare urgentemente un impresario
di pompe funebri. Erickson le disse: “Ritengo che lei abbia una
ragione per usare l’autoipnosi, ed ecco che cosa le suggerisco
di fare. Non penso che lei debba fare 30 Km guidando nel traffico.
Non penso sia desiderabile. Perciò passeremo le prossime due
ore a farle imparare l’autoipnosi ed è piuttosto
semplice perché tutta l’autoipnosi che lei ha bisogno di
imparare è quella che ridurrà la sua pressione del
sangue. Lei non si deve occupare di imparare l’autoipnosi per
niente altro, perché non c’è nient’altro
che la minaccia; niente altro che la preoccupa. Per tanto limiteremo
l’autoipnosi al problema della pressione del sangue. Si sieda
comodamente sulla poltrona, con le mani in grembo, e cominci a
imparare a rilassarsi”. Così, Erickson le fece una
bella, lunga e laboriosa illustrazione del rilassamento, dicendole
che ora doveva farla a casa sua per tre volte al giorno. Le ci
vollero un paio di settimane per ridurre la pressione del sangue a
140/90, e questo risultato fu controllato dal suo medico di famiglia.
Tre volte al giorno, per 45 minuti, lei si sedeva comodamente in
poltrona e si rilassava. A volte imbrogliava facendolo quattro volte
al giorno, ma in quel caso l’autoipnosi era per uno scopo
definito. Con i pazienti bisogna limitarla a uno scopo definito,
altrimenti tenteranno di usare l’autoipnosi per ricordarsi che
tipo di insalata hanno mangiato due settimane prima. Questo
sprecherebbe l’autoipnosi, anzi ci sarebbe una assuefazione,
perché ci si stufa di qualsiasi cosa si abbia troppo frequente
(Erickson, 1986).
Comunicazione
mente-corpo in oncologia
Il
gruppo di Spiegel ha fatto uso della psicoterapia e dell’ipnosi per
trattare vari pazienti cancerosi con metastasi, e 10 anni più
tardi (controllando le statistiche di mortalità con
l’aspettativa di poter dimostrare scientificamente la presunta
inutilità dell’ipnosi) è stato trovato con grande
sorpresa che con questo supporto i malati sono sopravvissuti
mediamente 36.6 mesi, contro i soli 18.9 mesi dei controlli. A
distanza di soli 4 anni dall’esperimento tutti i controlli erano già
deceduti, mentre 1/3 dei casi era ancora in vita (Spiegel D., Bloom
J. R., Kraemer H. C. e Gottheil E., 1989).
Ma
l’ipnosi ha dimostrato ancora meglio il proprio valore in uno studio
successivo (anch’esso randomizzato, ben controllato, e condotto
secondo i criteri di correttezza metodologica). Questo lavoro viene
dal gruppo di Ratcliffe (1995) che ha utilizzato le tecniche di
rilassamento con o senza ipnoterapia su pazienti con malattia di
Hodgkin o con linfoma non-Hodgkin.
Dopo
la diagnosi iniziale sono stati ottenuti i dati di sopravvivenza a
distanza di 5 anni e di 13 anni (Ratcliffe, 2000). Dopo 13 anni erano
deceduti 35 pazienti su 63. In media i controlli erano sopravvissuti
93.8 mesi, ma coloro che avevano ricevuto la sola terapia di
rilassamento sono sopravvissuti in media 104.5 mesi, e chi ha
ricevuto anche l’ipnosi è sopravvissuto ben 125.8 mesi (cioè
quasi 3 anni in più). Quindi l’ipnosi ha prodotto risultati
evidenti.
Sempre
più pazienti cancerosi tentano gli approcci non convenzionali
per combattere con ogni mezzo possibile la loro malattia, in modo da
alleviare i sintomi e migliorare la qualità di vita. Le
terapie alternative sono tipicamente invasive e biologicamente attive
(alte dosi di vitamina C, regime Di Bella, laetrile, terapia
metabolica), ma si sono rivelate di efficacia incerta o nulla. Al
contrario, diversi trial randomizzati hanno dimostrato che si ottiene
un beneficio reale e concreto quando si usano certe terapie
complementari: infatti l’ipnosi è sicuramente utile contro il
dolore e la nausea da cancro; il relax, la musica, e i massaggi sono
ansiolitici naturali; e l’agopuntura è un buon ausilio come
antiemetico. Il valore di questi approcci è tale che molti
centri oncologici si stanno attrezzando per fornire anche questo tipo
di servizi complementari, in modo da poter offrire una terapia
globale più soddisfacente e completa (Vickers A. J. e
Cassileth B. R., 2001).
In
uno studio condotto su donne in terapia oncologica per il cancro al
seno è stato trovato che persino la semplice immaginazione
guidata (ipnosi leggera) può ridurre la depressione e
aumentare il numero di linfociti natural killer del sistema
immunitario, sebbene l’effetto sia poco stabile e quindi vada
rinforzato nel tempo. Gli autori concludono dando un parere
favorevole per l’utilizzo di questa semplice tecnica come terapia
coadiuvante (Sandin B., Chorot P., Valiente R. M., Lostao L. e Santed
M. A., 2002).
In
aggiunta, in uno studio controllato (su donne con cancro al seno), è
stato trovato che anche il relax ipnotico (tipo la meditazione o il
training autogeno) è una potente terapia di self-help
(auto-aiuto) (Hidderley M. e Holt M., 2004).
In
oncologia pediatrica è assai conveniente ricorrere anche a dei
mezzi complementari, tra i quali l’ipnosi, per ridurre nausea e
vomito da chemioterapia (Dupuis L. L. e Nathan P. C., 2003).
Ormai
ci sono evidenze più che sufficienti per avviare degli studi
(controllati e su larga scala) sull’impiego dell’ipnosi per alleviare
il dolore e lo stress nei bambini malati (Wild M. R. e Espie C. A,
2004).
In
Asia l’uso delle terapie complementari e alternative è molto
diffuso tra i pazienti oncologici (probabilmente perché non si
vuole lasciare nulla di intentato). La revisione della letteratura
scientifica e dei trial controllati fornisce evidenza dell’utilità
dell’ipnosi per il dolore da cancro e la nausea (Shukla Y. Pal S. K.,
2004).
Anzi,
a questo proposito, in caso di dolori, emesi, e vomito intrattabili,
l’impiego dell’ipnosi ericksoniana (impostata sulla trasformazione
ipnotica della percezione di incurabilità invece che sulla
rimozione diretta dei sintomi) ha reso i pazienti responsivi alla
gestione medica dei sintomi fisici, che sono ritornati gestibili
clinicamente (Elkins G., Marcus J., Palamara L. e Stearns V., 2004).
L’ipnosi
è altresì molto vantaggiosa nelle donne sopravvissute
al carcinoma mammario. Infatti, solitamente per ridurre l’intensità
e la frequenza delle vampate di calore si usa una terapia ormonale,
che è valida anche per le donne in menopausa. Tuttavia, dato
che questo intervento farmacologico aumenta il rischio oncologico,
oggi si stanno cercando valide alternative. Ebbene, l’ipnosi è
in grado non solo di ridurre l’intensità e la frequenza delle
vampate di calore, ma anche di migliorare il sonno e la tranquillità.
Negli ultimi anni il NIH (National Institute of Health) sta
conducendo un trial randomizzato controllato proprio su questo
argomento (Iglesias A., 2004).
In
moltissimi casi le terapie convenzionali sono insufficienti nel
sollievo sintomatico, per cui i supporti palliativi sono altamente
desiderabili. L’ipnoterapia può ridurre l’ansia e lo stress,
oltre che la nausea e il dolore (Kanard A., Frytak S. e Jatoi A.,
2004). La PET e la MRI dimostrano che l’ipnosi è efficace e
utile in pediatria oncologica per il controllo del dolore (Nash M.
R., 2005). Chi è scettico sull’ipnosi farà meglio a
ricredersi. Uno studio riporta che i pazienti sottoposti a
radioterapia antitumorale non avrebbero ottenuto alcun miglioramento
significativo dall’ipnosi (in base alle statistiche e ai test di
ansietà e di qualità di vita), ma il resoconto
personale di quei pazienti è stato notevolmente diverso, in
quanto loro hanno riferito un notevole miglioramento postipnotico del
senso di benessere e dello stato mentale. Qui abbiamo di fronte un
contrasto imbarazzante tra quello che dicono i calcoli numerici e
quello che invece affermano le persone direttamente coinvolte nella
sofferenza (Stalpers L. J., Da Costa H. C., Merbins M. A. Fortuin A.
A., Muller J. J. e Van Dam F. S., 2005).
In
uno studio recente si parla di oncologia integrativa in riferimento
all’autoipnosi e alle tecniche di rilassamento, che sono utili per
consentire al paziente canceroso di tollerare molto meglio i dolori
derivanti dalle procedure mediche oncologiche (Deng G. e Cassileth B.
R., 2005).
Lo
stress sembra in grado di accrescere il rischio di cancro, e
l’ipnoterapia contro lo stress appare quindi indicata come
complemento alle terapie standard (Kwiatkowski F., Abrial C., Gachon
F. Chevrier R, Curè H. e Chollet P., 2005). L’ipnosi è
benefica per alleviare l’anoressia e la fatica del paziente
oncologico (Inui A., 2005).
La
medicina comincia ad interessarsi fortemente a una valutazione seria
dell’ipnosi nell’alleviamento dei sintomi in oncologia (Rajasekaran
M., Edmonds P. M. e Higginson I. L., 2005).
NUOVI
AMBITI DI RICERCA
La
genomica psicosociale
Rossi
(1996, 1999, 2000), ha sviluppato un modo di vedere la relazione fra
geni ed esperienza umana che differisce notevolmente dalle discipline
accademiche di genetica del comportamento, dalla psicologia evolutiva
e dalla sociobiologia. È la creazione di una nuova
disciplina, chiamata: la genomica psicosociale. Usare questi dati
consente una nuova visione del ruolo essenziale dell’arte,
della cultura, della psicoterapia e altre arti curative in generale,
per facilitare la condizione umana.
Il
concetto di genomica psicosociale corrisponde alle vie di
comunicazione fra la mente e il corpo e si inserisce nelle scienze
mediche emergenti della psicoimmunologia, per esempio nelle ricerche
sulle cellule troncali che possono ottimizzare la salute e il
recupero delle malattie derivate dallo stress (Rossi, 2002).
Una nuova visione di come usare la nostra coscienza per co-creare noi
stessi, afferma Rossi (2002). Un dialogo positivo fra mente e
corpo.
Rossi
nel suo libro del 2002, “The
psychobiology of gene expression”,
definisce la genomica psicosociale: “Come le esperienze
soggettive della coscienza umana, la nostra percezione del libero
arbitrio, e le dinamiche sociali in grado di modulare l’espressione
genica, e viceversa”. Questo fa capire che non è solo
importante quanti geni possiede un individuo, ma è anche
fondamentale quello che i geni esprimono (espressione genica).
Quest’ultima costituisce quel processo attraverso cui
l’informazione contenuta in un gene viene convertita in una
macromolecola funzionale (proteina o RNA) (Rossi, 2002). Quindi,
un gene, non fa espellere semplicemente le proteine (o
RNA) in maniera autonoma, ma la sua produzione è regolata
dinamicamente sulla base del feedback degli ambienti interni ed
esterni (Rossi, 2002).
Pertanto,
con Rossi e la sua genomica psicosociale vengono integrate le nuove
ricerche nelle neuroscienze, in cui si esplorano le teorie, le
ricerche e le pratiche per ottimizzare l’espressione genica e
la neurogenesi e quindi, per facilitare la crescita del cervello e la
guarigione.
Gli
studi sulla comunicazione mente-corpo, oggi, ci insegnano che noi
siamo in grado di influenzare i nostri organi attraverso l’attività
della nostra mente e viceversa. La rimozione del dualismo cartesiano
è l’essenza base delle nuove teorie che, grazie alle
scienze Neuro-Psico-Fisiologiche, non sono più teorie, ma
nuove realtà.
L’eliminazione
della dicotomia cartesiana rappresenta il sine
qua non
nella comunicazione e concezione della medicina integrata mente
corpo.
E’
proprio su questo principio che si basano i più importanti ed
efficaci nuovi metodi psicoterapeutici applicabili a svariate
situazioni e condizioni: la nuova genomica psicosociale introdotta
dal Rossi (2002), la psicologia positiva, gli approcci recenti
sviluppati da Rossi in ipnoterapia come, per esempio, il “processo
creativo a quattro stadi con la mano specchio, la focalizzazione
psicoterapeutica per chiarezza e forza, la breve soluzione del
problema con la integrazione degli opposti e la felice caccia al
sintomo per la guarigione mente-corpo”, nonchè le
progettazioni di medicina integrata mente-corpo.
Popolarmente
la guarigione con la psicoterapia e con l’ipnosi terapeutica è
stata frequentemente intesa come un qualcosa di magico. Ma come
funziona questa magia? Di seguito è delineato un nuovo modello
neuroscientifico del modo in cui questo cosiddetto “magico”
possa operare nella normale vita di ogni giorno, nei nostri sogni, e
nella psicoterapia attraverso un dialogo creativo con i nostri geni.
L’ippocampo
è solamente un luogo in cui la nuova memoria, l’apprendimento
e il comportamento vengono registrati in modo provvisorio. Più
tardi, durante i cosiddetti periodi di sonno “off-line”
e durante il sogno quando la mente cosciente non è impegnata
attivamente nell’affrontare le realtà esterne,
l’ippocampo ed il cervello si impegnano in un dialogo per
aggiornare, ripetere e consolidare la nuova esperienza di vita in una
maniera adattiva.
Lisman
e Morris (2001) descrivono questo dialogo di aggiornamento come
segue: “Le informazioni sensorie acquisite di recente sono
dirette, convogliate verso la corteccia ippocampale. Solo
l’ippocampo, sorprendentemente, in realtà impara a
questo punto si dice, cioè, che è on-line.
Più tardi, quando l’ippocampo è off-line
(probabilmente durante il sonno) ripropone le informazioni
immagazzinate, e le emette alla corteccia. Si considera che la
corteccia sia un discente lento, capace di porre in deposito la
memoria a lungo termine solamente come un risultato di questo replay
delle informazioni dell’ippocampo; perciò l’ippocampo
viene considerato come un deposito solamente provvisorio di memoria.
Una volta che le tracce di memoria sono stabilizzate nella corteccia,
si può accedere ai ricordi anche se l’ippocampo è
rimosso. C’è ora evidenza diretta che qualche forma di
replay ippocampale avviene veramente. Questi risultati sostengono
l’idea che l’ippocampo sia lo studente veloce on-line
e che “insegna” alla corteccia, studente off-line
più lento”.
Questo
“dialogo aggiornante”, che avviene a livello inconscio o
“implicito” è l’essenza del nuovo modello
neuroscientifico della creatività in psicoterapia.
Appare
solamente come qualche genere di “magia nascosta (ignota)”
alla nostra mente consapevole quando noi ci svegliamo dal sonno, dal
sogno e dagli stati profondi di intensa concentrazione interna nella
vita di ogni giorno. Noi siamo sorpresi di apprendere che siamo
consapevoli di qualche cosa di nuovo. Questo “dialogo
psicobiologico”, completamente naturale, è il processo
essenziale che Rossi e colleghi tentano di facilitare con suggestioni
creative nel loro nuovo modello terapeutico neuroscientifico. Da
questa nuova prospettiva neuroscientifica le suggestioni
terapeutiche possono essere denominate più precisamente come
“elaborazioni euristiche implicite”.
Tradizionalmente,
gli studi di genetica umana si incentravano sullo studio intensivo di
uno o pochi geni alla volta. Quando i progetti di ricerca genomica
cominciarono a identificare un enorme numero di geni, anche dopo la
mappatura del genoma umano, si cominciò a pensare di
sviluppare tecnologie che permettessero un’analisi di geni su
vasta scala.
A
questo proposito è stata messa a punto la tecnica dei
microarray.I
microarray
a DNA, noti anche come DNA chip o chip genici, sono uno strumento
importante delle cosiddette "nanotecnologie" (Emmert-Streib
e Dehmer, 2008). Essi sono utili per lo studio dell’espressione
genica su vasta scala e di grande interesse per i ricercatori che
studiano le basi molecolari del cancro e di altre malattie complesse
oltre che, in ambito farmacologico, per l’individuazione di
nuovi farmaci.
CONCLUSIONI
Gli
studi sulla comunicazione mente-corpo, oggi, hanno reso noto che la
mente influenza gli organi e viceversa. Nonostante questa scoperta
l’attenzione alla dimensione psicologica fa fatica ancora ad
entrare nel campo medico, nonostante anche la dicotomia cartesiana
sia ormai tramontata.
Oggi
si avverte la necessità di nuove scienze integrate
(neuro-psico-fisiologiche) come la genomica psicosociale di Ernest
Rossi per favorire la guarigione psicofisica arricchendo tecniche
terapeutiche come l’ipnosi e la psicoterapia.
È
piuttosto sorprendente sapere che aspetti della vita quotidiana come
il dormire, sognare, lavorare, giocare, imparare e ancora lo stress,
i conflitti, la salute e la malattia sono tutti associati a modelli
di espressione genica univoci. La
psicoterapia, l’ipnosi e le altre tecniche terapeutiche sono
considerate da Ernest Rossi, come “Un dialogo con i nostri
geni”.
Per
capire quindi le basi psicobiologiche della comunicazione mente-corpo
bisogna tener presente l’intero sistema di trasduzione
dell’informazione tra l’ambiente psicosociale, il sistema
nervoso centrale e le reti psicosomatiche dei sistemi autonomo,
neuroendocrino ed immunitario.
L’implicazione
di tali ricerche è che l’impiego terapeutico dell’ipnosi
e dalla psicoterapia, nel nuovo millennio, possa includere la
facilitazione della neurogenesi nel cervello umano, oltre che la
guarigione mente-corpo e la riabilitazione a livello
cellulo-genomico-proteico in tutto il sistema
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Dott.
Tommaso Ciccarrone – Psicologo,
Specializzando in Psicoterapia c/o la Scuola di Specializzazione in
Psicoterapia ad Indirizzo Dinamico (SFPID) sede di Bari
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